Quello a cui ho assistito nell’ultima riunione del Comites, rigorosamente organizzata online è stato uno squallido teatrino di piccolo, uno schiaffo alla democrazia ma soprattutto una mancanza di rispetto nei confronti dei partecipanti.
Si votava per il finanziamento a questo giornale. Non entro in merito alla questione, anche perché ogni consigliere è libero di votare secondo la legge, anche se più che a guardare la legge sembra che abbiamo guardato ad altro.
Mi risulta che in una riunione, quasi segreta fatta in presenza al Consolato si è votato per il finanziamento al Coasit, dando la possibilità al direttore dell’ente di spiegare nei dettagli la richiesta, cosa che non è stata fatta nel caso di Allora.
Eppure il Caporedattore Franco Baldi era virtualmente presente, si poteva usare la stessa misura ma alla luce di quello che ho visto in questa riunione ci sono due pesi e due misure nella nostra comunità.
Sul senso della nostra libertà come del nostro diritto alla critica, chi si erge a rappresentare la comunità tenga sempre presente che la libertà non è una condizione ma un diritto di tutti.
Evidentemente, ai caporali o ai ducetti che esistono ancora, voglio ricordare che per la loro libertà di oggi dobbiamo ringraziare soprattutto tutti coloro che ieri hanno combattuto per la Liberazione d’Italia: dall’esercito regolare italiano ai partigiani.
Grazie a loro oggi abbiamo nelle nostre mani un’eredità – o meglio un dono: ”la pace, la libertà di poter dire quel che pensiamo e quello in cui crediamo, di decidere del nostro futuro, di professare o meno una religione – qualunque essa sia, di poter appartenere a qualsiasi etnia.”
Per arrivare a tanto, si è dovuto sconfiggere il Nazifascismo, in una lotta che ha visto uniti tutti gli italiani che credevano nella libertà e nella dignità dell’uomo, quali valori fondanti di civiltà, al di là delle differenti appartenenze politiche e partitiche. Dopo la Liberazione, sono rinati i partiti e i cittadini sono tornati ad essere i protagonisti della politica; ma soprattutto dalla Liberazione è nata la Costituzione Repubblicana, patto fra tutti gli italiani e strumento democratico da usare in pace e per la pace.
La nostra generazione, come quelle dal 1945 in poi, è nata libera, non ha vissuto l’orrore, l’umiliante barbarie della Guerra e tuttavia non sempre è consapevole fino in fondo del valore della libertà, data troppo spesso per scontata.
Ma per tornare alla Costituzione, poiché noi siamo fortunati e a scuola ci è stato insegnato a riflettere in senso critico su ciò che ci circonda, oggi sembra fiorente non solo una sorta di indifferenza nei confronti della Carta Costituzionale, ma essa viene spesso disattesa e persino attaccata nei suoi principi fondamentali.
Come sostiene Piero Calamandrei, non dobbiamo dimenticarci “quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, morti per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché liberta e giustizia potessero essere scritte su questa carta”.
Non c’è un mondo politico cattivo e una società civile buona: di fronte a questa stupida banalità, la risposta è la diretta partecipazione alle questioni che riguardano noi tutti. La responsabilità politica comincia da sé, da ciò che ciascuno può fare nel proprio mondo, a cominciare dagli amici, dalla famiglia, dalla scuola, dal posto di lavoro, fino ad un eventuale impegno civile o istituzionale vero e proprio.
La Resistenza è l’esempio straordinario dell’impegno personale, diretto di tanti italiani alla costruzione del loro e del nostro futuro. Ce lo hanno dimostrato i giovani soldati morti in tutta Italia e in molte altre battaglie e i tanti partigiani che hanno sacrificato le loro vite per conquistare la libertà. Leggendo lettere e testimonianze di chi ha combattuto, spesso morendo per la libertà, si coglie come nella lotta vi sia un atteggiamento “costituente”, a dire che quei problemi andavano risolti in modo duraturo, per evitare che si presentassero ancora.
Occorreva immaginare la struttura della futura democrazia dello stato a venire se si voleva evitare un nuovo fascismo. Questo atteggiamento costituente e costruttivo distingue in modo netto e definito la violenza dell’oppressione dalla lotta dell’oppresso.
Siamo consapevoli del fatto che le celebrazioni della Liberazione sono per molti di voi una pratica, un’esperienza consolidata; per noi rappresentano invece la scoperta della necessità di continuare a ricordare, perché non c’è retorica né semplice consuetudine nel vivificare il passato, che è la condizione del nostro presente. Imparate la storia, leggetevi la costituzione prima di parlare, di agire, perché chi ricopre un ruolo pubblico può causare danni anche con una parola non detta.
Così nascono le guerre, e così si alimenta l’odio. Se non potete farlo per voi, fatelo per chi è morto per noi. Mi viene da dire: chi glielo ha fatto fare a morire per voi?
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