LA GUERRA DELLE TOGHE

Lo scontro in atto tra governo e magistratura sull’immigrazione ha caratteri che mi sembrano assurdi e che forse pochi hanno effettivamente capito. In poche parole la Meloni ha deciso di frenare gli afflussi da sud (quest’anno comunque diminuiti) organizzando per chi viene intercettato in mare un hotspot in Albania (ovvero un luogo di prima accoglienza) dove “filtrare” gli arrivi. Alcuni giudici obiettano che non si possono portare in Albania i clandestini (e comunque trattenere anche quelli che arrivano in Italia) se scappano da “paesi non sicuri”, compresi Bangladesh ed Egitto due nazioni che con la Tunisia rappresentano una gran parte degli arrivi. Questi paesi sarebbero “non sicuri” perché non vengono rispettate a volte i diritti politici, quegli degli omosessuali o LVGT+ nelle loro varie sigle e forme, rifacendosi a sentenze della Corte Europea. Il governo sostiene che chi appartiene a queste minoranze ha diritto all’asilo, ma non tutti gli altri se non sono oggetto di discriminazioni anche se arrivano da quei paesi, altrimenti sarebbe un generale “liberi tutti” e la fine di ogni filtro sui clandestini. Personalmente mi pare che il ragionamento del governo sia corretto, ma il sostenerlo viene dipinto come una indebita interferenza (o peggio) nella libertà dei giudici che un po’ ovunque respingono le ordinanze dei Questori a trattenere gli arrivati clandestinamente impedendo le espulsioni. Mi permetto di osservare che i giudici dovrebbero tener conto sia della situazione del singolo, ma anche della comunità perché con il “liberi tutti” è impossibile controllare ogni tipo di immigrazione e quindi – a mio avviso – viene violato un interesse di equilibrio collettivo.

Così come mi chiedo se sia corretto che a decidere sui diritti LVGT+ sia a Bologna proprio il dott. Marco Gattuso, che non solo notoriamente è un attivista dei temi gender ma è padre grazie alla maternità surrogata (volgarmente chiamata “utero in affitto”), alla quale è ricorso con il suo compagno. Sappiamo anche che è notoriamente esponente di “Magistratura Democratica”, una delle correnti rosse delle toghe e che proprio sui temi dell’immigrazione si è esposto in dibattiti, convegni ecc. L’ANM (Associazione Nazionale Magistrati) parla di «mostri sbattuti in prima pagina» e rivendica che i giudici siano valutati solo sulla loro preparazione e che «sono inaccettabili intrusioni nella vita privata dei magistrati che decidono diversamente dalle attese del potere».

Quello che si può ricordare ai giudici è però l’articolo 36 del codice di procedura penale, che stabilisce che il magistrato ha “l’obbligo di astenersi da un giudizio se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dall’esercizio delle funzioni giudiziarie”. Insomma, come fa ad avere una indipendenza di giudizio il dott. Gattuso (e altri come lui) se hanno già pubblicamente espresso il loro pensiero e se per vicende personali si trovano a dover giudicare su situazioni “particolari” cui notoriamente sono stati protagonisti? Alla fine ritorna così il solito problema dei magistrati che pubblicamente “fanno politica” e che poi – quando devono giudicare – è difficile sostenere che non abbiano già preconcetti. Dirlo fa infuriare i magistrati che sostengono che il governo fa pressioni indebite su di loro, ma secondo me è vero proprio il contrario, con un potere giudiziario che deborda dal suo ruolo e condiziona così governo e parlamento che – a differenza loro – è eletto dai cittadini. 

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