La riforma del voto all’estero è evidentemente una priorità; ma non sembra lo sia per il parlamento. Sono passati più di tre anni dall’inizio della legislatura, e ancora nessun partito ne ha chiesto la calendarizzazione in commissione affari costituzionali.
Due parlamentari della Repubblica, eletti nella ripartizione Sud America, sono indagati dalla procura di Roma per presunta frode elettorale: essi avrebbero ottenuto il seggio, pare, grazie a circa 10 mila schede elettorali falsificate.
Ovviamente c’è da sperare che i due parlamentari possano dimostrarsi estranei ad ogni accusa, ma quello che colpisce è l’immobilità dimostrata parlamento nel legiferare su un tema così importante per la democrazia del nostro Paese. La notizia, gravissima, non è infatti certo un fulmine a ciel sereno. Lo sanno bene i nostri connazionali iscritti all’AIRE: ad ogni tornata elettorale, il voto all’estero è travolto dalle polemiche sui brogli.
Tuttavia, nulla è mai stato fatto per risolvere le principali criticità. La Riforma del voto all’estero non è rimandabile “Questa vicenda è infatti solo l’ultima delle tante su cui già sono state fatte inchieste e indagini negli anni: plichi rubati, plichi comprati, schede contraffatte”. È quanto dichiara in una nota la deputata Elisa Siragusa, eletta nella circoscrizione elettorale Estero-Europa, in merito all’indagine che vede coinvolti il deputato Eugenio Sangregorio e il senatore Adriano Cario, entrambi candidati con l’Unione Sudamericana degli Emigranti Italiani (Usei).
La riforma del voto all’estero è evidentemente una priorità, ma non sembra lo sia per il parlamento. Sono passati più di tre anni dall’inizio della legislatura, e ancora nessun partito ne ha chiesto la calendarizzazione in commissione affari costituzionali. “Speriamo che quest’ultimo caso – aggiunge la parlamentare – possa essere una sveglia per il parlamento e il Governo. Sull’argomento, comunque, presenterò un’interrogazione ai ministri competenti”.
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