Il buco, la spada e l’asino di Buridano

“Il buco e la spada – scriveva Giuseppe Bertollini su Settegiorni – sia ben chiaro, non è una commedia da oratorio parrocchiale o da saggio artistico di educandati femminili. È indubbiamente un lavoro che una saggia censura classificherebbe per adulti soprattutto per lo spregiudicato realismo dei dialoghi”.

La diatriba era iniziata mesi prima quando, Bertollini aveva pensato bene di inserire un disegno umoristico di Guercino su Settegiorni, il parente povero dei settimanali in lingua italiana a Sydney. La vignetta, rappresentava la caricatura del Presidente della Società Dante Alighieri che si considerava l’unico promulgatore della Cultura Italiana in Australia.

A dire il vero, c’era un altro “dio” della carta stampata, ma quello salì in cattedra entrando in azione dopo, un po’ come fece Maramaldo cercando di uccidere l’uomo morto.

Forse c’erano altri che volevano mettere il proverbiale bastone tra le ruote alla nuova compagnia teatrale il “Gruppo”, ma questo non lo ricordo… ma ricordo bene l’appetito, per non dire la fame. Ricordo anche che Padre Nevio ci aveva concesso la sala parrocchiale per fare le prove ma… non ci aveva mai invitati a pranzo… e nemmeno a cena.

E mentre le prove continuavano, lo stomaco cominciava a protestare.Di questo passo – penso tra me e me – non troveremo nemmeno un fish & chips aperto.
– A salvare la situazione ci pensa Ezio:

Aurelia ci cucinerà gli spaghetti aglio e olio…

– A quest’ora? Prima che arriveremo a Double Bay, sarà mattina.

– Allora vuol dire che faremo colazione con spaghetti aglio e olio – conclude filosoficamente Ezio.

Ezio è il perfezionista del “Gruppo”. A volte un po’ pignolo, altre pedante, ma ha una moglie, Aurelia, che cucina i migliori spaghetti, aglio e olio, di tutta Sydney.

Bruno è regista, scenografo, direttore e dittatore del “Gruppo”. In passato aveva già diretto per la defunta Compagnia Teatrale Italiana e aveva riscosso molti elogi dalla stampa locale, sia dalla Fiamma, sia da Settegiorni.

Ma questa volta c’è un ostacolo ha sbarrare la strada del piccolo “gruppo di amici” che vorrebbe “solo” fare teatro. Per il direttore del giornale, ex cappuccino, non è possibile che si possa rappresentare una commedia al di fuori dagli schemi tradizionali.

Il teatro è arte ma, ovviamente, ma il pezzo scelto non era arte. Così parlò Catone il Censore, pardon, il Direttore: “Il governo laburista favorisce queste iniziative che hanno, tra le altre dichiarate finalità, quella di restituire all’immigrato l’identità e la dignità delle sue origini. Ma bisognerà stare attenti a non sprecare questo clima e queste occasioni favorevoli e lavorare per pianificare una politica culturale che colmi, adagio adagio, i vuoti e risponda alla realtà e ad elementari esigenze popolari”.

Che tradotto in parole semplici significa: Andateci piano, voi giovani ignoranti, che il diritto di dire all’emigrato cosa deve dire, cosa deve fare e come deve pensare, spetta a me, giudice unico e sostenitore del Partito Laburista… tanto generoso ad elargire contributi.

Altrimenti, guai a voi!

– Generoso non direi – specificò Ezio – al massimo, se va bene, paga l’affitto del teatro. Domani risponderò con una lettera al Direttore. Come si fa a scrivere in prima pagina che “La scelta di un testo, che non tenga conto della situazione culturale-antropologica o cerchi addirittura polemicamente di imporre un gusto o una nuova moda e di snobbare lo spettatore, merita la più severa disapprovazione”.

– Ma di cosa sta parlando? – chiede Fernando che, sornione, sta ripassando il copione.

– Sta dicendoci che avremmo fatto meglio a recitare Pirandello… qualche commedia di Pirandello, non tutte perché anche lui, a volte, va giù di brutto.

– Stai a vedere che dobbiamo chiedere alla Fiamma quale commedia rappresentare perché loro sono gli unici rappresentanti della cultura-antropologica…

– Senti, senti – continua imperterrito Annibale nella lettura di Settegiorni – “regia di Bruno Buttini, scenografia ed effetti speciali di Franco Baldi, interpreti Mariella Rota, Fernando Saitta e Annibale Migliucci”.

– Effetti speciali – borbotto – quelli li ha fatti Bruno facendo recitare Mario Tagliaferri con la voce fuori campo a pancia in giù… giusto per ottenere un timbro di voce romanesco-cardinalizio.

– Per non menzionare la colonna sonora musicale – ribatte Bruno – che proviene dal disco che abbiamo rubato a casa di Irene…

– Rubato… preso a prestito, vuoi dire! – ribatto subito – Il tempo di registrarlo e glielo ritorno senza che nemmeno se ne accorga.

– Però Bertollini è con noi – specifica Annibale che sta sfogliando Settegiorni – Sentite cosa scrive: “Una commedia brillante e di notevole impegno di Nicola Manzari, autore che ha riscosso grande successo in tutta Italia”.

– In Italia – commento io – ma qui siamo in Australia, terra di emigranti analfabeti, dove l’unico che sa leggere e scrivere è il Direttore.

– Forse sa scrivere, ma non certamene leggere, altrimenti si sarebbe documentato sulla stampa Nazionale e, finalmente, si sarebbe reso conto che il teatro medievale è leggermente superato… “Bisogna plaudire ai tentativi, che sorgono da più parti, di dare un contenuto diverso alle manifestazioni comunitarie.

Ad esempio, bisogna ringraziare gli amici di Melbourne e di Sydney che portano in scena il teatro italiano con impegno e capacità sorprendenti. Se si mette troppa carne al fuoco, si rischia di finire come il povero asino di Buridano che muore indeciso se ha più fame o più sete”.

– Io lo so benissimo. Ho fame!

– Ho sentito voci – entra in scena Luisa – che danno per pornografico il lavoro di Manzari. Pensate che dal pulpito di Marrayong si è giunti a sconsigliare i potenziali spettatori, più timidi e timorati, di andare a vedere “Il buco e la spada”.

– Faccio osservare – taglia corto Bruno – che siamo qui per fare le prove e che la commedia si chiama “Il buco e la spada” non “le allegre comari di Windsor”.

– Faccio osservare – ribatto – che Ezio ci ha invitati a cena. Ormai ciò che sappiamo deve bastare e domani si andrà in scena… quindi, meglio chiudere baracca e burattini, buttare la Fiamma nel cestino, incorniciare Settegiorni e… tutti da “zia” Aurelia pronta con i suoi spaghetti aglio e olio…

– E peperoncino – conclude Ezio a sigillo della “impegnata conversazione”.

Da Surry Hills a Double Bay non ci vuole molto, specie a quell’ora della notte e con la mia Ford V8 che ha i freni in pessime condizioni.

Aurelia ci aspetta e nel breve tempo in cui l’acqua comincia a bollire nella pentola, Ezio ha battuto a macchina la sua lettera al Direttore: “Caro direttore, abbiamo letto il tuo editoriale di lunedì scorso e ti preghiamo di scusarci. Chiediamo venia: siamo giovani, irruenti, precipitosi e spesso facciamo le cose senza pensarci sopra troppo, senza… pianificare. Il fatto è che noi non sappiamo se abbiamo fatto bene o male, siamo partiti da una premessa diversa da quella che tu, e chissà quanti altri, pensi debba orientare la nostra azione. Noi siamo partiti con l’intenzione di fare del teatro”. Nemmeno il tempo di digerire gli spaghetti che l’editoriale del bisettimanale, dalla prima pagina, risponde:

“Accetto le vostre scuse e la spiegazione che siete giovani, irruenti, precipitosi e che fate le cose senza pensarci troppo. Se però, come dite, volete aiutare la comunità italiana, ho l’impressione che dobbiate battere altre strade. Altrimenti, mi sa che critiche favorevoli e repliche a grande richiesta ne avrete pochine”.

– Non ha capito il mio sarcasmo! – esclama deluso Ezio.

– L’ha capito, l’ha capito… – ribatte Bruno – ha capito anche che ci sta facendo pubblicità. Se la scelta della commedia è così sbagliata, come ha scritto il suo giornale, con tanto parlare non fa altro che indurre la gente a venire a vederci: se non altro per curiosità.

Perfino il corregionale Giuliano dalla sua colonna “Su e giù” entra nella conversazione: “Il debutto del Gruppo con Il buco e la spada ha suscitato polemiche. I puri dell’arte che fanno colazione con due versi di Dante (nessuna relazione con l’omonima società né con l’olio d’oliva che lo ha adottato come marchio di fabbrica), pranzo con un piattino di Leopardi, cena con due paginette di Manzoni, hanno gridato vendetta. I semplici, si sono fatti un paio di risate lamentandosi soltanto del prezzo del biglietto”

– Sottolinea il caro prezzo del biglietto di tre dollari? Proprio lui a cui abbiamo mandato il biglietto d’ingresso omaggio?

– Va be’ – concludo – se viene a vederci, almeno uno spettatore ce l’avremo… e domani si andrà in scena!

L’indomani arrivò e venne il pubblico delle grandi occasioni.

Mai visti così tanti spettatori ad una rappresentazione teatrale italiana, in Australia. La pubblicità gratuita della “Fiamma” aveva fatto il suo effetto. Abbiamo dovuto fare repliche e, perfino, una trasferta su richiesta in quel di Canberra.

Ma le polemiche non cessarono e la recita in programma al Fogolar Furlan fu cancellata. Pare che alcuni dirigenti, prendendo come Vangelo le parole del direttore che volle salvare il livello culturale-antropologico della comunità, ritenessero la commedia troppo spinta per le caste orecchie dei friulani. Ma l’aspetto più sconcertante della vicenda fu costituito dal fatto che detti dirigenti avessero motivato ai soci la cancellazione con un non meglio identificato motivo tecnico.

Le rappresentazioni furono copiose e sempre bene accette, con calorosi applausi. Alla “prima” il suggeritore Ezio Scimone si trovò al buio a causa della lampadina fulminata dentro la buca del suggeritore ma, anche senza imbeccate, la commedia filò dritta come gli spaghetti aglio e olio di “zia” Aurelia.

Ma la storia ci racconta che quella fu la prima e l’ultima rappresentazione del “Gruppo”. Quelli furono i primi e gli ultimi contributi che “Australian Council for the Arts” ci concesse. E quella fu l’ultima volta che Bruno Buttini diresse una commedia teatrale.

Non credo fosse un atto di protesta, ma un insieme di situazioni. Non trascurabile, la situazione finanziaria… e si sa, senza soldi, non si canta messa. Potrei puntare il dito… ma la vita continua.
Molti anni dopo Annibale Migliucci resuscitò la Compagnia Teatrale Italiana e continuò a portare in scena, almeno una volta all’anno, commedie che, con buon successo, gli fruttarono perfino il titolo di Cavaliere.

Bruno continuò a stampare nella sua “Padana” e, a tempo perso, a produrre scenografie e ad elargire consigli e critiche ai nuovi aspiranti attori. Ricoprì, anche, l’incarico onorario a vita di Presidente della “gloriosa” Compagnia Teatrale Italiana.

Da parte mia, ho continuato a collaborare, fotografare, videografare per i posteri e, perfino, a dirigere la commedia “I due Gemelli Veneziani” nel duecentesimo anniversario della morte di Carlo Goldoni… grazie ad un generoso contributo del Consolato Generale d’Italia a Sydney che, in quegli anni, aiutava finanziariamente chi voleva fare qualcosa di culturale.

Peccato che tale tradizione sia stata abbandonata.

In conclusione, per chi non avesse avuto la gioia e l’onore di assistere a detta coraggiosa e innovativa commedia, cito testualmente l’editoriale di Giuseppe Bertollini sulle pagine di Settegiorni:

“Gli interpreti tutti e tre hanno superato brillantemente la prova costituita dai rispettivi personaggi difficili.

Fernando Saitta, poco impegnato nelle precedenti recite della Compagnia, è stato la rivelazione della serata: la sua recitazione è stata pacata e centrata, diremo aristocratica, per associazione al personaggio del principe Quirico.

Annibale Migliucci ha smentito, nella parte del “designer arrivista” quanti gli attribuivano una certa tendenza a strafare ed è entrato nel suo personaggio rendendolo credibile con un particolare senso di equilibrio e misura.

L’esordiente Mariella Rota, Willy, forse ha avuto il compito più difficile e gravoso, assolto con disinvolta bravura. Divertente la voce romanesca di Mario Tagliaferri, lo zio Cardinale.

Efficacissime, quasi tentati da dire determinati, le scene e gli effetti sonori curati da Franco Baldi e dal regista Bruno Buttini. Quest’ultimo, è il caso di dire, ha offerto un messaggio di regia eccellente, attenta e professionale. Con “Il buco e la spada” il “Gruppo” ha vinto la sfida che aveva rivolto più a sè stesso che a certi critici contrari per partito preso. Il pubblico ha festeggiato la rappresentazione con sincerità e calore”.

Resta ancora un po’ di spazio, sufficiente per augurare al nostro “capocomico” Annibale Migliucci un felice compleanno. E tanti, tanti ancora!

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