di Emanuele Esposito
Un nostro rappresentate che da decenni siede democraticamente il parlamento, oggi ci viene a dire che la legge sulla cittadinanza approvata dallo stesso parlamento – dove sui sta all’opposizione – non va bene. È legittimo che la legge non soddisfi tutti, ma da un parlamentare con lunga esperienza ci si aspetterebbe chiarezza e coerenza, piuttosto che l’ennesima propaganda.
Non esistono leggi perfette. Questa legge ha offerto agli italiani all’estero la riapertura dei termini di riacquisto della cittadinanza, cavallo di battaglia di molte campagne elettorali.
Il parlamentare si lamenta che i discendenti non potranno ottenere la cittadinanza: ma in quale Paese al mondo mantiene uno ius sanguinis illimitato? Si preoccupa poi dei 250 euro di tassa: ebbene, quei soldi servono anche a pagare il funzionamento delle istituzioni tra cui gli stessi consolati che dopo decenni di tagli, si trovano ad esso a dover evadere migliaia di nuove pratiche.
Il vero problema non è una legge “imperfetta”, ma decenni di occasioni mancate da parte di chi, come il nostro parlamentare, aveva i mezzi per incidere davvero sul dibattito politico.
Nessun Paese al mondo, oltre all’Italia, ha mai avuto uno ius sanguinis illimitato (cioè senza limiti di generazioni nella trasmissione della cittadinanza). Ecco qualche dato comparativo:
In Germania: trasmissione solo ai figli, e con regole precise di registrazione entro una certa età. Per i discendenti nati all’estero oltre la seconda generazione, il diritto si interrompe se non viene mantenuto un legame con la Germania.
Francia: la trasmissione richiede nesso forte con il Paese; dopo una generazione nata all’estero senza legami, il diritto si interrompe.
Spagna: cittadinanza iure sanguinis solo ai figli, con possibilità di estensione limitata ai nipoti in determinate condizioni. Non esiste un automatismo infinito.
Irlanda: tra i casi più generosi in Europa, arriva fino ai bisnipoti (quarta generazione), ma solo se ogni generazione si registra nel Foreign Birth Register.
Grecia: trasmissione ai figli e ai nipoti, non oltre.
L’Italia è stata a lungo un unicum mondiale, perché la legge del 1912 (e la sua interpretazione successiva) permetteva la trasmissione della cittadinanza senza alcun limite di generazioni, purché non fosse mai stata interrotta. Questo ha creato situazioni in cui persone con un trisavolo italiano emigrato magari nel 1800 potevano, fino a pochi mesi fa, chiedere la cittadinanza, ma di italiano avevano ben poco.
