Storia di un Rivoluzionario Trapanese

Il giovane trapanese, nato nel 1851 da Giuseppe Sceusa, droghiere, e da Concetta Cavasina, si chiama Francesco. 

Fino al momento del suo trasferimento a Napoli per continuare a studiare, non aveva fatto niente di diverso dai suoi coetanei. Ma nella capitale partenopea, il giovane è conquistato dal verbo socialista e, più che sui libri, passa il tempo negli ambienti socialisti diventando un rivoluzionario di professione.

Nel 1875 Francesco Sceusa torna a Trapani e diffonde le idee socialiste scrivendo nel giornale “Il nomade” e successivamente ne “Lo scarafaggio” da lui stesso fondato.

A Trapani, si deve a Sceusa l’istituzione della sezione dell’Internazionale Socialista dei lavoratori.

Non si sa quanti aderenti ebbe l’Internazionale a Trapani. Sarà Sceusa stesso a dire che ne facevano parte mille contadini. La stima sembra un po’ esagerata, ma sta di fatto che le autorità cominciano a preoccuparsi e a prendere provvedimenti. 

Lo Scarafaggio viene chiuso nel settembre del 1876 e, l’anno successivo, il prefetto Domenico Bardari intima a Sceusa “di non dare ulteriormente motivo a sospetti su di sé per la propria condotta pubblica alle autorità di pubblica sicurezza” e gli ordina di non girare armato, di non turbare l’ordine pubblico tramite discorsi o scritti, di non eccitare l’odio sociale e di non aderire o promuovere qualsivoglia assembramento.

Ma l’avvertimento non serve a molto. Sceusa persevera e nel febbraio 1877 riceve un’altra ammonizione. In data 18 aprile, il ministro dell’Interno Giovanni Nicotera ordina lo scioglimento di tutte le federazioni, sezioni, circoli, nuclei e gruppi dell’Internazionale esistenti nel Regno. 

Due giorni dopo, è il 20 aprile, la federazione di Trapani è sciolta e le sue carte sequestrate. Anche l’abitazione di Sceusa è perquisita, ma egli non c’è. Ha già preso il largo…

Francesco torna a Napoli dove, acquistato un biglietto di terza classe, s’imbarca sul vapore “Sumatra” diretto a Giacarta.

Qui però un’epidemia di colera, che ha colpito tutta l’Indonesia, impedisce al “Sumatra” di attraccare. Sceusa, quindi, sbarca a Singapore e, dopo aver attraversato India, Cina e Queensland del Nord, giunge a Sydney il 5 dicembre. I suoi primi pensieri appena arrivato in Australia li descrive egli stesso.

“Rimasi a bocca aperta quando, mentre il piroscafo si accostava lemme lemme alla banchina, vidi una fanciulla stendere un tovagliolo sopra una balla di mercanzia, alle cui estremità sedevano due facchini del porto, e depositarvi un tegame di uova e prosciutto, della carne fredda, delle grosse fette di pan burrato e una scodella di thé…”

Che differenza col pranzo trapanese fatto da “due soldi di pane e una sardella!”

Già allora, Sydney è una grande città con una comunità di circa 200 italiani. L’impatto con la nuova realtà non è facile. Non trova lavoro, non trova nemmeno la rivoluzione, ma in compenso trova l’amore.

Nel 1878 si sposa con l’ancora minorenne Louisa Swan, figlia di uno stagnino canadese e di madre irlandese. La loro unione, nonostante lei sia una devota cattolica e completamente digiuna di politica, è durevole e, per quello che ci è dato sapere, felice.

Anche gli studi fatti a Trapani si rivelano utili e, nel maggio 1879, Sceusa è assunto come geometra dal governo del nuovo Galles del Sud, la regione di cui Sydney è capitale. È un buon impiego e consente a Sceusa una tranquillità economica che non ha mai avuto.

Adesso la rivoluzione socialista non sembra più così vicina. Sceusa, che ricorda bene le difficoltà incontrate all’arrivo in città, mette a frutto la sua esperienza di immigrato per aiutare il prossimo, specialmente gli altri italiani. Fonda la Italian Benevolent Society, società di mutuo soccorso per gli immigrati italiani in difficoltà e la Italian Working Man’s Benefit Society, una sorta di sindacato dei lavoratori italiani e tenta, invano, di formare una cellula dell’Internazionale Socialista assieme ad altri esuli francesi e italiani.

Ma l’iniziativa che lo rende popolare pure al di fuori di Sydney è la fondazione dell’Italo-Australiano, il primo giornale in lingua italiana stampato in Australia. 

Lo scopo del giornale è “di promuovere gli interessi della Colonia italiana d’Australia, tenere gli italiani d’Australia al corrente degli eventi che accadono nella madre patria e di ciò che, in generale, avviene agli antipodi. La vita del giornale, che diventa il centro culturale della comunità italiana d’Australia, è abbastanza movimentata: è il primo giornale socialista d’Australia, il suo motto è “Tutto col lavoro, nulla senza lavoro, tutto del lavoro” e, ogni tanto, ciò causa qualche inconveniente.

Una notte, degli ignoti entrano al giornale, non rubano niente ma, al giornale pronto per andare in stampa, è aggiunto semplicemente un inserto derisorio con cui si annuncia la nomina di Sceusa a Cavaliere della Corona, assieme all’invito che il neo-cavaliere rivolgeva agli amici per una bevuta in birreria.

Non sarebbe una grande minaccia alla vita del giornale, se fosse solo una goliardata, ma non lo è. E infatti, a un certo punto, dopo la pubblicazione di soli sei numeri, l’Italo-Australiano è costretto a chiudere i battenti. Nessun intervento di polizia, nessun problema economico; è semplicemente che il Departments of Lands, per cui Sceusa lavora, lo trasferisce nella cittadina di Orange. E il trasferimento segna, tra le altre cose, anche la fine dell’Italo-Australiano dopo sette mesi di intensa attività. Questo però non basta a fermare la verve polemica di Sceusa, che scrive al giornale Australian Star per lamentarsi di un articolo, Italians in Sydney, giudicato offensivo.

“Questa terra recentemente scoperta non è emersa dal fondo dell’oceano ad esclusivo uso e beneficio di una sola razza” scrive Sceusa, difendendo il diritto degli altri popoli ad emigrare.

Ma, a parte qualche sporadica polemica, in quel posto sperduto non c’è molto da fare. Sceusa ha molto tempo per pensare e proprio mentre riflette in solitudine sulla mancanza di una coscienza internazionalista nella società australiana, ecco che, ad un tratto l’Australia scopre i movimenti socialisti. Tra il 1885 e il 1887 nascono, una dopo l’altra, la Allgemeiner Deutscher Verein ad Adelaide, l’Anarchist Club, la Verein Vorwärts a Melbourne, e l’Austrlian Socialist League a Sydney. È proprio presso quest’ultima che Sceusa si iscrive nel 1890, anno in cui, finalmente, ritorna a Sydney dopo cinque lunghissimi anni trascorsi a Orange.

L’arrivo di molti emigrati aveva causato i primi problemi di disoccupazione, novità assoluta per l’Australia. A un certo punto l’Australian Workman, giornale laburista, lo accusa di avere “maccheroni al posto del cervello” per aver difeso “quell’orda di sporchi rifiuti che dall’Italia infestano le sponde inglesi, […] subdoli bastardi che strisciano in questo paese per rubare all’operaio inglese il suo meritato guadagno e per offrire il loro lavoro a prezzi inferiori.” Come si può notare, il vocabolario politico non è cambiato molto da allora…

Sceusa s’impunta e, spalleggiato dall’Australian Socialist League, ottiene le scuse del giornale e il licenziamento dell’incauto redattore, Oswald Keatinge. Tuttavia la sua origine italiana sarà un bersaglio costante per i suoi avversari. Il Truth, giornale di Sydney, il 12 gennaio 1890, pubblica che “nessun uomo può onestamente servire due paesi così diversi come Australia e l’Italia. Egli deve essere un traditore o dell’uno o dell’altro.” 

È un momento difficile per Sceusa. Il socialismo “nazionalista” australiano, da cui si è allontanato e che lo ha tanto deluso, aveva effettivamente migliorato le condizioni del lavoratore australiano, mentre i parolai italiani non erano riusciti a dare un grammo di pane in più al lavoratore italiano.  

Dato che la Australian Socialist League non ha un grande seguito, Sceusa si limita ad accogliere e ad aiutare i vari esuli che dall’Italia arrivano verso la fine del secolo, come Quinto Ercole, che diventa il suo medico personale.

Sono gli anni della disillusione. Le condizioni dei lavoratori migliorano, ma i lavoratori sono sordi al verbo socialista. Sceusa si rende conto che il lavoratore non aspira ad eliminare il capitalismo, ma a diventare capitalista egli stesso e ciò non fa che aumentare la sua tristezza.

L’ostracismo del vecchio partito socialista, l’ostilità delle autorità consolari della lontanissima Italia e l’inimicizia di gran parte della comunità italiana d’oltreoceano, hanno un effetto deleterio sulla sua salute. Ha problemi al cuore e ai reni, ma le difficoltà logorano per prima Louisa che gli è sempre stata silenziosamente vicino e che, erroneamente, crede di essere la causa dei problemi del marito. La salute mentale di Louisa peggiora e nel dicembre 1903, nel tentativo di mettere fine alla sua vita, si getta nelle acque gelide del fiume Parramatta. 

Viene salvata da un passante, ma il marito deve pagare una salatissima multa perché il suicidio è ancora considerato reato e deve preoccuparsi per il deterioramento irreversibile delle facoltà intellettive di Louisa.

Su ingiunzione della magistratura, la donna è ricoverata al manicomio di Gladesville, da cui esce dopo quattro mesi. Intanto la malferma salute di Francesco Sceusa peggiora ulteriormente, fino a renderlo inabile al lavoro. 

Il Departments of Lands lo licenzia nel 1904 ed egli non è nelle condizioni di trovare un’altra occupazione duratura. Il medico e amico Quinto Ercole lo va a visitare nel novembre 1907, lo trova molto malato e gli consiglia di tornare in patria.

Sceusa segue il consiglio del vecchio amico. Il 10 gennaio 1908 è con la moglie sul molo di Sydney, con biglietti di sola andata.

La decisione di tornare a Trapani sicuramente è difficile per Francesco, ma lo è ancora di più per Louisa. Per lui infatti Trapani rappresentava la terra natale, per Louisa è solo una terra lontana, dove non ha amici e dove sarà quasi impossibile integrarsi dato che, oltre ad essere analfabeta nella sua lingua madre, l’inglese, non parla una parola d’italiano che non imparerà mai. 

Ciononostante, decide di seguire il marito a Trapani dove la salute di Francesco si aggrava ed egli muore all’età di 68 anni lasciando, come è facile immaginare, la moglie nell’isolamento e nella malattia.

Per caso, una straniera di passaggio a Trapani, Winifred Merrill, la nota e segnala il caso all’Alto Commissario Australiano a Londra che, a sua volta, informa il primo ministro australiano, William Hughes, vecchio compagno di Sceusa nella Lega Socialista.

Grazie all’interessamento di Hughes, Louisa rientra in Australia. Corre l’anno 1920 e la donna va a vivere col fratello, a Canberra. Successivamente, si ritira in convento dove rimane per 18 mesi.

Nel 1923 senza fissa dimora, malata mentalmente e senza le necessarie cure torna a Sydney, la città dove aveva conosciuto Francesco. Viene ricoverata all’ospedale psichiatrico di Rydalmere e successivamente all’Orange Mental Hospital, dove si spegne il 16 agosto 1941.

Finisce così anche la storia triste di Louisa Swan. Non sappiamo altro di lei. 

Come il personaggio di una tragedia greca, arrivò perfino a tentare il suicidio per amore del marito. L’autobiografia di Francesco Sceusa, andata perduta, si intitolava proprio Autobiografia di un altruista, e se detto titolo è sicuramente adatto a descriverne la vita, lo sarebbe ancora di più per descrivere quella della moglie Louisa Swan, il cigno triste del Nuovo Galles del Sud, accompagnato dalla musica di Tchaikovsky.

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