La partita che mi è rimasta nel cuore

Ho trascorso la prima parte della mia vita, da orfano di guerra, in vari orfanotrofi dell’Emilia-Romagna.

Mia madre, rimasta vedova con tre figli, penso avesse poche alternative: mia sorella, la maggiore dei tre figli, da sistemare presso le suore dell’ospedale Niguarda, a Milano; mio fratello, secondogenito, presso un orfanotrofio gestito dal Comune di Imola, mentre io ho collezionato quattro orfanotrofi disseminati lungo la regione… forse perché non ero un bambino facile da controllare.

Nel collegio di Bologna in via Palmieri gestito dai Padri Dehoniani, mi hanno insegnato il mestiere di tipografo e avevamo anche la possibilità di assistere, di tanto in tanto, alle partite di calcio del Bologna quando la squadra giocava in casa.

Avevamo ingresso gratuito alle gradinate, ma dovevamo percorrere tutta Bologna a piedi: da fuori porta San Vitale fino a fuori Porta Saragozza… per questo motivo pochi usufruivano di tale privilegio.

In una delle partite di campionato, il Bologna ospitava la Sampdoria. Verso la metà del primo tempo, la squadra ospite andò in vantaggio: traversone dalla destra e il centravanti Sergio Brighenti, con una magnifica rovesciata, scaraventò il pallone in rete. Gol!

Mentre con disappunto imprecavo alla sfortuna, tutti gli spettatori dello stadio Dall’Ara si alzarono in piedi e… cominciarono ad applaudire il gol della squadra avversaria.

Mi guardavo in giro incredulo: “Scusa sai, – dissi alla persona vicina – ma quello è un giocatore avversario, ha segnato nella porta del Bologna e stiamo perdendo 1-0”. 

Il tifoso mi guardò senza smettere di applaudire e disse: “Non ha importanza chi e dove ha segnato, è stato un gol spettacolare ed è giusto che vada sottolineato con la nostra approvazione”.

Quell’episodio mi ha accompagnato tutta la vita. Capire e apprezzare una cosa bella, diversa, interessante indipendentemente dall’autore. Non si può essere limitati dal bullismo e nemmeno essere trascinati dal fanatismo.

Ho portato tale mio “credo” al presente settimanale: se un articolo è bello, interessante, esplicativo, informativo, tratta argomenti importanti e può interessare il lettore, non ha importanza che chi lo scrive abbia idee differenti da quelle personali di ogni lettore. 

Ecco perché è importante non avere un padrone, un dio denaro che guidi la penna e imponga direttive oppure essere annebbiati dal fanatismo fino a non distinguere la verità. 

La censura lasciamola fare ai dirigenti governativi, ai partiti politici, ai seguaci di qualche religione non ecumenica… oppure a qualche squadra calcistica. 

Allora! deve continuare con una linea critica ma aperta a qualsiasi pensiero e opinione. 

E che sia il lettore a decidere se vuole o meno leggere il settimanale che voi state leggendo, non la mia ignoranza ad imporglielo.

Ad maiora.

PS – La partita finì 4-4. Ma questo non me lo ricordavo, l’ho letto in Wikipedia.

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