Un recente intervento di Alessandro Prisciandaro sulla necessità di una rinnovata alleanza educativa tra scuola e famiglia riapre un dibattito che, da oltre un decennio, attraversa con forza il mondo dell’istruzione italiana. Condividere non significa necessariamente consentire, osserva il professore. Un principio sacrosanto, ma che molti lettori ricordano essere oggi difficile da applicare in un sistema in cui la fiducia reciproca si è progressivamente incrinata.
A ricordarlo è Giuseppe Bruno, che nella sua lettera sottolinea come, a partire dal 2015, numerosi genitori abbiano espresso timori rispetto all’introduzione nelle scuole di progetti percepiti come ideologici sul tema dell’identità sessuale. Le grandi manifestazioni dei Family Day e il successivo inserimento del consenso informato nella prassi scolastica – sancito dalla nota ministeriale 19534 del 2018 – sono stati la risposta istituzionale a una richiesta di maggiore trasparenza e partecipazione da parte delle famiglie.
Secondo Bruno, il vero nodo non è tanto l’educazione sessuale in sé, quanto la difficoltà per i genitori di orientarsi all’interno dei documenti fondamentali della scuola dell’Autonomia: PTOF, RAV, PDM, Patto Educativo di Corresponsabilità. Testi spesso complessi, talvolta presentati senza un reale coinvolgimento delle famiglie, che finiscono per trasformarsi in una sorta di delega in bianco all’istituzione scolastica. Una distanza che alimenta diffidenza e che rende necessario, a suo avviso, uno strumento come il consenso informato.
Bruno porta anche esempi di progetti percepiti come inopportuni o poco chiari, che hanno contribuito ad aumentare l’allarme di molti genitori. Non si tratterebbe, sottolinea, di voler far giudicare alle famiglie ogni iniziativa didattica, ma di garantire quella collaborazione – prevista da normativa e Costituzione – che dovrebbe essere il fondamento della scuola democratica.
Il punto finale della riflessione è un invito a superare contrapposizioni sterili: l’educazione sessuale, come ogni ambito formativo sensibile, funziona solo quando scuola e famiglia tornano a camminare insieme. La sfida non è decidere chi “comanda”, ma ricostruire un patto educativo reale, trasparente e partecipato, capace di rispondere alle esigenze di una comunità sempre più complessa.
