C’è unità nella comunità italiana?

“Bisogna essere uniti, lavorare insieme per il bene della comunità italiana” è stato questo il grido drammatico dell’Assemblea Paese che ha eletto il membro del CGIE per l’Australia. 

Il tema più discusso e attuale? “Salvare la lingua italiana” che a dire del presidente è giunta “ad una situazione emergenziale”. 

Animato da questo auspicio, mi sono sentito subito chiamato a fare qualcosa. Ho pensato di chiedere a un collega presente, rappresentante di un ente gestore, cosa si aspettasse dal CGIE in materia di promozione della lingua italiana. 

Il collega era abbastanza indaffarato. Si trovava infatti in fila in attesa di ricevere la propria tazzina di caffè espresso, quindi onde evitare di interrompere la discussione che stava intrattenendo con altrettanti stimati colleghi mi sono avvicinato senza però intromettermi.

Dopo qualche minuto, un altro collega ha notato che forse ero interessato a chiedere qualcosa. Così, mi sono prima presentato, chiedendo se fosse possibile avere un suo pensiero in qualità di associazione che opera come ente gestore su cosa si aspettasse di sentire nei programmi dei candidati in materia di lingua e cultura. Fin qui tutto bene, anzi il collega mi fa anche cenno di conoscere la testata Allora!, cosa che mi ha fatto molto piacere.

Peccato, però, che subito dopo mi informa di avere un contratto con una radio italiana privata e che quindi non può rispondere alla mia domanda da includere in un articolo su Allora! L’ho comunque ringraziato e ho preferito passare ad altro tema e ad altre interviste.

Riflettendo durante il viaggio di ritorno a Sydney mi sono chiesto: nulla di male ad avere contratti e fare business, ma se lo scopo della mia presenza e quella del collega all’Assemblea Paese era in veste di rappresentante di una delle associazioni comunitarie italiane in Australia per affermare i diritti dei concittadini italiani, per sostenere la lingua e la cultura, allora perché anteporre l’interesse privato e dirmi che ha un contratto con una radio di cui mi fa anche il nome?

L’ente gestore che il collega ha rappresentato all’Assemblea Paese del CGIE a Canberra lo scorso weekend, è un beneficiario di contributi pubblici al fine di promuovere e sostenere corsi curricolari di lingua e cultura italiana nelle scuole primarie e secondarie. Ora, se l’interesse pubblico vale qualcosa e dobbiamo dare spettacolo di unità, purtroppo non tutti lo concepiscono allo stesso modo.

Chi ci perde in questo triste episodio non è certo un giornale comunitario senza scopo di lucro, che si è invece guadagnato un articolo che fa parlare e quindi sicuramente acquista qualche lettore in più. Forse dimentichiamo che per alcuni esiste ancora un certo modo rozzo di concepire la comunità italiana come un asset da cui trarre profitto, dove poter fare affari con la copia di qualche ultimo libro o con i contratti con qualche radio privata.

A Canberra, oltre ai giornalisti e agli onorevoli lasciati fuori dalla porta, sarebbe stato giusto puntualizzare che anche gli interessi privati non avevano diritto di partecipare.

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