Fratoianni e la matematica inventata dei dati

di Emanuele Esposito

C’è una vecchia regola del giornalismo serio: prima di parlare, leggi. Prima di accusare, verifica. E possibilmente, prima di lanciare strali contro il governo, almeno prova a comprendere i dati. Una regola che, a quanto pare, il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni ha deciso di ignorare con entusiasmo e un pizzico di furbizia ideologica.

Il 9 luglio, Fratoianni ha pubblicato un post al vetriolo in cui attribuiva al governo Meloni l’ennesimo record: secondo lui, gli stipendi italiani sarebbero i peggiori d’Europa per perdita di potere d’acquisto, con un calo di oltre il 7% solo nei primi mesi del 2025. 

Un grido d’allarme, condito da toni apocalittici. Peccato che fosse una colossale bufala statistica, smentita nero su bianco proprio dai dati OCSE da cui lui stesso ha (maldestramente) pescato. 

Eh sì, perché l’Employment Outlook 2025 dell’OCSE dice altro: il calo dei salari reali in Italia è reale, ma cumulato dal 2021 al 2025, non tutto nel 2025. 

Non solo: l’Italia non è affatto l’unico paese a registrare perdite. Peggio di noi fanno Svezia, Spagna, Australia e persino la Francia. E ai vertici della classifica del disastro salariale c’è la Repubblica Ceca, con un -9,6%.

Insomma, il “record” di cui parla Fratoianni esiste solo nella sua fantasia militante. I dati OCSE raccontano una storia più complessa – e meno ideologica. La vera batosta per il potere d’acquisto degli italiani è arrivata nel 2022, con un -7,3%, proprio prima che il governo Meloni entrasse in carica. 

È stato l’anno dell’inflazione galoppante, delle bollette impazzite, degli effetti post-pandemia.  Nel 2023 e nel 2024, invece, c’è stata una timida ripresa: rispettivamente +1,5% e +2,2% sui salari reali. Ora, nessuno dice che va tutto bene. Il potere d’acquisto non è ancora tornato ai livelli pre-crisi. Ma imputare al governo attuale una caduta avvenuta prima del suo insediamento è come accusare l’arbitro di oggi per il rigore sbagliato nella partita di ieri.

 È propaganda da discount, senza nemmeno la dignità di un fact-check. Sorge il dubbio che Fratoianni abbia usato la calcolatrice di Che Guevara: tanta ideologia, pochi numeri. Oppure ha fatto un corso accelerato alla scuola Schlein di “meme con statistiche inventate”.

Del resto, anche il PD qualche mese fa si era distinto per un post in cui si dava la colpa a Meloni per il calo salariale… dal 2008 in poi. Sì, proprio così: Meloni, responsabile anche dei mancati aumenti durante il governo Prodi. In fondo, per certa sinistra ogni occasione è buona per attaccare, anche se i dati raccontano l’opposto. 

Ma la propaganda senza verifica ha le gambe cortissime – e si vede. La verità è che il tema dei salari è troppo serio per essere usato come arma ideologica. 

Ci vuole rigore, serietà, capacità di leggere i numeri. E magari un po’ di onestà intellettuale. Invece Fratoianni preferisce lanciare accuse a effetto, nella speranza che nessuno controlli.  Ma se continua a usare i numeri come coriandoli, l’unica uguaglianza che ottiene è quella tra ignoranza e propaganda.