Ad introdurre in Italia la mimosa come fiore simbolo della giornata internazionale della donna dell’8 marzo, sono, in Italia, tre deputate comuniste: Rita Montagnana, Teresa Mattei e Teresa Noce.
Siamo nel 1946, anni in cui i membri del Partito Comunista italiano, hanno guardato al voto alle donne con molto sospetto ma nello stesso tempo, come il maggior numero di voti femminili. Si guarda alle donne non come tali ma con un ragionamento politico Macchiavellico ovvero votano, e rappresentano oltre la metà dell’elettorato.
Occorre corteggiarle, strapparle alle vocazioni clericali e far capire l’importanza del loro valore femminile, si invitano alla vita politica, la mitica Nilde Iotti eletta alla presidenza della Camera!
Ma cosa ci sia dietro questa operazione propagandistica, è facile capirlo, tornando alle donne citate. La prima è Rita Montagnana, un’ebrea piemontese, cofondatrice del PCI e, con la Merlin ed altre, dell’UDI, l’Unione delle donne italiane. Rita, prima socialista poi comunista, sposa, nel 1924, Palmiro Togliatti, capo indiscusso, del PCI.
Nel 1946 il partito la fa eleggere, insieme ad altre 7 donne, come membro dell’Assemblea Costituente, proprio durante i lavori della Costituente Togliatti comincia una relazione con Nilde Iotti.
La conseguenza è presto evidente, la Montagnana, che pure ha una storia lunga e gloriosa nel partito, e che poco prima di essere lasciata si batte pubblicamente contro il divorzio”, viene emarginata, mentre comincia l’ascesa irresistibile dell’amante del capo: la già citata Nilde Iotti.
La Iotti, 27 anni più giovane di Togliatti, iscritta al partito fascista dal 5 ottobre 1942 e a quello comunista circa un anno dopo, cioè dopo 8 settembre 1943, è destinata ad un posto in Parlamento a vita, dal 1948 al 1999, l’anno della morte!
Come se non bastasse, nel cuore di questa triste storia, in cui moglie o amante sono quasi proprietà obbediente del partito e del capo, si colloca un altro fattaccio: nell’intermezzo tra l’inizio della relazione con la Iotti e la pubblicizzazione dell’evento, Togliatti, che non vuole apparire come il vecchio che ama godersi la vita con una donna molto più giovane, dopo aver scaricato una militante storica come la Montagnana, spinge la Iotti ad abortire, ad eliminare il frutto, già visibile, della loro relazione. La Iotti obbedisce, come obbedirà al comando di non avere figli, neppure in futuro.
Non è altrettanto docile, invece, Teresa Mattei, dirigente dell’UDI. Anche con lei, come con la Montagnana e la Iotti, Palmiro, che ne ha subito il fascino prima della relazione con la Iotti dimostra la considerazione che ha della libertà e della dignità delle donne.
A 25 anni la Mattei, che può contare sull’appoggio dell’amante, Bruno Sanguinetti, figlio del proprietario dell’industria alimentare Arrigoni, membro e generoso finanziatore del PCI, è la più giovane eletta alla Costituente: ma dopo un’iniziale collaborazione con Togliatti, entra in scontro con il segretario del partito, che la definisce, più o meno scherzosamente, “maledetta anarchica”.
Nel PCI, per una donna che non obbedisce prontamente, che non accetta di pronunciare nei comizi, discorsi già scritti da altri, non c’è futuro. Tanto più che durante i lavori della Costituente la Mattei rimane incinta di Bruno Sanguinetti, che ha abbandonato la moglie.
Il fatto può suscitare scandalo, e quindi Togliatti, fedele alla sua linea, invita Teresa ad abortire: “Togliatti – racconterà lei stessa – voleva farmi abortire per timore dello scandalo, ma io quel bambino lo volevo”.
Un po’ perché in scontro con il leader del partito, un po’ perché rivale della Iotti, un po’ perché aspetta il suo primo figlio (che nascerà il 16 luglio 1948), fatto sta che la Mattei non é candida alle elezioni del 18 aprile 1948: tanto veloce l’ascesa, altrettanto rapida l’archiviazione. Verrà definitivamente espulsa dal PCI nel 1955, per “indegnità morale e politica”, causa il suo manifesto dissenso verso la politica stalinista portata avanti dal Partito e dal segretario Togliatti.
Teresa Noce, militante di vecchia data come la Montagnana, è nel PSI già nel 1919 ed entra subito nel PCI dalla nascita; è moglie fedele di Luigi Longo, il vice di Togliatti, che è anche capo del Comitato Direttivo di supervisione dell’UDI.
Anche in questo caso si ripete la coppia marito-moglie: tutti e due nella Costituente nel 1946, ed entrambi insieme in Parlamento nel 1948. Ma Longo, che verrà eletto successore di Togliatti alla guida del partito alla morte di quest’ultimo, nel 1964, ci rimarrà sino alla morte, cioè fino al 16 ottobre 1980!
Teresa Noce, invece, no: dopo due legislature la sua carriera politica finisce. Accade infatti che Longo, che già l’ha tradita mentre lei era nel campo di concentramento in Germania, si accompagna con la più avvenente Bruna Conti.
Nel 1953 Teresa legge sul Corriere della Sera un trafiletto in cui si dice che Longo ha ottenuto il divorzio, non in Italia, dove non è previsto, ma a San Marino. Ingenuamente crede che non sia vero, e scrive di getto una smentita pubblica: scopre così che è tutto vero e che il marito ha persino falsificato la sua firma.
Dopo questo incidente, e dopo che Togliatti la insulta per essere ricorsa alla “stampa borghese”, la carriera politica della Noce è terminata: a breve arriverà l’espulsione dal comitato centrale del partito e Teresa non verrà più ricandidata perché i comunisti del tempo fanno fiera professione pubblica di femminismo, ma amano le mogli obbedienti: le premiano, portandole con sé in parlamento, ed indicandole come esempi di donne “emancipate”… ma quando disobbediscono, allora diventano pericolose nemiche del partito, e la loro carriera va prontamente fermata!
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