Berlusconi non diventerà Papa… ma neanche cardinale

Tra poche settimane si voterà il Presidente della Repubblica e mentre i giornali italiani si sbizzarriscono nell’indicare le alternative più probabili, noi che non abbiamo retroscenisti nella nostra squadra, al massimo possiamo provare a chiarire alcuni punti.

Il Presidente della Repubblica è il Papa della politica italiana. In quanto tale, gode di una legge, la Legge delle “guarentigie” che gli altri politici possono solo sognare. Come il Papa, gli toccano tutti gli onori della sua condizione.

È un onore se decide di incamminarsi sulla strada per arrivare al Quirinale. Difatti, oltre al dogma dell’infallibilità, per lui vale anche quel detto, spesso rispolverato ad ogni elezione in Vaticano, che “chi entra Papa, esce Cardinale”.

Molti infatti si scatenano nelle ipotesi più disparate, da quelle in teoria verosimili (Draghi, Mattarella-bis) a quelle in teoria più inverosimili (Berlusconi, Prodi) senza rendersi conto che quella del PDR in realtà è, oggi più che mai, una partita politica apertissima in cui i papabili potrebbero ritrovarsi semplicemente cardinali e vanificare mesi interi di vaneggiamenti giornalistici.

Ci sono argomenti che seguo con scarso interesse. Nonostante ciò ho la passione della politica, guarda caso dal 1994, da quando Berlusconi non diventerà Papa… ma neanche cardinale un certo Silvio Berlusconi decise di buttarsi in politica.

Uno di questi argomenti riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica e non perché la carica non sia importante, ma perché si tratta di una discussione che riguarda poco il cittadino, perché a differenza di altre Nazioni, non siamo noi a sceglierlo bensì la politica e tutto ciò che ruota intorno ad essa.

L’elezione si terrà in aperta campagna elettorale per le politiche del 2023 dunque sarà inevitabilmente influenzata dai calcoli dei partiti ma non si sa nemmeno se si voterà davvero in quell’anno.

Molti sostengono che si voterà nel 2022, non appena sistemata la pratica Quirinale; quello che è certo è che Berlusconi, come nel 1994 ma con meno energia di allora, causa avanzata età, si è buttato anima e poco corpo nella corsa alla carica più alta in Italia.

Credo che di possibilità ce ne siano poche, l’ipotesi del Cavaliere al Quirinale, proposta una decina di anni fa, avrebbe fatto aprire lo spumante a molti suoi sostenitori, me compreso, oggi viceversa mi lascia molto freddo, per tante ragioni, non ultima la sua svolta di garante del sistema che potrebbe essere una strategia.

Oggi Berlusconi al Quirinale io non lo vedo, non per questione morale, ammesso che in Italia esista ancora, ma perché non ce lo manderanno mai, anche se avesse i numeri. A quanto pare le sue quotazioni stanno salendo, ma la magistratura e parte della Sinistra non lo permetteranno.

Scommettiamo che a poche settimane dall’elezione uscirà un’altra inchiesta? E a testimoniarlo vi è il tentativo goffo di convincere Mattarella a rimanere un altro anno e mezzo al Quirinale per consentire a Draghi di completare la legislatura e poi essere eletto Presidente della Repubblica.

Berlusconi una volta al Quirinale, disporrebbe di un potere immenso che gli permetterebbe di sistemare le proprie faccende personali e poi di mettere al muro tutti quei nemici contro cui ha sbattuto il naso e che, non a caso, oggi sono terrorizzati anche alla sola flebile ipotesi di una sua elezione.

Un Berlusconi al Quirinale sarebbe la fine di Magistratura Democratica e di tutte le sue ramificazioni giuridiche, politiche e mediatiche. Da quelle parti lo sanno bene ed è per questo che hanno sellato i cavalli a riposo, ma sempre pronti al risveglio, dell’antiberlusconismo.

È inutile fare pronostici quando le variabili sul tavolo sono numerose e, soprattutto, quando una certa condizione è relativamente nuova nel panorama politico italiano. Prima di tutto, non è detto che si voterà nel 2023. È vero che siamo in pieno semestre bianco, cioè il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere.

Però possono, se c’è convergenza in tal senso, essere le Camere a sciogliersi da sole. E se è vero che tutti i partiti vogliono Draghi al Quirinale, l’unica alternativa è proprio che si vada a votare nel 2022. Cosa che Renzi, per dire, dà addirittura per scontata.

Naturalmente, sono tutte speculazioni. Se non si può dare per scontata l’elezione di Draghi al Quirinale, cioè il Presidente del Consiglio con la più ampia maggioranza della storia repubblicana, figuriamoci se si può dare quella di un uomo divisivo come Berlusconi.

Al momento opportuno, i giocatori dovranno scoprire le carte e si vedrà chi ha in mano gli assi e chi le scartine. Certo è che le motivazioni per non volerlo al Quirinale, se sono quelle degli avversari storici, lungi dal farmi sperare che non diventi presidente; in ogni caso, sono più che convinto che Berlusconi non diventerà Papa ma neanche Cardinale.

In parole povere, tutte le discussioni compreso questo articolo su chi alla fine andrà ad abitare il Quirinale, sono aria fritta. Le variabili sono troppe anche perché l’ex-capo del FMI e della BCE, dato per Papa, è un nome che, se sul piano degli interessi dei singoli partiti conviene a tanti, di contro, sul piano elettorale conviene a pochi. Il rischio che Draghi esca dal conclave come papa è concreto così come lo è che ne esca come cardinale.

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