La strage avvenuta a Bondi Beach durante la celebrazione di Hanukkah ha scosso l’Australia, generando una risposta politica che mescola dolore bipartisan a dibattiti polarizzati su antisemitismo, libertà di espressione e immigrazione. Se da un lato i leader di tutti i partiti hanno condannato l’attacco, il linguaggio e le proposte emerse rivelano visioni nettamente diverse su come il Paese debba reagire.
Il primo ministro Anthony Albanese ha definito la sparatoria “un atto di antisemitismo malvagio” che “ha colpito il cuore della nostra nazione”, sottolineando che si è trattato di “un attacco mirato agli australiani ebrei nel primo giorno di Hanukkah, una giornata che dovrebbe essere di gioia e celebrazione della fede”. Albanese ha ribadito con forza che la comunità ebraica deve poter vivere “senza paura” e ha assicurato che, in questo “momento buio per la nazione”, polizia e agenzie di sicurezza stanno indagando su chi possa essere collegato a questa atrocità.
Il Primo Ministro ha convocato il Comitato per la Sicurezza Nazionale e ha definito gli eventi “scioccanti e angoscianti”, collegando la risposta operativa a uno sforzo più ampio per “eliminare l’odio” che ha alimentato l’attacco. Nei giorni successivi, ha annunciato nuove misure federali contro il discorso d’odio e l’incitamento, promettendo leggi che rafforzino le protezioni contro l’abuso antisemitico, pur sottolineando che l’Australia “non cederà mai alla divisione, alla violenza o all’odio”.
Queste iniziative hanno però suscitato pressioni da più fronti. Organizzazioni ebraiche chiedono maggiori finanziamenti per la sicurezza di scuole, sinagoghe e centri comunitari, evidenziando come il clima sia peggiorato dopo la guerra a Gaza. Al contempo, difensori delle libertà civili, alcuni accademici e i Verdi avvertono che l’introduzione di nuovi reati rischia di confondere il confine tra odio e dissenso politico, limitando proteste e dibattiti universitari.
Il Partito Liberale ha condannato la strage come il governo, ma ne ha fatto una critica alla leadership e alla lungimiranza dell’esecutivo. La vice leader Sussan Ley ha affermato che “non abbiamo visto il primo ministro assumersi la responsabilità per la strage di Bondi”, aggiungendo che “gli australiani che guardano il loro premier oggi sono arrabbiati. Non è il momento delle scuse. Il primo ministro non ha ascoltato e non ha agito”.
Josh Frydenberg, ex tesoriere e figura conservatrice ebraica di spicco, è diventato il volto morale e politico della critica. In occasione di eventi comunitari ha dichiarato di essere presente “per piangere, ma anche per avvertire”, trasformando la strage in un momento di lutto e in un monito per adottare una risposta più decisa all’antisemitismo. Frydenberg ha sostenuto che il governo non ha reagito in modo tempestivo alle minacce e ai toni ostili, in particolare nelle università e durante le manifestazioni, generando un crescente senso di insicurezza nella comunità ebraica.
I Liberali cercano così di conciliare la richiesta di azioni più severe contro l’antisemitismo violento con il dubbio verso l’iniziativa legislativa del governo. I leader dell’opposizione sostengono di aver da tempo avvertito del peggioramento del clima sociale, definendo le nuove leggi una risposta tardiva e potenzialmente eccessiva, che potrebbe limitare la libertà di espressione politica.
Per Pauline Hanson, leader di One Nation, la strage di Bondi rappresenta un’opportunità per intensificare la sua storica critica al multiculturalismo e all’immigrazione musulmana. In un’intervista a Sky News ha affermato che “non si tratta di cibo, ma di credenze culturali” e ha sostenuto che “sono state fatte entrare le persone sbagliate, con ideologie incompatibili con i valori australiani”.
Hanson si è presentata come difensore degli ebrei e degli “australiani comuni”, affermando di aver “parlato a nome del popolo ebraico” e accusando alcuni politici di “avere chiuso gli occhi” di fronte a simili pericoli. Ha collegato l’attacco di Bondi a un malcontento più ampio su accoglienza di rifugiati da Gaza e di “vedove dell’ISIS”, sostenendo che l’Australia non dovrebbe ospitare persone “non compatibili con la nostra cultura e stile di vita”.
Questa retorica segue una recente sentenza del Federal Court che ha stabilito che Hanson ha discriminato razzialmente la senatrice dei Verdi Mehreen Faruqi con un tweet offensivo, definendola “un frequente diffusore di messaggi razzisti”. Invece di moderare il suo messaggio, Hanson ha usato la combinazione della sentenza e della strage per affermare che la “political correctness” e i vincoli legali rendono più difficile “dire la verità” su immigrazione, islam e sicurezza.
I Verdi hanno reagito subito alla strage. La vice leader Mehreen Faruqi ha scritto: “Sono assolutamente devastata dalla violenza terrificante a Bondi Beach. Un atto di violenza ingiustificabile… I miei pensieri sono soprattutto con la comunità ebraica. Sono immensamente grata ai soccorritori che hanno rischiato la vita per proteggere le nostre comunità”.
Faruqi si è recata a Bondi “per piangere”, ma la sua visita è stata segnata da insulti di alcuni presenti e dalle pressioni dei media riguardo alla sua partecipazione a proteste filo-palestinesi, accusata di aver contribuito a un clima di antisemitismo. Pur condannando fermamente l’antisemitismo, i Verdi mantengono una linea forte di sostegno alla causa palestinese, che li espone a critiche, soprattutto da destra, secondo cui la loro retorica avrebbe normalizzato ostilità verso gli ebrei, nonostante il loro rifiuto della violenza.
Al contempo, Faruqi e i Verdi hanno criticato le misure legislative del governo, sottolineando che nuove leggi sul discorso d’odio non devono “limitare ingiustamente la libertà politica”. La deputata ha affermato che è urgente affrontare l’antisemitismo, ma senza compromettere libertà accademica e dibattito universitario.
La strage di Bondi è così diventata un simbolo su cui si proiettano narrazioni contrastanti. Le parole di Albanese su un “momento buio” e “antisemitismo malvagio” giustificano l’azione nazionale contro odio e incitamento, mentre Frydenberg trasforma il lutto in una richiesta di interventi più rapidi e incisivi. Hanson interpreta la tragedia come un fallimento del multiculturalismo, e l’esperienza di Faruqi dimostra come il dibattito su Israele-Palestina e razzismo si intrecci nella politica interna australiana.
Quella che doveva essere una serata di festa per la comunità ebraica è diventata un momento critico per testare la capacità dell’Australia di confrontare un crescente estremismo islamico a livello locale.
