Giorno della Memoria

Era il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivano vicino alla città polacca di Auschwitz e scoprirono il campo di concentramento nazista. Un campo di concentramento e sterminio in cui i soldati russi trovarono i circa 7.000 prigionieri che erano stati lasciati nel campo dai tedeschi che si erano dati alla fuga. Tra questi, molti erano bambini e una cinquantina aveva meno di otto anni. Secondo i dati rilasciati dopo il processo di Norimberga, 5.700.000 furono i morti. Si è trattato di un genocidio, la cui cronaca ci dice che ad Auschwitz morirono più persone che in qualsiasi altro campo di concentramento.

Il termine Shoah

La parola Shoah indica lo sterminio degli ebrei da parte della Germania nazista e dei suoi alleati. In lingua ebraica significa “tempesta devastante” e viene presa in prestito dalla Bibbia, dove è presente nel libro di Isaia (47, 11). La parola Shoah definiva un sacrificio che poteva (e doveva) essere evitato. Per questo motivo, in Germania nel 1996 e in Italia nel 2000, i Parlamenti hanno votato per la creazione del Giorno della Memoria, indetta proprio per il 27 gennaio. Sulla scia di questo, poi, nel 2005 le Nazioni Unite hanno proclamato una giornata di lutto internazionale, confermando proprio la data della liberazione del campo di Auschwitz.

L’insegnamento di Primo Levi

Così, proprio come affermava Primo Levi nel suo romanzo Se questo è un uomo, il nostro compito oggi è quello di conoscere, prima di tutto, e poi ricordare. “Se comprendere è impossibile – dice l’autore – conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.

Il Giorno della Memoria in Italia

In Italia la Giornata della Memoria (o Giorno della Memoria) è stata istituita con la legge del 20 luglio 2000. Il tutto, si legge nel decreto, al fine di ricordare la Shoah, ma anche “le leggi razziali approvate sotto il fascismo, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, tutti gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte. E tutti coloro che si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

International Holocaust Remembrance Day

A Sydney, il Giorno della Memoria è stato ricordato in una cerimonia organizzata dell’Istituto Italiano di Cultura in collaborazione con The Great Synagogue, situata in Castlereagh Street, in città, di fronte a Hyde Park.

Ad accogliere gli intervenuti il Rabbino capo e primo celebrante Benjamin Elton e il nuovo direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Sydney, Paolo Barlera.

Dopo un breve saluto da parte del direttore Barlera è seguito lo svolgimento dell’evento, suddiviso in due parti: durante la prima l’attore Nino Lo Giudice ha letto alcuni brani in inglese tratti dagli scritti di Hannah Arendt e alcune rime di Primo Levi tratte da Il demone occasionale nella traduzione curata da Marco Sonzogni e Harry Thomas.

Alla lettura è seguito il rito tradizionale ebraico del venerdì sera, officiato dai Rabbini Benjamin Elton e Menachem Feldman.

Interessante e commovente cerimonia, grazie all’Istituto Italiano di Cultura di Sydney che, con la collaborazione della Grande Sinagoga, ha presentato un programma di grande interesse e culturalmente ineccepibile. L’evento avrebbe meritato un’affluenza maggiore, ma ha dimostrato, come se ce ne fosse bisogno, la pochezza della nostra comunità quando di tratta di partecipare ad eventi culturali e commemorativi.

Sapevo dell’evento tramite la “newsletter” dell’Istituto e, forse, come editore, avrei dovuto fare qualcosa di più. Si pubblicano tanti articoli o riempitivi per chiudere il giornale, ma non mi è balenato alla mente di inserire la pubblicità all’evento. Per questo me ne scuso con il Direttore dell’Istituto e rinnovo la mia piena disponibilità sia a pubblicizzare eventi culturali che commentarli una volta presentati.

Questo è il ruolo di un giornale comunitario e non ci sono scuse che tengono, la cultura è l’unica arma per combattere l’ignoranza, l’apatia e il disinteresse della comunità. Non sarà facile, ma è nostro dovere provarci ed elogiare chi fa questo più per credo che non per professione.

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