A cento anni dalla nascita di Pasolini il discorso potrebbe aprirsi a tutto campo ma c’è un Pasolini che non va dimenticato. Pier Paolo Pasolini resta il poeta del recupero della lingua e del recupero delle contaminazioni tra dialetto e lingua italiana. Il dialetto è lingua madre-terra-pater.
Pasolini ha scavato nella complessità della parola portando alla luce le radici comunicative di un popolo all’interno di una temperie regionale e nazionale anche in un immaginario tra mondo contadino, paese e città. Si serve delle semantiche delle metafore e delle allocuzioni.
Nel 1942 pubblicava “Poesie a Casarsa”, un testo che apre una prospettiva dialettica in ciò che Dante aveva definito “volgare” ed “eloquentia”: la lingua e la sua tradizione e il paese nella sua capacità di comunicare un modello di condivisione tra il passato e il presente. Pasolini sosteneva che: “La lingua parlata è dominata dalla pratica, la lingua letteraria dalle tradizioni”. Quindi il valore della lingua resiste perché dentro il quotidiano ma chiaramente non può fare a meno del sostegno di un incontro che risulta sempre necessario tra messaggio letterario e percorso sviluppato dalla tradizione. (Pierfranco Bruni)
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