La storia dei pionieri di New Italy(Settima Puntata)

di Rosanna Dabbene Perosino

Zzzzzzzzzzz Oggi sono un po’ abbacchiata, perche’ e’ una bella giornata, ma molto ventosa e, ad ogni folata, io faccio capriole di parecchi metri. A voi, magari puo’ anche far ridere, ma a me non tanto. 

Comunque, prima di ogni altra cosa, desidero scusarmi con i lettori per la sciocchezza che ho scritto nella sesta puntata di questa storia, ho scritto la parola “ammarare” anziche’ “approdare”. Percio’, chiedo venia e mi copro il capo di cenere. Infatti, “ammarare” significa atterrare sull’acqua, e si usa, piu’ che altro per gli aeromobili, ma siccome io stavo parlando di una nave, potevo solo dire “approdare”, che vuol dire, giungere a riva.  

Devo proprio aver preso lucciole per lanterne! Zzzzzzzzzzz E adesso, indovinate dove sono… Mi trovo su una bellissima terrazza coperta, al primo piano della casa dei genitori di Luciano, costruita su un’altura di Lismore, che sovrasta tutta la cittadina. Io mi sono sistemata in un angolo della terrazza, su un vaso di ciclamini rossi che sono una meraviglia, e mi trovo proprio bene. 

Oggi abbiamo i tre giovanotti: Andrea, Luciano, Bruno e poi Franca,  quindi Antonio e Maria e, naturalmente anche i padroni di casa, Sofia e Leonardo.

 Tutti sono seduti comodamente di fronte ad un grande  tavolo, su cui si vedono numerose tazze di caffe’ ed un piatto colmo di biscotti alle mandorle, che hanno il buon profumo dei dolci fatti in casa. Andrea si guarda intorno e dice: -“ mmmh, un sacco di gente, oggi, eh…Si vede che la storia dei coloni piace.”-

-“Penso proprio di si’, “- aggiunge Franca con entusiasmo, -“ percio’, credo che  sara’ meglio cominciare!”-

Quindi Andrea prende la parola. –“ Dunque, eravamo arrivati alla lista dei 18 deceduti a Port Breton, passeggeri della nave India. Dopo averli seppelliti con il rito cattolico, i coloni superstiti capirono che si trovavano in una situazione senza speranza alcuna, e si resero conto che dovevano fare qualcosa, perche’ erano arrivati al punto di averne proprio avuto abbastanza,  percio’ si unirono e decisero che dovevano allontanarsi da quel luogo maledetto. 

Uomini e donne che potevano ancora stare in piedi, formarono un gruppo compatto e marciarono verso la nave ancorata.

 Nessuno sarebbe riuscito a fermare quel fiume di esseri umani avviliti, esasperati e decisi a tutto. 

 Il capitano Leroy, dal ponte della nave, osservava con preoccupazione il numeroso gruppo di coloni, con gli sguardi biechi, che si stavano avvicinando minacciosamente alla nave,  e diede ordine a tutto il personale di bordo di organizzare la resistenza. Con la pistola in pugno si diresse verso i coloni, che erano ormai vicinissimi e grido’ che era deciso ad uccidere chiunque avrebbe tentato di salire a bordo. 

Egli era sinceramente convinto che il suo ammonimento bellicoso e la minaccia di essere uccisi, li avrebbe  intimoriti,  ma i coloni, ormai sapendo di non avere altra scelta, malgrado la minaccia delle armi da fuoco, forzarono la salita sul ponte della nave e riuscirono a prenderne  il controllo, quindi,  dopo aver aiutato i loro compagni malati a salire a bordo, ordinarono al capitano di levare le ancore e di partire, alla volta della Nuova Caledonia.  

“-“Hurra!!!”- grido’ Antonio con forza, seguito da un fragoroso battito di mani, mentre l’allegria si espandeva sulla terrazza. -“ Ha, ha, ha! Finalmente  il coraggio dei nostri veneti e’ riuscito a farsi valere! Mi fa estremamente piacere!”- dice Bruno.

-“ Anche a me,”- aggiunge Luciano, con foga. 

-“ Comunque, era il 15 febbraio 1881, “- continua  Andrea, quando, dietro il comando dei coloni, la nave fece rotta per la Nuova Caledonia.”- 

Ma, come se il diavolo avesse predisposto gli eventi, dopo qualche ora giunse  a Port Breton il Genil, di ritorno da Sydney, che entro’ in porto senza notare che l’India non era piu’ li’, infatti era da poco partita. 

Pero”… (e qui e’ necessario fare qualche passo indietro)… Cioe’ al giorno in cui il  governatore della colonia Le Prevost, era arrivato a Sydney sul Genil nel Dicembre 1880. 

Egli aveva incontrato molta diffidenza, soprattutto da parte degli inglesi, che erano stati messi al corrente della situazione dai superstiti del Ghandernagor. Anche  il Console francese si allineo’ completamente  alla politica del suo governo e si dichiaro’ apertamente ostile  alle imprese ed ai collaboratori del Marchese, quindi il Le Prevost informo’ il De Rays, circa lo stato della colonia e l’impossibilita’ del tentativo di svilupparla. 

Il Marchese  fece pervenire una certa somma di denaro, che venne usato per acquistare dei viveri. Senonche’, quando il carico fu effettuato e la nave fu pronta alla partenza, il Le Prevost si ammalo’ e dovette  rimanere a Sydney. 

Con la nave, partirono invece, il reverendo padre Lanuzel, per andare ad assistere i superstiti dell’India e Mac Laughlin, superstite del Chandernagor. 

A loro si uni’ anche un certo H. Niau, anche lui desideroso di portare soccorso agli ultimi arrivati. Egli era arrivato in Australia come emigrante, dalla Francia, con la famiglia. 

Pero’, anch’egli era caduto nella rete del Marchese ed aveva investito una considerevole somma di denaro, per l’acquisto di terreni nella colonia del De Rays, diventando membro della “Societa’ Agricoltori Generali” per cui avrebbe dovuto riceverne  i profitti ogni anno, dal momento che i terreni sarebbero stati lavorati da mano d’opera reclutata in Asia. 

Poiche’ egli aveva atteso invano i profitti derivati da questi suoi terreni, voleva vedere con i suoi occhi le sue proprieta’. “ The “Phantom Paradise” fu il libro che scrisse poi la figlia di Niau, alcuni anni appresso, dopo aver raccolto tutte le memorie del padre. Comunque, il viaggio dell’India da Port Breton a Noumea fu un viaggio infernale…I viveri erano scarsissimi e le provviste  d’acqua ridotte al minimo. Molti coloni, gia’ gravemente malati alla partenza, morirono durante il viaggio. 

Dei trecentoquaranta sani, robusti e felici partenti, arrivarono a Noumea solo duecentoventicinque derelitti, in condizioni indescrivibili. Al loro arrivo, le autorita’ del porto, organizzarono subito dei soccorsi d’emergenza. Vennero anche organizzate collette per la raccolta di fondi d’assistenza, ed il giornale “Le Neo Caledonian”, nell’edizione del 18 marzo 1881, scrisse: “La prima impressione che si riceve, mettendo piede a bordo, e’ quella di una miseria profonda.

 Qui si vedono madri che tengono in braccio bambini gialli di febbre, che non hanno nemmeno piu’ la forza di piangere o di mangiare. Si vedono malati, che non hanno la forza di alzarsi in piedi, altri, adagiati  in un letto di sofferenza, prossimi a seguire i loro compagni che sono gia’ stati falciati dalla morte. Tutto cio’, ispira una pieta’ estremamente profonda.”   

-“ Non sembra vero, dice Maria, con le lacrime agli occhi, che l’ingordigia del De Rays abbia potuto avere la malizia di scendere cosi’ in basso, per decidere in un modo cosi’ crudele, la condanna a morte per tutti quei coloni, partiti solo con la speranza nel cuore. “-

“ Se mi permettete, “- dice Luciano, -“ Vorrei aggiungere, per chi non lo sapesse, che l’ingordigia e’ giudicata come uno dei Sette Peccati Capitali, che porta alla corruzione dello spirito dell’essere umano, perche’ s’impadronisce della sua vita, svuotandola completamente delle sue virtu’. Viene anche chiamata vizio, dal  latino “vitium”, che significa “difetto fisico”.”-

-“ Ah, “- dice Antonio:-“grazie per la bella spiegazione, che si adatta anche perfettamente ai personaggi  piu’ in vista dei giorni nostri…Bene a sapersi!”-

-“ Comunque,”- riprende Andrea, -“ altri otto coloni furono seppelliti a Noumea, mentre quindici di loro chiesero di stabilirsi nell’isola. Nel frattempo, le autorita’ portuali, dopo aver ispezionato la nave, la dichiarono pericolosa e non atta alla navigazione. Percio’, i coloni contattarono il Console inglese del posto e fecero richiesta di essere trasferiti a Sydney. 

Nello stesso tempo, il Console italiano di Sydney, Dr. Manaro, informato della situazione degli italiani, superstiti dell’India, chiese assistenza al Premier del NSW, Sir Henry Parkes, il quale si occupo’ immediatamente del caso e, dimostrando di possedere un profondo senso di solidarieta’ umana, noleggio’ la nave James Paterson e la fece partire per Noumea, per trasportare a Sydney i malcapitati coloni.

Il 7 aprile 1881 la James Paterson, con il suo pietoso carico, entro’ nella baia di Sydney, mentre i coloni, alla vista della nuova, rigogliosa terra, tirarono un grande sospiro di sollievo ed ebbero subito la sensazione di essere arrivati in un mondo ospitale. Essi vennero accolti dalle  autorita’ locali e furono alloggiati in un edificio del Dipartimento dell’Agricoltura.”-

-“ Sto cercando,”- interviene Bruno, d’ immaginare come si sarebbe presentata loro la baia di Sydney  in quei tempi lontani, e l’effetto, sicuramente positivo, che hanno potuto averne i coloni, alla sua vista, dopo le orribili fasi del loro lungo, mostruoso viaggio.”-

-“ Dici bene, Bruno,”- aggiunge Andrea, -“ anche tenendo conto che gli edifici piu’ importanti della citta’ di Sydney, cioe’ l’Opera House,  il Sydney Harbour Bridge, la Sydney Tower Eye, il Queen Victoria Building e la St Mary’s Cathedral, tanto per ricordarne qualcuno, non erano ancora stati edificati, percio’…”-

-“ Si, certo, “- aggiunge Andrea, -“dovevano proprio esserci tanti, tanti alberi verdi intorno, ma andiamo avanti con la nostra storia…  Mentre i giornali, gli uomoni politici e la popolazione, s’interessavano della sorte dei nuovi arrivati e dell’avventurosa e tragica odissea da essi vissuta, il Console Marano venne incaricato di aprire un’inchiesta, ma passati i primi giorni, durante  i quali tutti sembravano disposti ad aiutarli in qualche  modo, per permettere a quei poveretti di sistemarsi, l’interesse si affievoli’. 

Certo, ora gli sventurati coloni, avevano un tetto ed un pezzo di pane, elargiti dal Governo Australiano, ed anche le loro condizioni fisiche e morali erano molto migliorate, dopo le cure  mediche ed i cibi maggiormente nutrienti, che erano stati somministrati loro. 

Bisognava ammettere che quel riposo forzato, dopo mesi d’inferno, era stato provvidenziale, ma i giorni e le settimane passarono senza alcuna soluzione  in vista. Infine, il 20 Aprile 1881, i coloni vennero ufficialmente informati che avrebbero potuto rimanere in Australia.

-“ Magnifico,”- esulta Sofia. –“ Questo poteva significare  per loro un grande passo avanti, no?”- 

 -“ Si, pero’,”- interviene  Leonardo, -“ avrebbero dovuto dimostrare la loro gratitudine al Paese che li aveva ospitati ed aiutati a sopravvivere, percio’, avrebbero dovuto cercare d’imparare la lingua inglese e le sue  leggi, affiatarsi con il sistema del Paese ed infine,  cercarsi un lavoro adatto alle loro capacita’ e conoscenze, in modo di poter fare parte, al piu’ presto della societa’ australiana. Giusto? 

“-  “-Certo, risponde  Andrea. -“  Sarebbe  certamente  stato un grande lavoro mentale e fisico, a tempo indeterminato, ma sarebbe anche valso a favorire la loro completa integrazione  nel tessuto australiano. “- Andrea si sofferma per un minuto, guarda l’orologio ed aggiunge: -“ E per oggi abbiamo finito, perche’ si fa tardi e dobbiamo andare a pranzo.”-

Zzzzzzzzzzzzzz E’ vero, e’ tardi anche per le risate, percio’,  Buon Natale e Buon Anno a tutti quanti..Zzzzzzzzz   ciaooooo