La sera dell’1 dicembre del 1955, Rosa Parks tornava nella sua casa di Montgomery (Alabama) dopo una giornata nel grande magazzino dove lavorava come sarta.
Salì sul pullman, ma i posti riservati ai neri erano tutti esauriti. Così si sedette in un posto libero tra quelli comuni che potevano essere occupati sia da neri che da bianchi nel caso quelli delle due diverse aree fossero occupati.
Qualche fermata dopo salì un passeggero bianco al quale, secondo la legge in vigore all’epoca, Rosa avrebbe dovuto cedere il posto. Ma lei non si alzò. Con pacata, ma ferma, determinazione, non lasciò il posto all’uomo bianco. L’autista fermò il bus e chiamò la polizia.
Rosa venne arrestata e accusata di “condotta impropria”.
Venne liberata la sera stessa, su cauzione pagata da un avvocato bianco antirazzista. Il giorno dell’inizio del processo, su iniziativa di un’altra donna nera, Jo Ann Robinson, che stampò clandestinamente dei volantini e li diffuse segretamente anche grazie alla fitta rete di donne attiviste della città, iniziò un clamoroso boicottaggio dei mezzi pubblici da parte di tutta la comunità nera di Montgomery che smise di usarli per 381 giorni.
Il boicottaggio mandò il crisi i trasporti cittadini perché erano soprattutto i neri ad usarli e, quindi, a pagare i biglietti.
Ma nessun nero prese più un pullman per più di un anno.Nel 1956 il processo arrivò alla Corte Suprema. Pronunciandosi sul caso Parks, la Corte decretò che la segregazione dei neri sui pullman dell’Alabama era incostituzionale.
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