Tutti Italian Style?

A chi serve più il passaporto italiano, quando basta sniffare l’aroma di un espresso per sentirsi “del Bel Paese”? L’Australia sembra vivere in una perenne festa tricolore: la pasta al dente sventola nei menu dei bar più radical chic, il culto, il look italiano è brand per chi vuole sentirsi raffinato senza fare la fatica di esserlo. Oggi “italian style” non è solo moda: è la medaglia al valore di chi importa un po’ di Mediterraneo in mezzo agli eucalipti.

Ma la domanda brucia: che senso ha, per noi italiani, difendere la “differenza”, se ormai quella differenza sta andando di moda più delle sneakers bianche? La nostra identità è diventata talmente mainstream che rischia di annacquarsi nella cultura globale? Siamo passati dalla gavetta dell’emigrazione agli altari dell’integrazione. Abbiamo costruito quartieri, condito pizze, insegnato come si pronuncia “gnocchi” senza strozzarsi. Gli australiani, oggi, celebrano il “giorno della parmigiana” con più entusiasmo di quanto festeggino la Melbourne Cup. Siamo la migliore delle minoranze: richiesti, assorbiti, copiati.

Eppure, mentre tutta l’Australia si proclama “un po’ italiana”, le nostre associazioni storiche chiudono una dopo l’altra. Siamo una delle comunità più anziane nel tessuto sociale, con problemi di trasmissione della lingua e dell’identità, ma quando si tratta di risorse, riconoscimenti o attenzione istituzionale, veniamo messi all’ultimo posto. 

Ormai considerati “integrati”, diventiamo trasparenti: poco folcloristici per fare notizia, troppo italiani per essere notati fino in fondo. Un’altra associazione chiude? Pazienza, tanto la pasta si trova ovunque, no?

E il rischio? La nostra cultura rischia la stessa fine dello spritz annacquato dei bar finto-italiani: tanto rumore, zero sostanza. Quando “italianità” diventa un filtro Instagram, un gadget da esposizione.

Ha senso quindi ribadire la differenza – soprattutto quando, mentre tutti ostentano la maglietta “Italia”, i luoghi dove la vera Italia si incontra finiscono nel dimenticatoio e le priorità per il governo locale diventano altre? Perché se l’italianità diventa solo un’etichetta, e chi l’ha portata davvero non conta più, allora non è più cultura ma solo pubblicità. 

E noi italiani in Australia meritiamo di più di una semplice etichetta e di un riconoscimento di facciata: meritiamo ascolto, spazio, memoria e rispetto.