Dieci campionati nella Juve senza mai saltare una partita
Dino Zoff è per il tifoso italiano l’essenza del calcio anni 70/80. A chi gli chiedeva il segreto della sua bravura e longevità Don Dino rispondeva così “Durare come portiere è una conseguenza del lavoro di tutti i giorni, non un premio.
Sono contento del lavoro fatto, non mi volto indietro e vivo alla giornata. Io non tengo l’elenco di quanti gol ho preso o di quanti rigori ho parato, non m’interessa. Molti portieri hanno uno schedario con le caratteristiche degli attaccanti: tizio tira così, caio batte i rigori a mezz’altezza.
La verità dei numeri non è mai tutta la verità. Nel calcio c’è troppa programmazione e poca poesia, ma forse basterebbe dire lo spirito del gioco. Andiamo, giochiamo e vediamo, questo potrebbe essere il mio segreto prima di ogni partita. Che sia un’amichevole o la finale del Mundial. La cosa che conta di più nel calcio è la voglia di vincere rispettando le regole.
Se un mio compagno ottiene un rigore simulando un fallo, sto male tre giorni”. Ma andiamo con ordine, partiamo dagli inizi….. “Mio padre mi chiese solo di imparare un mestiere, così andavo a Gorizia a fare il meccanico motorista. La verità è che già a tre anni volevo parare qualunque cosa, anche col vestito buono della messa. A quindici anni ero alto appena 1.49. Mia nonna Adelaide mi consigliò le uova: fino a otto uova al giorno e ho preso 33 centimetri in due anni. Non so se è stato per le uova. E non so perché, ma ho sempre voluto fare il portiere. Forse non ho la fantasia per giocare fuori dai pali, ma mi piace così”.E i provini? “Mi boccia la Juventus (Renato Cesarini) in un provino a Pordenone e mi boccia l’Inter (Peppino Meazza).
All’esordio in serie A con l’Udinese presi cinque gol, imbarazzante ma erano quasi tutti imparabili”.I sacrifici e le rinunce? “Ma quali rinunce? E’ un divertimento. Mi pagano per negare il gol all’avversario.
Forse la differenza tra me e un ragazzo di oggi di vent’anni è che io avevo più entusiasmo e me n’è rimasto ancora tanto. Il calcio-spettacolo? E’ prima di tutto uno sport. Mi sarebbe piaciuto giocare anche a cinquant’anni in una squadretta di serie D o anche più giù, solo per la gioia di giocare”. E’ vero che ci sei rimasto male quando l’Uefa ha abolito la maglia nera? “E’ vero. Adesso ci si veste di giallo, rosso, verde. Non li capisco. Non è mica una sfilata di moda”. Ma alla fine chi è Dino Zoff? “Un operaio specializzato”.
