Il Vangelo di questa terza settimana di Quaresima ci mette davanti al mistero della sofferenza. L’insieme della fede cristiana che costituisce la risposta a tale questione: la bontà della creazione, il dramma del peccato, l’amore paziente di Dio che viene incontro all’uomo con le sue alleanze, con l’incarnazione redentrice del suo Figlio, con il dono dello Spirito, con la convocazione della Chiesa, con la forza dei sacramenti, con la vocazione ad una vita felice, alla quale le creature libere sono invitate a dare il loro consenso, ma alla quale, per un mistero terribile, possono anche sottrarsi.
Non c’è un punto del messaggio cristiano che non sia, per un certo aspetto, una risposta al problema del male… e l’apice è Cristo Gesù (CCC 309).
Non c’è una singola risposta ma tutto è ricapitolato in Cristo Gesù, l’Agnello immolato, che portando ogni sofferenza all’interno del suo rapporto con il Padre, fa sì che questa sofferenza non vada perduta.
Tutto, la sofferenza, la stessa morte, non segna la fine, ma si apre alla vita nuova, alla risurrezione di Cristo, che ha vinto per noi anche la morte. Ecco la risposta definitiva.
Dio non vuole la sofferenza, non l’ha creata, non ha creato la morte che è entrata nel mondo per invidia del demonio, ed Egli per vincerla, in Cristo Gesù, beve con ogni sofferente il calice amarissimo della passione e, così facendo, lo trasforma in un calice di benedizione per tutti.
Come diceva un autore «Dio non è venuto per cancellare la sofferenza. Egli non è venuto neppure per darne la spiegazione, bensì egli è venuto per colmarla della sua presenza» (Paul Claudel).
Mons. Angelo Comastri, vescovo di Loreto, ha raccontato che anni fa, a causa di un banale disguido medico, si è ritrovato quasi in fin di vita per problemi cardiaci; è andato in crisi, cosa che gli ha fatto capire quanta strada ancora doveva fare cristianamente. In quei momenti ha telefonato a madre Teresa di Calcutta, con la quale era in amicizia, per chiederle un qualche conforto. “What wonderful thing!”, “che cosa stupenda!”, è stata la sua risposta. “Madre Teresa, ha capito bene cosa le ho detto? Sto rischiando di morire!”. E lei, ancora: “Sei fortunato: sei così vicino alla croce che Gesù può baciarti senza neanche fare fatica”.
Il Vangelo di questa domenica si sofferma sull’uccisione di alcuni Galilei per ordine di Ponzio Pilato e il crollo di una torre su alcuni passanti.
Di fronte alla facile conclusione di considerare il male come effetto della punizione divina, cosa che ancora oggi spesso si pensa, facendo passare Dio come punitore di peccatori con fulmini e saette.
Gesù restituisce la vera immagine di Dio, che è buono e non può volere il male. Gesù invita a fare una lettura diversa di quei fatti, collocandoli nella prospettiva della conversione.
Certi eventi di sofferenza sono occasione di riflessione e di conversione. Gesù ci invita a saper leggere questi fatti in maniera nuova. Non sono castighi divini, anzi, spesso vengono da un cattivo uso della libertà umana; e se Egli, per un disegno imperscrutabile del suo amore, talora permette che siamo provati dal dolore è per condurci a un bene più grande.
Ma tutto ciò è possibile leggerlo solo con uno sguardo di fede, altrimenti rimane un ostacolo insormontabile, perché a tanta sofferenza spesso non vi è risposta, se non imparare a stare sotto la croce, dove si impara ad amare e a fidarsi di Dio oltre ogni speranza umana.
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