La vita è teatro e il teatro è la vita, diceva il grande Eduardo de Fillippo. È sì, proprio così. Lunedì scorso mi sono recato al Consolato italiano per assistere ai lavori di scrutinio del voto per il rinnovo dei Comites, visto che facevo parte del seggio elettorale del sabato prima.
Come molti di voi sanno, non siamo riusciti in una sola giornata ad ultimare i lavori dello scrutinio e così lo spoglio è continuato il lunedì e anche il martedì. Ciò avvalora il fatto che noi componenti esterni del seggio non eravamo poi così deficienti, visto e considerato che ci sono voluti altri due giorni extra per scrutinate 1,700 schede.
Purtroppo, la colpa non è degli scrutinatori, ma della legge che regola lo scrutinio. Ultimati i lavori del sabato, l’addetto consolare ci ha invitati gentilmente ad assistere al proseguimento dei lavori che si sarebbe tenuto il lunedì alle ore 10, sottolineando che eravamo i “benvenuti” e che la capacità massima del locale adibito a seggio era di 20 persone. Quindi, nonostante avessi degli impegni personali e visto che avevo fatto parte del seggio, ho deciso di andarci.
Correndo come un pazzo – chi ha una famiglia sa cosa vuol dire – ho preso Uber al volo, anche perché quel giorno c’era lo sciopero dei mezzi pubblici e mi sono recato al Consolato in anticipo. All’ingresso del palazzo ho preso un buon caffè con Michele Fezza e assieme abbiamo educatamente discusso sulla vicenda del Comites di Sydney.
Entrambi ci siamo trovati d’accordo sul fatto che bisognerebbe eliminare del tutto la farsa teatrale di questi Comitati di quartiere. Da lì a breve è arrivato Sam Restifa, uno dei componenti del comitato elettorale (CEC) e, dopo i saluti iniziali, mi sento dire che io sono un “traditore.” Sono accuse come questa che fanno pensare: se non sei dei suoi, non sei dalla parte giusta.
Con garbo e gentilezza ho fatto notare che io sono sempre stato dalla stessa parte, cioè dalla parte della compianta Teresa Restifa, cioè nel centro destra. Capisco le situazioni personali, però io non mi sono apparentato con chi per tre elezioni politiche ti ha visto come avversario. Evidentemente Sam Restifa ha ritenuto utile cambiare idea e appoggiare una lista che vedeva come capolista il segretario del Pd di Sydney – lo stesso partito che era contro la signora Restifa fino dal 2018 – il partito che, per pochi voti, non ha permesso alla signora Restifa di diventare Senatrice e rappresentare la comunità italiana d’Australia in Parlamento.
Quindi, io sarei il traditore? Semmai sono io che sono stato tradito! Sono colpevole di essere rimasto coerente con me stesso e per tale ragione non mi sono candidato e mai mi candiderò per i Comites. Non ho fatto campagna elettorale né per gli uni e né per gli altri.
Non nego la mia simpatia per la lista Noi Italiani, perché, a mio parere, è un’espressione più di centro destra. Dopo questo siparietto mi sono recato negli uffici del Consolato dove, in procinto di entrare, mi è stato detto che potevano accedere solo i componenti del CEC. In sostanza mi hanno chiuso la porta in faccia. 48 ore prima ero il benvenuto, ora ero ospite sgradito.
Quindi, improvvisamente, il seggio che avrebbe dovuto essere pubblico è diventato un seggio blindato. Nessuna motivazione, solo l’ordine di non entrare. Mi sono sentito umiliato a casa mia, offeso dalle istituzioni che ci chiedono di portare rispetto.
Stessa sorte è toccata ad una signora che risultava supplente di uno dei componenti del CEC: anch’ella è stata messa alla porta dallo stesso addetto consolare che il sabato ci aveva detto che eravamo i “benvenuti”. Siamo stati invitati ad accomodarci nella sala d’aspetto… ad aspettare.
Personalmente non so chi abbia deciso, presumo il console, ma mettere alla porta due persone che, tra l’altro, non erano estranei ai lavori e non è un segnale di educazione civica o di cortesia. In ogni caso, il seggio è un luogo pubblico e che fastidio si poteva dare? Che senso ha lasciare una donna per diverse ore ad aspettare in sala d’attesa?
E mentre io ho deciso di tornare a casa, la signora è rimasta, solo per sentirsi dire, ad orario di chiusura del Consolato, che non poteva più nemmeno restare in sala d’attesa, ma doveva accomodarsi fuori… in strada. Alla faccia dei diritti delle donne.
Passato il momento di “incavolatura nera” ho deciso di portare questa vicenda all’attenzione delle “alte sfere” istituzionali italiane; ho scritto sia al Presidente Mattarella che al Ministero degli Esteri e, per conoscenza, alla nostra Ambasciata. Non trattenete il respiro ma spero di potervi aggiornare in seguito se qualcuno risponderà.
In conclusione, io non ho tradito, semmai sono stato tradito da chi dovrebbe rappresentarmi con onore e dignità. Sono e rimango coerente con le mie idee e comunque sempre nel rispetto delle istituzioni democratiche basate sulla Costituzione Italiana. Le istituzioni e i suoi uomini dovrebbero imparare, prima di esercitare la funzione pubblica, a rispettare tutti i cittadini, quelli che pagano per i loro stipendi!
La politica è una cosa, la vita privata è un’altra: peccato che questi signori confondono tutto come in un minestrone, facendo capire che non sanno cosa vuol dire servire la “res publica” e cosa significa garantire al cittadino i diritti della Carta Fondamentale.
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