Il Sacrificio della santa Messa, perché?

 Per Tommaso d’Aquino il maestro di tutti i teologi il miracolo dell’Eucarestia è perfino più grande del miracolo della Passione Morte e Risurrezione di Gesù essendo un miracolo senza fine.

La liturgia ruota intorno alla santa Messa e la santa Messa ruota intorno al Sacrificio Eucaristico. Ma che cos’è, esattamente, il Sacrificio Eucaristico? È il sacrificio di riparazione che gli uomini offrono a Dio, per espiare le conseguenze dei loro peccati particolari e anche le conseguenze del Peccato originale. Tuttavia, non esiste alcun sacrificio umano che possa soddisfare all’enormità dello scopo: le colpe degli uomini, davanti a Dio, sono tali che essi, da soli, non se ne possono giustificare. 

È quindi necessario che offrano qualcosa di assai più grande, di assai più prezioso di qualsiasi sacrificio possa venire da loro stessi: e ciò è appunto il Sacrifico eucaristico. Nel Sacrificio eucaristico, essi offrono al Padre il Sacrificio del suo stesso Figlio: e il Figlio accetta di rinnovare incessantemente il proprio Sacrificio, già consumato sul legno della croce, ogni volta che un sacerdote celebra la santa Messa, fosse pure davanti a due fedeli, a un solo fedele, e persino senza la presenza di alcun fedele, anche da solo: perché quando il sacerdote, nel corso della santa Messa, invoca la Presenza Reale nel pane e nel vino, questi diventano la Carne e il Sangue di Cristo, e il divino Sacrificio di quel giorno, a Gerusalemme, giorno buio, avvolto dalle tenebre, in cui si consuma il peccato più orrendo, ma anche giorno di salvezza che prepara la Redenzione finale e la vittoria sul male, si rinnova. 

E questo rinnovarsi continuo, miracoloso, inesauribile, del Sacrificio di Cristo, questo mistero abissale, questo atto d’amore infinito, è ciò che ha fatto scrivere a san Tommaso d’Aquino, il maestro di tutti i teologi, che il miracolo dell’Eucarestia è perfino più grande del miracolo della Passione, Morte e della Risurrezione di Gesù, al termine della sua missione terrena: perché esso ebbe luogo una volta sola, mentre l’Eucarestia è un miracolo che si rinnova senza fine e che sempre proseguirà, fino a quando ci sarà anche un solo sacerdote in tutto il mondo a celebrarlo.

La banalizzazione liturgica del Sacrificio eucaristico è una delle forme più esplicite e sconcertanti della desacralizzazione della fede cattolica cui stiamo assistendo nel corso degli ultimi decenni, cioè dopo il Concilio Vaticano II e la riforma liturgica, in realtà una rivoluzione liturgica, diretta e firmata dall’arcivescovo massone Annibale Bugnini. 

E poiché il Sacrificio eucaristico è il cuore della Messa, banalizzare e desacralizzare quel momento equivale a smantellare tutta la Messa e colpire al cuore la fede cattolica. Mi sia permesso, a questo punto, un ricordo personale che varrà a chiarire meglio il senso del discorso. Poco dopo la prima Comunione, durante una funzione pomeridiana, un anziano prelato, non ricordo se il vescovo o un vescovo emerito, somministrava a noi bambini la santa Eucarestia. 

L’emozione mi giocò un brutto scherzo e, accostando incerto le labbra alla sua mano, mi lasciai sfuggire la particola dalle labbra, ed essa cadde a terra. Il mio istinto fu quello di chinarmi a raccoglierla, sia per rimediare al guaio da me causato, sia perché, intuitivamente, non mi pareva giusto che quell’uomo venerando dovesse piegare la schiena a causa di una mia goffaggine. Ma lui, con gesto fermo e deciso, mi fece intendere di restare lì, fermo; che ci avrebbe pensato lui. 

Nessun rimprovero, nessuna occhiataccia; egli si abbassò fino a terra, raccolse l’ostia con gesto composto, quasi solenne, e poi mi diede la Comunione, e i miei compagni la ricevettero dopo di me. 

Nessuno mi parlò più del piccolo incidente, né allora, né in seguito; io, però, non l’ho mai scordato. Non ricordo tutti i particolari; non ricordo se mi diede proprio la particola raccolta da terra, o se la mise da parte (ma dove, poi?), o la posò insieme alle altre; è molto probabile che non si sia preoccupato dell’igiene, mentre era evidente la sua preoccupazione per la santità dell’atto liturgico e il suo timore che fosse profanato, sia pure involontariamente.

Per difendere quel Corpo, san Tarcisio – è ancora un ricordo dell’infanzia, un racconto del sacerdote che ci impartiva le lezioni di catechismo – ha preferito lasciarsi ammazzare, piuttosto che consegnarlo ai pagani. Perché la Messa è questo: il rinnovarsi del Sacrificio di Cristo, fatto per amor nostro. Dunque, noi non offriamo qualcosa che è nostro, ma qualcosa che è Suo: noi offriamo al Padre il Corpo di Suo Figlio, e poi ce ne comunichiamo. (Francesco Lamendola)

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