In Italia sei laureato, in Australia sei un lavapiatti.
Ho sempre pensato, e continuò a pensarlo, che chi studia in Italia o in Australia non dovrebbe mai avere impedimenti nel vedersi riconoscere un titolo di studio.
Senza voler entrare nel merito del livello scolastico dei due Paesi, tra l’altro tutti dicono che la scuola italiana non è buona, io credo che noi italiani abbiamo, per cultura, un grado superiore rispetto alle scuole Australiane.
Ciò che non ho mai capito è il perché un ingegnere o dottore, già laureto in Italia, debba farsi riconoscere un titolo di studio qualora abbia voglia di fare un’esperienza professionale in Australia.Tra l’altro, tale riconoscimento non solo costa anni di sacrificio in termini di tempo, ulteriore impegno e danaro, ma è psicologicamente frustante.
La mia domanda semplice è: ma qual è la differenza? La matematica, la geometria, il corpo umano con tutte le sue malattie… Io credo che siano uguali in Italia come in Australia, in Cina come negli USA, posso capire il livello d’inglese, ma non un titolo conseguito magari con 110 e lode.
In questi anni tanti nostri connazionali italiani che sono venuti qui hanno dovuto affrontare costi esosi per vedersi riconoscere i titoli di studio e ancora non ho mai capito perché la nostra rappresentanza parlamentare non ha mai affrontato tale tema; pensavo non ci fosse mai stato un accordo bilaterale, in realtà un accordo esiste; si tratta di un processo verbale firmato a Canberra il 24 ottobre 1997, in sostanza è un accordo culturale, una sorta di raccomandazione alle università per un’adeguata valutazione dei livelli corrispondenti dei titoli accademici. Ciò al fine della prosecuzione degli studi nei gradi successivi… praticamente il nulla.
È vero che in Australia esiste un sistema di riconoscimento per le qualifiche di altri paesi e il dipartimento dell’educazione distingue, tra le diverse istituzioni a cui rivolgersi, a seconda della motivazione percui si chiede il riconoscimento: per lavoro, per studio o per emigrare in Australia ma, in tutti e tre i casi, la procedura non è facile, se non altro è costosa e, a volte, anche frustrante.
Quando si parla di problematiche degli italiani all’estero, e forse questo i nostri rappresentanti ancora non l’hanno capito, non si tratta solo di IMU, di cittadinanza, o di turismo di ritorno ma, anche, del riconoscimento del titolo di studio è un problema da risolvere.
In un mondo globalizzato, dove il fenomeno migratorio di cervelli in fuga ormai è una con- suetudine e alla luce delle non politiche lavorative in Italia, perché si perde tempo per il ddl ZAN e non si trova il tempo per fare riforme sul lavoro, sul sociale, fermo restando che tutti i diritti sono importanti?
Forse è importante che, per mesi, la sinistra italiana blocchi il parlamento per una legge, che non è prioritaria a meno che per loro il lavoro non è cosa importante?
Io credo invece, nell’assurdità di tutto, un laureato o diplomato in Italia ha sicuramente un grado superiore di cultura rispetto ai laureati in Australia, è un dato di fatto, posso accettare che un laureato italiano debba aggiornarsi e richiedere una qualifica ulteriore nel paese in cui intende vivere, perché si sa che paese vai legge che trovi, quindi magari un ingegnere deve conoscere la legislazione vigente in un paese diverso, ma una laurea italiana deve essere valida in qualsivoglia angolo del mondo.
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