La morte della lingua italiana

Considerata tra le quattro lingue più parlate nel mondo, la lingua italiana non viene affatto rispettata dal sistema d’istruzione italiano. Il prof. Francesco Sabatini, presidente emerito della Crusca, sembra essere la voce fuori dal coro, la voce di di “uno che grida nel deserto”, per la sua appassionata e strenua difesa in favore della lingua italiana che è stata quasi “ammazzata” dall’uso indiscriminato delle parole straniere entrate di peso nel nostro vocabolario comune. 

Ai forestierismi ed ai prestiti linguistici si sono aggiunti altri fattori: uno è l’uso della tecnologia attraverso il linguaggio giovanile, che tende ad abbreviare e soprattutto a storpiare le parole (si veda il perché scritto nei messaggini xkè, un vero e proprio obbrobrio e offesa alla nostra lingua) e l’altro alla precaria attenzione che il Ministero dell’Istruzione e, quindi, il mondo della scuola riservano allo studio della lingua italiana. 

Oggi l’italiano si studia sugli smartphone, sui tablet, sugli ipad quando, invece, un tempo si studiava sui quaderni, sui libri di testo, sulla compilazione di intere pagine di analisi grammaticale, analisi logica e analisi del periodo. Se vogliamo salvare la nostra amata lingua nazionale dobbiamo fare una inversione di rotta: proviamo a togliere per un mese cellulari e altri strumenti della tecnologia e forniamo agli alunni solo libri, penne, matite e quaderni. 

Certamente qualcosa di buono ci ricaveremo. Purtroppo oggi molti ragazzi scrivono male perché non sono abituati all’ascolto, all’attenzione efficace bensì alla perenne distrazione, non leggono frequentemente e non scrivono e, di conseguenza, non conoscono i significati delle parole italiane. 

Allora la cura appropriata sarebbe il ritorno al caro dettato, un esercizio efficacissimo che permetteva all’alunno di acquisire dalla scuola elementare le quattro abilità di base. 

Ora la didattica ultramoderna, quella che illude ma non costruisce (fatta di tablet, lim, peraltro utili) ha soppiantato gli ottimi metodi d’insegnamento di un tempo per far posto al pressappochismo, alla banalizzazione, alle competenze prive delle conoscenze e tutto ciò che serve per far sì che l’alunno resti sempre più “ubriacato” dal bello, dal fascinoso senza capirci un’acca! (Mario Boccola)

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