VHOPE intervista Claudio Signorile. Tra i temi, il Ponte sullo Stretto

di Antonio Musmeci Catania

Nella seguente puntata VHOPE intervista Claudio Signorile, esponente storico sia del Partito Socialista Italiano sia della sua corrente sinistra lombardiana. Fu tra i protagonisti della cosiddetta “svolta del Midas”, che portò Bettino Craxi al vertice del PSI e poi alla Presidenza del Consiglio. Dal 1981 al 1983, nei governi Spadolini e Fanfani, è stato ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e successivamente Ministro dei Trasporti. (1983 –  1987). 

Claudio Signorile è attualmente presidente del Movimento Mezzogiorno Federato. “Mezzogiorno Federato” è un movimento politico e associativo, che ha l’obiettivo di promuovere lo sviluppo e la valorizzare le regioni del Sud. L’idea centrale è quella di unire le forze del Mezzogiorno per farlo diventare un motore di crescita per l’intera economia nazionale, puntando sul suo ruolo strategico nel Mediterraneo. 

Il movimento si propone di superare il tradizionale assistenzialismo e le politiche frammentate, per creare una visione unitaria e programmatica che metta al centro le specificità e le potenzialità del Sud.

Con lui parleremo dunque di Mezzogiorno, di Sicilia e di Ponte sullo stretto. 

Prima di procedere oltre e lasciarvi all’intervista sappiate che il tema della realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina (a seguire solo Ponte) è un tema complesso. 

Secondo la ricerca del centro studi Unimpresa il Ponte, con un investimento previsto pari a 13,5 miliardi di euro, potrà generare ricavi annui stimati tra 535 e 800 milioni di euro, grazie a un flusso di traffico previsto di 25 milioni di veicoli e 36.000 treni ogni anno. 

Il modello economico si basa su una tariffa media per veicolo pari a 15 euro (7-10 euro per le auto, 20 euro per i camion), con una distribuzione ipotetica del traffico al 50% tra mezzi leggeri e pesanti. Il valore commerciale del traffico ferroviario è stimato pari al 30% del totale. Sulla base di queste proiezioni, i ricavi da pedaggi stradali ammonterebbero a circa 375 milioni di euro, cui si aggiungerebbero circa 160 milioni dal traffico ferroviario, per un totale minimo di 535 milioni. 

In uno scenario più ottimistico, con maggiore domanda e piena operatività logistica, le entrate potrebbero raggiungere gli 800 milioni di euro l’anno. Per ripagare l’opera, considerando lo scenario più ottimistico ed escludendo da questa disamina i costi di manutenzione, ci vorranno circa 16 anni e 10 mesi.

Quanto tempo si risparmierà viaggiando sul ponte anziché sul traghetto?

Per chiarire questo dubbio possiamo prendere come principale riferimento un documento pubblicato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile nel 2021 secondo cui al momento il tempo medio stimato per attraversare lo stretto con il traghetto è compreso tra i 40 e i 60 minuti circa, escludendo tempi morti e le attese relative a imbarchi. Con la realizzazione del ponte, secondo il report, i tempi per viaggiare dalla città di Messina a quella di Reggio Calabria (e viceversa) sarebbero decisamente più contenuti. Per quanto riguarda gli spostamenti in auto si stima che il tempo di percorrenza sarà più che dimezzato e pari a circa 25 minuti. Anche per quanto riguarda il trasporto ferroviario i valori dovrebbero essere inferiori a quelli attualmente impiegati tramite traghetto, e pari a circa 30 minuti.

Quali sono i record tecnici del Ponte?

Il progetto prevede la costruzione del ponte sospeso più lungo al mondo, con una lunghezza complessiva di 3.666 metri ed una campata sospesa di 3.300 metri. L’impalcato avrà una larghezza totale di circa 60 metri e le due torri poste a terra saranno alte 399 metri. Il sistema di sospensione sarà formato da due coppie di cavi, del diametro di 1,26 m ciascuno formato da 44.323 fili di acciaio.

Quanto tempo per costruire il Ponte e quante persone impiegherà?

Attualmente il tempo stimato di costruzione del Ponte è di 6-7 anni. I lavori sarebbero dovuti partire già nel 2024, tuttavia sono iniziati con un anno di ritardo. Pur volendo incrociare le dita i dati sui tempi di completamento delle opere pubbliche in Italia non sono certo incoraggianti, il rapporto  “I tempi di attuazione e di spesa delle opere pubbliche” curato dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (ultimo pubblicato nel 2014) – in particolare dall’Unità di verifica degli investimenti pubblici (Uver) – mette nero su bianco che “il valore economico delle opere incide in modo sostanziale su tutte le fasi di attuazione delle opere, progettazione, affidamento e lavori, e nella realizzazione della spesa”. In particolare si evidenzia che per le opere di importo superiore ai 100 milioni di euro sono necessari oltre 14 anni. 

A dispetto da quanto più volte dichiarato dal Ministro Salvini, Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana e Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il cantiere del ponte non creerà 120.000 mila posti di lavoro. Secondo quanto dichiarato dalla società Stretto di Messina s.p.a. “si stima che nel cantiere saranno occupati mediamente 4.300 addetti all’anno, che raggiungeranno un picco di 7.000 addetti”.

Ma il Ponte basterà?

L’ idea del Ponte, tra i più lunghi del mondo e dagli innumerevoli accorgimenti tecnici d’avanguardia è certamente interessante e suggestiva, tuttavia da siciliano potrei dirvi che non è una priorità. La Sicilia, nonostante il suo innegabile patrimonio culturale, storico e naturale, non è considerata una regione ricca nel contesto europeo. Al contrario, l’economia siciliana è debole e il PIL pro capite è significativamente inferiore alla media dell’Unione Europea, avvicinandosi più a quello delle regioni dell’Europa orientale.

Le infrastrutture in Sicilia sono generalmente considerate di qualità inferiore rispetto alla media nazionale, questo stato dell’arte emerge da vari rapporti. Con riferimento a quanto di nostro interesse mettiamo in evidenza che la rete stradale è spesso obsoleta e in cattive condizioni. In Sicilia, ancora, l’ autostrada esiste solamente nella parte Nord dell’ Isola, lasciando esclusa la parte Sud.

Anche il sistema ferroviario pressoché obsoleto. Solo una parte della rete ferroviaria è elettrificata (circa il 58%) e un’altra piccola parte (circa il 16%) è a doppio binario. Questo si traduce in tempi di percorrenza lunghi e una capacità di trasporto limitata. È ancora assente la linea ad alta velocità.

La Sicilia, da ultimo, è tristemente nota per il numero elevato di opere pubbliche incompiute. La regione detiene il primato nazionale in questo senso, con un numero di opere non completate che in alcune rilevazioni superava le 200 unità. Il numero esatto varia a seconda della fonte, ma la tendenza è chiara: la Sicilia ha il triplo delle opere incompiute rispetto a qualsiasi altra regione italiana. Esempi noti di opere incompiute includono: il centro polifunzionale di Gibellina Nuova, Il viadotto di Porto Empedocle, il Centro polisportivo di Camporotondo Etneo e la diga di Blufi, nelle Madonie. Costruita negli anni Sessanta, è costata centinaia di miliardi di lire (oggi centinaia di milioni di euro) ma non è mai stata completata né è entrata in funzione. Sul tema precisiamo da ultimo che secondo i dati di uno studio condotto dal Politecnico di Milano – presentato nel 2021 – ci sono almeno 1.900 ponti in Italia, su 61.000, ad altissimo rischio strutturale, che necessiterebbero di adeguata manutenzione.

Conclusioni

Questo articolo ha affrontato esclusivamente le tematiche legate a strade e autostrade, ma sono rimaste escluse dalla disamina molte altre priorità della Sicilia, sopra accennate.

Quando si parla di infrastrutture la politica nazionale e locale si riempie la bocca di buoni propositi, tuttavia spesso le cose rimangono come sono e le grandi opere diventano strumento per drenare soldi pubblici nelle case dei privati.

Il progetto Ponte avrebbe avuto maggior valore, a parere di chi scrive, se si fosse inserito in un macro contesto di interventi pubblici. In particolare sarebbe stato necessario iniziare ad investire prima su ciò che era necessario, ovvero la manutenzione ordinaria e l’adeguamento strutturale delle infrastrutture esistenti. Ad oggi, anche in relazione ai trend sopra esposti, il Ponte rischia di essere una grande opera incompiuta o un’opera monca.

In Sicilia sarebbe necessaria una nuova classe politica, ma le giovani e fresche intelligenze siciliane restano spesso escluse dall’ agone politico per mancanza di fondi e costrette a lavorare fuori dal territorio per difendere il libero pensiero, tutto ciò contribuisce a politiche miopi e/o sterili che non aiutano questa terra a progredire.

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