“Non si mente mai così tanto come prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia” (Otto von Bismarck)
Da quando il web è diventato uno strumento per fare le campagne elettorali, sono nate delle testate giornalistiche con l’unico scopo di fornire informazioni volutamente false per destare ilarità.
Le coordinate del fenomeno sono abbastanza chiare: l’oggetto della notizia è un argomento che desti un certo interesse nel lettore, che preoccupi o faccia sensazione. Non un’informazione a caso, bensì un qualcosa di rilievo per la collettività. Si tratta quindi di notizie false (oggetto), diffuse in modo da avere ampio risalto, principalmente tramite il web (profilo strumentale), soprattutto da parte di soggetti in grado di darne una larga diffusione (aspetto soggettivo).
In realtà, le notizie false sono sempre esistite come strumento di disinformazione o misinformazione e, nel corso delle campagne elettorali, assumono una dimensione del tutto particolare, perché riescono a veicolare informazioni idonee a incidere sul consenso, manipolando la volontà popolare in modo da indirizzarla a favore di un candidato.
Uno strumento, quindi, formidabile, ma non del tutto nuovo, nel senso che la denigrazione dell’avversario non è vietata dalla legge. Giova sul punto riportare integralmente quanto espresso dalla Corte di Cassazione, III sezione civile, nella sentenza del 17 ottobre 2013, n. 23576: “…la critica politica può assumere toni più pungenti rispetto a quelli interpersonali tra privati, può essere di parte e non deve necessariamente essere obiettiva, tale considerazione, a maggior ragione, vale in occasione di una competizione elettorale, in cui si contrappongono, ancor più immediatamente e direttamente, due o più competitori nonché due o più partiti e/o coalizioni, aventi programmi di gestione della cosa pubblica, che spesso sottintendono due opposte visioni del modo in cui realizzare gli interessi della comunità.
In tal caso, il diritto di critica politica può essere esercitato utilizzando espressioni ancor più aspre, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione, dal comportamento, dal programma elettorale, ove già delineato, oppure dalla visione politica, genericamente intesa, dei propri avversari.
Ne deriva che, in tale contesto, attribuire, in occasione della gara elettorale, ad un proprio competitore oppure al candidato presentato dall’opposto partito disegni politici, che potrebbero essere vantaggiosi per imprenditori privati e pregiudizievoli per la comunità, non contiene, di per sé, una valenza diffamatoria effettiva né veramente credibile poiché, come già sottolineato, la competizione elettorale esaspera la conflittualità dei toni, già aspri della lotta politica ed enfatizza i pregiudizi derivanti alla comunità dalla possibile vittoria degli avversari”.
Ma, soprattutto, la problematica delle fake news appare sicuramente esasperata proprio dall’esistenza di uno strumento com’è il web, idoneo a permettere la circolazione delle idee in modo molto rapido. Da qui nasce l’esigenza di indagare l’esistenza di nuove categorie e di nuovi limiti alla diffusione di notizie false durante la campagna elettorale.
Secondo i dati del Censis, “a più della metà degli utenti di internet italiani è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete. La percentuale scende di poco, anche se rimane sempre al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i più giovani, che dichiarano di crederci spesso. Per tre quarti degli italiani quello delle fake news è un fenomeno pericoloso. Soprattutto le persone più istruite ritengono che le bugie sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico e che favoriscono il populismo”.
A complicare la situazione sono anche gli algoritmi presenti nei social network, in base ai quali all’utente vengono inviate le notizie sulla base dei suoi interessi. Tale meccanismo mina la libertà di informarsi liberamente: “pensi di essere indipendente nelle tue scelte e nel tuo modo di informarti sulla rete, ma in realtà sei chiuso in una bolla che ti tiene separato da tutti quelli che non la pensano come te”. In sostanza, ogni individuo viene catalogato in ogni suo profilo e viene informato di quello che vuole sapere, secondo i suoi gusti.
Gli algoritmi dei servizi internet cuciono addosso all’utente un profilo che va incontro ai suoi desideri. Ciò determina una visione distorta della realtà, perché permette il diffondersi di quelle informazioni non veritiere per le quali vi è una particolare sensibilità proprio perché conformi al suo pensiero.
Resta da indagare se tali forme di espressione siano totalmente libere o se, al contrario, durante la campagna elettorale incontrino dei limiti, desumibili dall’ordinamento costituzionale.
Recensione da uno scritto di Massimiliano Mezzanotte. Ricercatore di Istituzioni. di diritto pubblico Università degli studi di Teramo
Be the first to comment