Ondazzurra, il programma culturale radiofonico degli italiani in Nuova Zelanda ha recentemente lanciato un secondo appuntamento podcast nell’ambito del programma “Finalmente Letteratura”, dedicato questa volta ad Italo Calvino.
I conduttori radiofonici Bruno e Matteo hanno del libro ‘I nostri antenati’ pubblicato nel 1960, una trilogia che raccoglie storie scritte nel decennio precedente: ‘Il barone rampante,’ ‘Il Visconte dimezzato’ e ‘Il Cavaliere inesistente.’ Storie che hanno in comune il fatto di essere inverosimili e di svolgersi in epoche e luoghi lontani.
“Raccolgo in questo volume tre storie che hanno in comune il fatto di essere inverosimili e di svolgersi in epoche lontane e in paesi immaginari.
Ho voluto farne una trilogia sul come realizzarsi esseri umani, tre gradi d’approccio alla libertà.
Vorrei che potessero essere guardate come un albero genealogico degli antenati dell’uomo contemporaneo, in cui ogni volto cela qualche tratto delle persone che ci sono intorno, di voi, di me stesso”. – Italo Calvino.
Ognuno dei tre libri nasce da un’immagine ossessiva: un uomo dimezzato, un ragazzo che decide di vivere sugli alberi, un’armatura vuota.
Il “Visconte dimezzato” (1952) narra la bizzarra storia del visconte Medardo di Terralba che, colpito al petto da una cannonata turca, torna a casa diviso in due metà: una cattiva, prepotente ma dotata di inaspettate doti di umorismo e realismo, l’altra gentile, altruista. “Tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti” disse Calvino in un’intervista “tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra.”
Il “Barone Rampante” (1957) racconta di Cosimo Piovasco di Rondò che si rifugia su un albero dal quale non scenderà più.
Cosimo è un ragazzo determinato che con il tempo diventa saggio; un ragazzo sicuro di sé ma anche introverso. La sua scelta di vivere sugli alberi è il bisogno di evadere da una realtà chiusa e mentalità strette. Il romanzo indica che ognuno di noi è artefice del proprio destino e lo forma con costanza e determinazione.
Il “Cavaliere inesistente” (1959) descrive le vicende di Agilulfo, un’armatura che parla e ragiona pur essendo vuota. La bianca armatura di Agilulfo appare come il simbolo dell’uomo moderno, che è talmente in crisi da sembrare privo di identità, quasi inesistente. E’ un’allegoria sulla condizione di incertezza, smarrimento e mancanza di vere sicurezze.
L’evento è stato realizzato grazie al supporto dell’Ambasciata d’Italia a Wellington ed il Ministry for Ethnic Communities della Nuova Zelanda.
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