È proprio necessario tornare ad andare a Messa?

L’eucaristia non è un affare solamente del prete, ma riguarda tutti i battezzati, ognuno secondo la sua vocazione. «Padre, domenica avevo i figli a pranzo, poi c’è il Covid di nuovo in giro. Ho pensato che la Messa potevo anche guardarla su Rai Italia, quella del Papa, o ascoltarla su Rete Italia».

È una frase che ormai si sente sempre più spesso, da quando, a causa della pandemia, si è diffusa la mania e la malavoglia di vedere o magari ascoltare spezzoni della santa Messa attraverso streaming via computer, via radio o in televisione. Cio accade spesso mentre si fanno le faccende domestiche o si prepara il pranzo.

Fino ad oggi, guardare o ascoltare la Messa da casa era una pratica diffusa tra le persone molto anziane e tra coloro che, giustamente, per motivi di salute, non potevano recarsi in Chiesa. Per loro, la televisione e la radio svolgono un servizio importante di evangelizzazione e la Chiesa riconosce l’importanza degli strumenti di comunicazione per la diffusione della missione cristiana e per l’ascolto della Parola del Signore.

Ciò che lascia perplesso è che nell’ultimo anno sempre più persone, pur non avendo problemi di salute o ostacoli insormontabili, si affidano alla radio e alla televisione per “assistere” in qualche modo alla celebrazione eucaristica. Occorre perciò tornare forse a comprendere il senso di quello che è realmente il sacrificio eucaristico, un sacrificio di “partecipazione” in cui Cristo si immola nuovamente nell’incontro tra Dio e l’uomo.

L’aspetto più evidente è che seguendo la Messa a distanza non possiamo nutrirci della Santa Comunione, “il pane della vita”. Per dirla in maniera molto banale è come se partecipassimo a una cena, a cui ci hanno invitato, solo collegandoci attraverso una telecamera e un microfono. Sicuramente è anche quello un modo di partecipare (possiamo fare la comunione spirituale di Sant’Alfonso), ma è altrettanto evidente che c’è una differenza sostanziale tra le due modalità.

C’è però anche un altro aspetto, forse meno evidente: l’Eucaristia, presieduta dal sacerdote, in virtù del sacramento dell’ordinazione è celebrata nella persona di Cristo per l’intero popolo di Dio. Ognuno di noi è chiamato in persona a vivere il mistero di Dio fatto uomo, “beati gli invitati al banchetto di nozze dell’agnello” (Apocalisse 19,9).

Tutti i cristiani sono quindi stati rivestiti della dignità di Figli di Dio per mezzo del Battesimo, per questo, nella preghiera eucaristica, il sacerdote rende “grazie perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”: queste parole non si riferiscono solo al sacerdote, ma anche all’intero popolo di Dio che partecipa attivamente al sacrificio eucaristico.

La Messa è per sempre “fonte e culmine” della vita cristiana e perciò spiritualmente essenziale, “in verità, in verità vi dico, se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi”. (Giovanni 6:53) Durante l’Ultima Cena, circondato dai suoi discepoli, Gesù comandò loro “Fate questo in memoria di me”. (Luca 22:19)

L’Eucaristia quindi non è un affare solo del prete, che noi semplicemente sosteniamo andando a Messa, ma partecipiamo attivamente con lui, ciascuno secondo la sua vocazione, nelle preghiere, nel canto e nelle risposte. Anche per questo motivo, la responsabilità della Santa Messa è dell’intera comunità e ciascuno è chiamato a fare la sua parte. Sarebbe bello se il nuovo anno diventasse perciò anche un’occasione di riscoperta della bellezza della liturgia e della responsabilità a cui ciascun cristiano è chiamato nella partecipazione assidua e costante alla Santa Messa, almeno quella domenicale e nelle feste di precetto.

Nel 1979, Papa Giovanni Paolo II incoraggiò i sacerdoti nel loro sacro ministero e le sue parole furono straordinariamente previdenti: “pensate ai luoghi dove la gente attende con ansia un Sacerdote, e dove da molti anni, sentendo la mancanza di un tale Sacerdote, non cessa di sperare nella sua presenza. E talvolta accade che si incontrino in un santuario abbandonato, e pongano sull’altare una stola che ancora conservano, e recitino tutte le preghiere della liturgia eucaristica; e poi, nel momento che corrisponde alla transustanziazione, scende su di loro un silenzio profondo, silenzio rotto talvolta da un singhiozzo… tanto ardentemente desiderano ascoltare le parole che solo le labbra di un Sacerdote possono pronunciare efficacemente. Tanto desiderano la Comunione eucaristica, alla quale possono partecipare solo attraverso il ministero di un sacerdote.”

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