Un caldo mattino del 2012 Valerio, accompagnato dall’amico Ernesto Locatelli, lascia l’Australia per tornare a vivere permanentemente nel suo paese natale, in provincia di Bergamo.
Ma non è stato facile tornare al paesello, perché oltre quindici lunghi mesi sono stati necessari per “liberarlo” da una casa di riposo dove egli si sentiva “segregato”.
Questa storia ha dell’assurdo, ma è più frequente di quanto si possa pensare.
Un giovane arriva come immigrato in Australia, lavora tutta la vita, può trovarsi nei guai e nessuno gli dà una mano per uscirne. Anzi, vieni affidato ad istituzioni “no profit” solo di nome ed enti governativi decidono il suo futuro.
Dal suo racconto biografico, sappiamo che Valerio giunge a Melbourne con la nave “Aurelia” all’inizio del 1961, quando ha ventuno anni esatti.
Per oltre trent’anni lavora presso la Transfield, nelle squadre che montano i grandi tralicci elettrici per l’alta tensione.
Per certi lavori, capita che egli resti lontano dalla moglie e dal figlio per lunghi mesi, ma può inviare cospicue somme di denaro alla famiglia seppure, al suo ritorno, non trova mai dei risparmi messi da parte, neppure un centesimo.
Come per ogni italiano, il suo sogno è quello di comprare una casa ma la moglie, di nazionalità diversa dalla sua, piuttosto che un tetto proprio, preferisce condurre una vita agiata.
Dopo un brutto incidente sul lavoro, a 56 anni, Valerio è costretto alla pensione di disabilità e… da tale momento inizia il suo calvario.
La pensione risulta una miseria in confronto alla paga che guadagnava lavorando e, per la moglie, il marito non risulta più la gallina dalle uova d’oro; pertanto, senza alcuno scrupolo, lo allontana da casa invitandolo ad andare a lavorare con il fratello, cognato di Valerio, in una città vicina al confine con il Queensland e adiacente al sobborgo della Gold Coast.
Per il nuovo lavoro, Valerio è ricompensato con un letto e un po’ di cibo, senza alcuno stipendio.
Nonostante tutto, riesce a risparmiare una bella sommetta dalla sua pensione e, nonostante precedentemente abbia nascosto un po’ di risparmi, come suol dirsi sotto il materasso, i soldi non si trovano più: sono spariti.
Non sapendo chi accusare e rimasto senza un soldo dei risparmi, Valerio crede di poter rimediare facendo ritorno a casa sua ma…
La sua pur legittima moglie rifiuta d’incontrarlo. Nell’immediatezza, Valerio è ospitato dal loro unico figlio ma l’intruso, si sa, non è mai gradito e in tal caso è la compagna del figlio che non vuole legami a tempo indeterminato.
Per brevi periodi di tempo, trova ospitalità presso alcuni amici e conoscenti ma, ad un certo momento, Valerio è stanco di fare l’ebreo errante e dice basta a se stesso; così, al termine di queste brevi esperienze, si trova solo e senza casa.
Comincia così, per Valerio, una vita sconosciuta: trascorre le giornate nei parchi pubblici e alla sera cerca qualche rifugio di fortuna per dormire.
La noia e la delusione lo inducono a bere e fumare, così… per non pensare, per distrarsi, per non piangersi addosso mentre il vizio, subdolo come sempre, sta sperperando i pochi soldi della sua pensione e gli sta inquinando tutte le vie respiratorie e la salute in generale.
Un pomeriggio, mentre Valerio sta giacendo incosciente sul prato di Bigge Park di Liverpool, un certo signor Scotty lo nota: commosso, si avvicina, lo aiuta a rialzarsi, lo sostiene finchè Valerio prova a reggersi sulle sue gambe; insieme si avviano… Chissà se il signor Scotty è uscito dal Vangelo di Luca per fare il buon Samaritano… Fatto sta che lo conduce fino al suo appartamento, lo aiuta a farsi la doccia, gli fa indossare abiti puliti, gli offre la cena ed un letto.
Il giorno successivo, il buon Samaritano gli procura un alloggio nello stesso palazzo, in un appartamento dove vivono tre uomini soli.
Ogni giorno, al ritorno dal suo lavoro, Scotty va a visitarlo, sempre.
Per circostanze mai chiarite, nell’anno 2010, nell’appartamento si sviluppa un incendio e Valerio, in coma, è ricoverato presso il Royal North Shore Hospital di Sydney: presenta numerose ustioni in molte parti del corpo e perde la vista dell’occhio sinistro.
Successivamente, dimesso dall’ospedale sotto la protezione del Guardianship Tribunal, Valerio è assegnato ospite in una casa di riposo.
Corre l’anno 2011.
Gradualmente, Valerio recupera molto bene fisicamente: è autosufficiente per alzarsi dal letto, vestirsi, curare la sua persona, mangiare ma, psicologicamente, appare ancora un po’ frastornato.
Nel ruolo di suo caro amico di sempre, riprendo i contatti e inizio a farlo uscire quasi ogni giorno; così, in breve tempo, i risultati sono visibilmente eccezionali.
Noi due, Valerio ed Ernesto, ancora insieme nel tempo e nello spazio, spesso ci rechiamo negli Shopping Centre e cominciamo a frequentare i Club italiani, soprattutto il Club Marconi.
Da amici riceviamo inviti a pranzo nei vari ristoranti. Spesso Valerio pranza o cena a casa mia da dove, liberamente, può telefonare ai suoi fratelli che io, già precedentemente, sono riuscito a rintracciare.
Per le feste natalizie, è invitato a turno dai miei cinque figli. Questo nuovo stile di vita lo rigenera e, pur rimanendogli qualche disabilità, è da considerarsi una persona normale e ritengo che sarebbe stato dannoso, per la sua salute fisica e mentale, se avesse continuato a vivere nella casa di riposo.
Nel primo periodo dell’anno 2012, dietro mio invito, giunge in Australia la cognata, Lorena, con l’obbiettivo di riportare Valerio in Italia.
Ma, per ottenere il permesso di lasciare l’Australia, occorre il parere positivo del Public Guardian che si oppone adducendo motivazioni poco plausibili.
La pratica burocratica minaccia di andare per le lunghe ma Valerio e Lorena sono ospitati dal loro compaesano e amico d’infanzia di Valerio, Ernesto Locatelli che offre di ospitarli per tutto il tempo necessario al loro ritorno in terra madre.
Sia Ernesto che Loredana si prendono cura amorevolmente di Valerio e lo accompagnano giornalmente a camminare, gli preparano cibo genuino e lo fanno visitare da alcuni dottori specialisti.
A seguito, chiedono una nuova valutazione delle condizioni psiche e fisiche di Valerio e così, ufficialmente, il risultato è che non è più un disabile ma è “soggetto autosufficiente”.
Termina, finalmente, l’obbligo di segregazione nella casa di riposo e Valerio può prendere residenza nella casa del generoso amico Ernesto.
Ma gli intoppi non si esauriscono qui perchè, per tornare in Italia, occorre un passaporto, vera impresa per ottenere dall’Ufficio Immigrazione la copia del certificato di cittadinanza che Valerio ha smarrito non si sa quando, ma detto certificato è necessario per ottenere il passaporto.
Dopo numerose lettere inviate a molti uffici governativi, Valerio è diffidato e minacciato d’imprigionamento perché nella pratica inoltrata ha fatto i nomi di alcuni funzionari responsabili che, per legge, non vanno menzionati.
Finalmente, a metà anno 2012, arriva la lettera ufficiale tanto attesa: “Valerio può ritornare a vivere permanentemente in Italia”.
Superfluo sottolineare che da tutta la pratica emergano sia cinismo negli uffici australiani, sia tanta falsità, ipocrisia ed opportunismo nei cosiddetti organi rappresentativi degli italiani all’estero perché rivelatisi del tutto “inutili” al rimpatrio di un Italiano nella Terra di navigatori, santi, poeti.
Da amico vero di Valerio, Ernesto Locatelli è costretto a “dimettersi”, da volontario, da un’associazione assistenziale perché, secondo alcuni componenti, avrebbe dovuto abbandonare Valerio al suo destino per non creare fastidi, sia alla casa di riposo che all’associazione in quanto avrebbero visto compromessi i finanziamenti che ricevono dal governo australiano.
Ma, per una volta almeno, la tragedia si trasforma in favola e in una calda giornata estiva del 2012, finalmente, Valerio può lasciare l’Australia, accompagnato dall’amico Ernesto Locatelli.
Ritornerà a vivere permanentemente nel suo paese natale, in provincia di Bergamo.
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