Salotti altolocati

Succede, a volte, che un piccolo gesto digitale metta in luce grandi mancanze. Qualche giorno fa, un’associazione della nostra comunità è stata messa alla prova a seguito di una semplice richiesta pervenuta a questo giornale attraverso vie traverse. Nulla di ufficiale, o forse lo era visto che veniva da un componente del comitato, chiaro nella forma e nella sostanza.

E cosa accade? Al momento in cui si invia una email per rendere le cose ufficiali, piomba il Silenzio. Nessun riscontro, nessuna conferma, nemmeno il minimo cenno di cortesia. Non una parola.

La risposta, quando è arrivata, sempre per vie informali e traverse ha brillato per la sua… insignificanza: “Non c’è stato bisogno”. Poche parole che raccontano molto più di quanto si possa immaginare: la superiorità da salotto radical-chic, il senso di appartenenza a una cerchia ristretta di eletti per casta, e l’illusione che titoli, decorazioni e ruoli possano sostituire educazione e buon senso.

E, come spesso accade nei corridoi, tra un caffè e l’altro, si sussurrano accuse mai confermate: chissà quale piano sarebbe stato tramato per volerli destituire dai loro troni, chiacchiericcio che assume il tono della congiura, mentre in realtà a parlare sono solo i comportamenti mancati, l’assenza di rispetto e il disprezzo per la forma minima di comunicazione.

Questi sono, dunque, i grandi personaggi che spesso si vantano di rappresentare la nostra comunità. Decorati d’ordine e quant’altro, certo, ma incapaci del gesto più semplice: una risposta di cortesia, un segno di rispetto verso chi li contatta con correttezza.

Non è questione di formalismo o rigidità: è questione di dignità. E la verità è semplice e chiara. Per dirla alla Camilleri “zaurdi sono e zaurdi rimarranno.” Fatti, comportamenti e scelte parlano più di mille medaglie.

La prossima volta, speriamo che basti un semplice “grazie” a far capire chi davvero ha rispetto e chi, invece, continua a coltivare un’arroganza ingiustificata.