In occasione dell’Australia Day, eravamo abituati, ogni anno, a vedere numerosi connazionali elencati nelle liste dell’Ordine d’Australia pubblicate dal Governatore Generale per il loro distinto servizio alla comunità italiana.
Quest’anno, la lista dei premiati ha annoverato soltanto due personalità, George Belperio e Nicola Minicozzi, entrambi provenienti dal South Australia. Nelle più significative comunità del Victoria e del New South Wales, ci si chiede se siamo giunti a un punto così basso da non meritare il giusto riconoscimento per altri meritevoli impegnati nel servizio alla comunità. La situazione attuale richiede una riflessione, considerando che, mentre alcuni “signori” e “amici carissimi” hanno già ottenuto il dovuto riconoscimento per i loro ineccepibili meriti a servizio dell’emigrazione, la stragrande maggioranza di costoro sta ora guardando al riposo dal servizio attivo.
Alcuni, i più fortunati, dopo un breve periodo di servizio in Australia durante la pandemia e qualche incarico di segreteria nei palazzi dell’Urbe, hanno espresso la loro gratitudine a chi li ha sponsorizzati per ricevere un’onorificenza italiana, sempre meritata. Per noi che rimaniamo qui in Australia, il problema persiste. Mancherebbe all’appello un’intera generazione, mancano i cinquantenni, i veri italo-australiani, i figli concepiti sulle navi in arrivo al porto di Fremantle e i nati “downunder” negli anni ’60 e ’70.
Questi connazionali, la maggior parte dei quali sono anche cittadini italiani iscritti all’AIRE, sono probabilmente stati le vere vittime di una comunità incapace di accoglierli e promuovere un salutare rinnovo generazionale attraverso il loro coinvolgimento. Abbandonati perché considerati “giovani” a cui non piaceva né il tango figurato e né tantomeno la mazurka della nonna, i parolieri dei grandi eventi annuali li hanno definiti italo-australiani integrati “per eccellenza”, coloro che avrebbero “reso grande l’Australia”.
Ma è davvero così? Anche esaminando la lista dei premiati di quest’anno, gli italofoni o presunti tali si possono contare sulle dita di una mano. I cognomi italiani sono una rarità, anche negli altri campi sociali, economici e culturali al di fuori della nostra cerchia comunitaria. Possibilmente abbiamo perso il treno. Australia Day, Harmony Day, King’s Birthday? Sempre più personaggi etnici e sempre meno italiani. Speriamo almeno che delle biografie dei grandi italiani d’Australia non rimangano soltanto le pagine dei libri di storia.
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