Ecco arrivare lo schwa, una “ə” capovolta anche se non si bene come cominciare a scriverla. Dalla pronuncia singolare, secondo gli esperti ‘radical chic’ esso forma un elemento indispensabile per un italiano più inclusivo. Il carattere sostituisce il plurale, evitando quindi che lingua italiana discrimini le donne.
Mi immagino già come debbano sentirsi realizzate le professoresse della comunità italo-australiana di Sydney, che da anni si battono per la parità di genere anche nel linguaggio.
Secondo le paladine dell’equità di gender, l’italiano è misogino, patriarcale, maschilista, sessista … tanto che anche nella carta stampata appare la “schwa” si impone. Lo fa in un articolo pubblicato su internet da Michela Murgia, opinionista e conosciuta ospite televisiva di quei programmi contenitore a basso prezzo, stile Mamma Rai. Il pezzo riguarda Giorgia Meloni, che l’autrice definisce: “il grande equivoco del femminile scambiato per femminismo.
Una donna a capo di un partito che affonda le sue radici nella tradizione fascista non solo non dovrebbe compiacere nessunə (con tanto di schwa, ndr) che abbia a cuore l’emancipazione femminile, ma impone anzi di far scattare una serie di allarmi ulteriori rispetto a quelli che già trillano per questioni di tutela dei valori democratici.”
Grazie alla Murgia gli italiani sono divenuti tanto spregevoli da fare schifo anche alla lingua italiana e per forza di cosa, anche l’italiano si è visto costretto ad adeguarsi, come se non bastassero quegli orribili inglesismi.
Per quanti volessero approfondire le sciocchezze di tanta politicizzazione, il sito web Italiano Inclusivo arriva a dare nozioni su come diventare dei maestri dell’inclusione linguistica.
Basta leggere qualche stralcio per capire con quanta facilità si possa fare a meno del genere: “L’italiano inclusivo introduce una nuova vocale al singolare e una al plurale per declinare le parole in modo inclusivo. Queste due lettere sono la schwa, “ǝ”, al singolare, e la schwa lunga, “з”, al plurale.
Ad esempio, la parola maestra / maestro può essere declinata come maestrǝ. Questo è ancora più importante al plurale, dove in italiano purtroppo si usa il cosiddetto “maschile inclusivo” per nominare una collettività di persone di generi misti e che, invece, è tutt’altro che inclusivo in quanto invisibilizza la presenza di persone di genere diverso dal maschile all’interno del gruppo. In questo caso, quindi, ci si potrà riferire a un gruppo misto di maestri e maestre non con il maschile inclusivo maestri ma con il termine davvero inclusivo maestrз”. Ci avete capito qualcosa? Magari!
Torniamo ora sul pianeta Terra, dove il Prof. Francesco Sabatini, Presidente Onorario dell’Accademia della Crusca, a quale va il mio più profondo rispetto, ci ricorda che “cambiare la morfologia non è accettabile in italiano quando l’ufficialità della lingua deve essere mantenuta. Abbiamo altri modi per essere equanimi tra uomini e donne ma la morfologia lasciamola stare in quanto essa è l’asse portante di tutta la lingua.” Bene, cari italofoni, state tranquilli.
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