Dai Somaschi agli Scalabriniani e vice versa

Quest’anno ricorrono i 25 anni della beatificazione di Giovanni Battista Scalabrini. Le tre congregazioni che compongono la Famiglia Scalabriniana hanno invitato la Chiesa a prendere come impegno lo studio della figura del Padre dei Migranti, “farlo conoscere, parlare di lui, raccontare della sua passione affinchéaltri sentano la stessa passione.” 

È quindi accogliendo questo invito che non può mancare una pagina dedicata al filo rosso che collega Giovanni Battista Scalabrini, l’opera dei Missionari di San Carlo e la Congregazione dei Chierici Regolari di Somasca, i “maestri” e gli “studenti” del Vescovo di Piacenza. Fondate a distanza di 350 anni l’una dall’altra, il rapporto tra gli istituti religiosi si intreccia con la vita del giovane e poi Vescovo Scalabrini e due straordinari personaggi, San Luigi Guanella e Don Francesco Zaboglio, tra i maggiori ispiratori della missione di evangelizzazione dei migranti.

Tutto parte dall’adolescenza, dagli “anni lieti” del Pontificio Collegio Gallio di Como. Nel biennio 1859-60, Giovanni Battista Scalabrini ricopre la carica di chierico assistente e prefetto nell’ultima classe del collegio. Gioiello della Congregazione Somasca, la fondazione del Gallio avvenne nel lontano 1583, quando il Cardinale Tolomeo Gallio ottiene da papa Gregorio XIII il permesso di fondare un collegio e lo pone sotto l’amministrazione dei Chierici Regolari di Somasca. I Padri Somaschi, infatti, operavano nell’area sin dai primi tempi della loro fondazione per mano di San Girolamo Emiliani, occupandosi dell’educazione di giovani abbandonati. 

Al Collegio Gallio, si poté ammirare “la qualità della presenza di Scalabrini tra gli appena più giovani collegiali.” Da prefetto, Giovanni Battista di distinse nel guidare con zelo la formazione somasca dei seminaristi, “non solo nell’esercizio di una semplice sorveglianza morale e disciplinare con il dovere di riferire su pietà, studi e condotta, ma la fraterna disponibilità ad ascoltare e farsi guida, ad indirizzare e sostenere, con un’autorevolezza ben maggiore della differenza d’età e tale da svolgere una delicata e sensibile opera di mediazione, ricercata dagli studenti ed apprezzata dai responsabili della formazione.”

In questo contesto, Scalabrini conosce San Luigi Guanella, di cui diviene prefetto, confidente e guida spirituale. Secondo i ricordi dell’epoca, lo studente Guanella, “ebbe la fortuna (la notava) dun piissimo direttore di spirito in don Eugenio Bonoli. Vi si accompagnava con il chierico G. B. Scalabrini, nell’ultimo dei sei anni del Gallio assistente suo e amorevole maestro, privato “nella declamazione oratoria”.

Guanella, il cui pensiero era frutto delle grandi rivoluzioni del suo tempo e che ai somaschi riconosce fino all’ultimo “il grande beneficio della sua educazione,” si mostra particolarmente critico della situazione in cui versavano gli emigrati italiani in partenza per il Nuovo Mondo. Con la pubblicazione degli ‘Ammonimenti’ nel 1872, Guanella aveva aggiunto il suo nome ad un tipo di letteratura allarmistica, che poneva in primo piano la perdita della fede e l’assenza di un’adeguata cura per le anime dei migranti.

Anche per questo motivo, si faceva sempre più evidente l’impulso di Scalabrini per la fondazione di un’opera che potesse evangelizzare quanti lasciavano l’Italia in cerca di nuove opportunità economiche. Bisognava creare un istituto in grado di assicurare che milioni di connazionali fossero tratti in salvo dal “libertinaggio” della società americana. Nel 1887, gli scritti del Vescovo Scalabrini, presero atto che l’emigrazione italiana era inarrestabile. Proponeva quindi un’azione forte della Chiesa e delle diocesi italiane, al fine “di sorreggerla, di illuminarla, di dirigerla coll’opera e col consiglio, affinché torni di vantaggio agli emigranti e di decoro all’Italia nostra.”

Nella fondazione della Congregazione dei Missionari di San Carlo, la più feconda di tutte le iniziative del Beato Scalabrini eletto Vescovo di Piacenza, troviamo ancora una volta un singolare collegamento con i Padri Somaschi. Si tratta di Don Francesco Zaboglio, già discepolo “di Mons Scalabrini nel Seminario di S. Abbondio e assistente del Collegio Gallio”, che in un particolare momento della sua vita viene sospeso da sacerdote diocesano “perché sorpreso in bicicletta nonostante il divieto del vescovo.” Amareggiato per la decisione, decise di aggregarsi ai Padri Somaschi e dedicarsi all’insegnamento, senza però prendere i voti.

Di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti nel 1886, dove ha fatto visita al padre, alla sorella e ad un fratello emigrati a Genoa nel Wisconsin, e altri parenti che si erano stabiliti nel Dakota, Zaboglio incontra Scalabrini a Piacenza per esporre la drammatica situazione in cui si trovano i connazionali. Sarà quindi Zaboglio, un “aggregato somasco”, “ad avere l’idea di un Istituto per i sacerdoti incaricati degli italiani oltre oceano presentato dal secondo [Scalabrini] a Propaganda Fide.”

È Zaboglio a informare Scalabrini delle deplorevoli condizioni sociali e religiose nelle quali versano gli immigrati italiani negli Stati Uniti. Il sacerdote, partito una seconda volta per New York, confida al Vescovo di Piacenza l’urgente necessità di erigere “una istituzione per la loro assistenza e si dichiara disposto ad impegnarsi.” Scalabrini accoglie con interesse la proposta, invitando Zaboglio a scrivere alcuni articoli sull’argomento in seguito pubblicati sul bisettimanale cattolico di Piacenza, ‘l’Amico del popolo.’

Per la Congregazione Scalabriniana, Don Francesco Zaboglio rimane una figura di primissimo piano, “quasi un secondo fondatore.” Principale collaboratore di Scalabrini, viene nominato Segretario generale, primo Vicario generale e Visitatore generale della Congregazione. Apre le missioni di New York e di Boston, dove nota con rammarico come esistano varie faziosità tra i connazionali, “ripartiti tra meridionali e settentrionali”. Viene ricordato come “uomo di profonda spiritualità, dalle grandi intuizioni e geniali realizzazioni.”

In tempi più recenti, infine, il filo tra scalabriniani e somaschi appare quasi per caso. La piccola comunità italiana di Moorebank, a Sydney, la cui celebrazione della Santa Messa domenicale in Italiano venne istituita nel 1976 con lo scalabriniano Padre Francesco Lovatin primo cappellano, ha visto la Congregazione dei Missionari di San Carlo ritirarsi dalla cura pastorale degli italiani nella parrocchia nel 2011. 

Nel 2020, inaspettatamente, sono arrivati a Sydney i Padri Somaschi. I chierici hanno preso in consegna la parrocchia di Moorebank e ogni domenica celebrano la Santa Messa per la comunità italiana. 

E non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che la storia dello Scalabrini, e la sua opera per i migranti è profondamente intrecciata con quella dei Padri Somaschi, tra “maestri” e “alunni,” di una fede che ha bisogno di essere guidata fino alla fine per non rimanere abbandonati.

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