Secondo i sondaggi gli italiani sono molto divisi sull’opportunità di costruire il ponte sullo stretto di Messina. Rapporto costo/benefici, impatto ambientale, tra rischi di infiltrazione mafiosa e quelli tellurici.
L’Europa non si capisce bene se approvi (e in parte finanzi) o meno, i giudici contabili hanno già avanzato riserve più o meno politiche, circolano già ricorsi e contro-ricorsi e, ovviamente, proteste in piazza. Forse – ma questo nessuno lo dice apertamente – la reticenza è anche perchè il ponte è diventato un simbolo del programma di Matteo Salvini e questo a molti dà preconcettamente fastidio.
Sicuramente, in termini generali, l’informazione che accompagna il progetto dell’opera non è molto corretta e soprattutto completa: troppi “tifosi” pro o contro e poche le certezze alle molte domande che vengono spontanee e verso le quali non vengono date risposte chiare in un groviglio di polemiche che non portano da nessuna parte.
Penso a 150 anni fa quando si doveva realizzare il tunnel ferroviario del Sempione, una galleria di oltre 19 chilometri che avrebbe potuto finalmente unire Italia e Svizzera in ogni stagione dell’anno. Eravamo alla fine dell’800, si raccoglievano i capitali (privati) e le resistenze erano molte. Si temeva che gli operai venissero schiacciati dagli oltre 3.000 metri di roccia che avrebbero pesato sopra il tunnel, la mancanza di aria nel condotto, i problemi tecnici che apparivano insuperabili per realizzare il tunnel con il rischio “che i due tronconi che avanzeranno da nord e da sud non si incontreranno mai e si perderanno nelle viscere della montagna”.
Alla fine, dopo anni di polemiche, nel 1898 si cominciò il traforo che si realizzò in pochi anni e le due gallerie si incontrarono (in anticipo sui tempi previsti!) perfettamente nell’esatto punto stabilito con una differenza di soli sei centimetri (!!!) dopo quasi 10 km di galleria “al buio” per versante. Visti i mezzi tecnici disponibili e i calcoli a mano dell’ingegneria dell’epoca fu un risultato addirittura impensabile, ma avvenne.
Questo perché ci fu il coraggio di partire e la volontà di proseguire superando molte difficoltà lungo i lavori, ma anche superandole con accorgimenti tecnici all’avanguardia e “scoperti” durante i lavori, con poche vittime tra le maestranze, molte di meno di quelle del più breve (allora) traforo del Gottardo. Un esempio per sottolineare che quando la volontà è forte i problemi si superano, ma se ci si ferma alle chiacchiere non si parte mai.
Ho l’impressione che le incertezze che accompagnano oggi il ponte sullo Stretto siano anche lo specchio di un intero Pese che non ha più il coraggio di credere nelle proprie capacità e non ha più la volontà di scegliere, decidere, confermare, agire.
Intorno a noi il mondo corre e opere simili sono state realizzate ovunque. Senza andare lontano la nuova e doppia galleria di base del Gottardo è lunga 57 chilometri, è la più lunga del mondo – come allora era quella del Sempione – è costata 13 miliardi di euro e se la sono pagata da soli i cittadini svizzeri.
In Norvegia stanno terminando i lavori di un tunnel sottomarino di 43 chilometri che scende fino a 350 metri sotto il mare (non lungo 3 Km. come lo Stretto di Messina!).
Sarebbe un bel segno se il dibattito fosse quindi più sereno, approfondito, dettagliato per spiegare ad un’opinione pubblica che non riesce più a capire dove siano le illazioni e le verità, i dubbi fondati e le speculazioni preconcette. Una sola cosa mi indigna: sostenere che i lavori avvantaggerebbero la mafia.
Allora, anziché impegnarsi per impedirlo con ogni forza, dovremmo fermare qualsiasi cosa si voglia fare rassegnandoci a subirla? Certo serve comunque più coraggio, come quello che servì quando si decise di attraversare le Alpi con un tunnel che allora sembrava fantascienza. Era un’altra Italia, ma forse erano anche altri italiani…
