“Il futuro sta tutto nelle ginocchia degli dèi”

Credo di aver già scritto in un paio di circostanze che il dibattito su chi sarà il prossimo presidente della Repubblica è completamente inutile. 

I pronostici hanno tutti una caratteristica da molti ignorata: statisticamente non esiste più del 50% delle possibilità che siano azzeccati, percentuale che cala mano mano che aumentano i possibili risultati finali. 

E se calcoliamo che le ipotesi su chi sarà il prossimo presidente sono molteplici, la percentuale si abbassa drasticamente.

Così, chi vuole incamminarsi sulla strada dei pronostici, corre il rischio di fare una figuraccia. Noi che abbiamo letto e studiato l’Illiade e l’Odissea, dovremmo già sapere come andranno le cose.

Leggendo quei due grandi poemi omerici, si impara presto una cosa: i protagonisti di entrambi, rispettivamente Achille e Ulisse hanno un’influenza relativa sugli eventi perché tutto è nelle mani degli dei, i quali si divertono a scompaginare i piani dei protagonisti. 

Non è che Omero creda davvero che Nettuno punisca Ulisse perché ha irriso Polifemo. La morale è molto semplice: si possono perdonare ad un grande condottiero le più inenarrabili nefandezze, l’inganno, il delitto, proprio perché necessarie, ma non la tracotanza. 

L’eccesso quindi irrita gli dei che si vendicano in un modo o nell’altro. 

E dunque, la vera forza di un condottiero non è tanto nelle sue qualità ma nella capacità con cui egli sappia muoversi quando le forze gli sono avverse. 

Di questo, Putin, forte anche della sua passione per il judo, ne ha fatto tesoro. Salito al potere sponsorizzato anche dagli americani, si è rivelato uno degli avversari più ostici dello Zio Sam.

Ma va detto che, punto primo, non aveva centinaia di basi sul proprio territorio e che, punto secondo, aveva un debito pubblico piuttosto basso, oltre ad avere una quantità immensa di materie prime. 

Tutte peculiarità assenti nella politica italiana dove – fatte le dovute proporzioni – sia nei fatti che nella qualità dei protagonisti si assiste ad un fenomeno abbastanza analogo a quello dei poemi omerici: un gruppo di personaggi che si battono per portare avanti le proprie politiche e un gruppo di “dei” (i mercati, i poteri forti stranieri e l’Europa) che sovrintendono le vicende locali, scompaginando i loro piani. 

È inutile di fatto ogni discussione sulla politica nazionale. Vedi Monti, Draghi, la Grecia o per meglio dire, qualsiasi paese che dipenda in un modo o nell’altro da quegli “dei.” 

E l’Italia, avendo un debito pubblico enorme, più di cento basi militari tra la NATO e le basi americane, la magistratura e tanti altri che agiscono esattamente in direzione opposta, si ritrova ad essere una nave completamente ingovernabile dall’interno. 

Se, dunque, per assurdo, il prossimo presidente della Repubblica decidesse di muoversi in opposizione ai poteri, magicamente avremmo una grossa tempesta finanziaria che inizierebbe a scatenarsi contro l’Italia. 

Figuriamoci poi, se quel Presidente si chiamasse Berlusconi, già fatto fuori dai quegli “dei”, altrettanto magicamente le rivolte sociali si scatenerebbero in tutta la loro violenza, i media comincerebbero a fare massicce campagne contro il nuovo Presidente della Repubblica che a quel punto rischierebbe di essere messo fuorigioco da qualche inchiesta giudiziaria.

Chiunque verrà eletto come Presidente della Repubblica ma, in generale, chiunque venga eletto a qualsiasi carica, ha poteri enormi se cavalca le onde dei mari ma non ne ha nessuno se decide di mettervisi contro. Perché sarà sufficiente che i tanti Nettuno attivino i mari che la barca affondi. 

Certamente, se verrà eletto Draghi, avremo come uomo più potente della politica italiana uno che frequenta l’Olimpo internazionale. 

Ma anche quello conta relativamente poco. Perché se Draghi dovesse dare prova di una certa autonomia, anche nei suoi confronti si attiverebbe la macchina infernale che ha già fatto fuori molti altri prima di lui.

Per cambiare davvero qualcosa, bisogna sedersi a tavola con quegli dei, ammesso che sia possibile. 

Un tema che appassionerebbe chiunque voglia scrivere il seguito di un grande poema omerico. Di sicuro non chi, per diletto o mestiere, osserva le vicende italiane.

Non siamo noi a scegliere, ma loro ad imporcelo e comunque vada, noi non contiamo nulla.

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