Siamo guardati a vista. Ogni parola che scriviamo, ogni articolo, viene letto, commentato, discusso. A volte con entusiasmo, altre con sospetto. Da una parte ci fa piacere: significa che il giornale è vivo, che fa parlare, che è ben intenzionato a crescere. Dall’altra, sembra di muoversi in un campo minato. Ogni passo viene osservato con la lente di ingrandimento da chi cerca un errore o un’intenzione nascosta.
Viviamo un tempo in cui tutti guardano ma pochi sono disposti a dare pubblicamente un’opinione diversa. I commenti sui social, poi, amplificano ogni dettaglio, spesso senza contesto, e la critica diventa automatica. È il prezzo della visibilità, ma anche il segno che l’informazione, quando è libera, disturba. Non cerchiamo di piacere a tutti. Non è questo il nostro mestiere. Il nostro compito è raccontare ciò che accade, dare voce a chi non ne ha, mantenere la schiena dritta, offrire una piattaforma di pluralismo, dove non si incensa chi in realtà ha seminato zizzania.
Ci dicono, talvolta, che siamo “di parte”. Lo siamo, sì: dalla parte della dignità e di chi lavora per costruire una comunità migliore, senza tornaconti economici. Non seguiamo linee dettate da interessi o pressioni di padroni. Le nostre scelte editoriali nascono dal voler stimolare un confronto libero, dove il ruolo del direttore non è la censura, ma l’opportunità di una replica. Questo, a volte, non è compreso.
C’è anche l’impressione di una certa cultura del sospetto che accompagna le relazioni tra chi fa informazione. Un modo antico di pensare, che considera l’indipendenza come una minaccia. Ma la libertà non si negozia.
Un giornale che accetta di essere “controllato” smette di servire il lettore e inizia a servire qualcun altro. E noi non abbiamo intenzione di cambiare rotta. Preferiamo il rischio di essere criticati al silenzio complice di chi si limita, di tanto in tanto, a inviare messaggio Whatsapp invece di scrivere alla redazione e offrire una nota da pubblicare.
Forse sì, siamo sorvegliati speciali. Ma essere visti, davvero, è già un riconoscimento.
