di Rosanna Dabbene Perosino
Oggi i ragazzi si sono riuniti a Lismore, nella casa di Antonio e Maria, genitori di Bruno. Poiche’la stessa e’ situata su un’altura, non e’ stata devastata dalle recenti alluvioni, anche se si possono vedere i danni provocati dalle acque. Ecco, vedete questa casa, dice Antonio rivolto ai ragazzi, e’ rimasta, miracolosamente, ancora in piedi, mentre le altre piu’ sul basso hanno avuto danni cosi’ eccessivi da non poter venire piu’ riparati. Molti hanno perso, non solo la casa, ma anche tutti i ricordi del loro passato, il solo legame con la terra nativa.
Ma certamente, quelli che comandano non possono capire, perche’ a loro non succedera’ mai nulla del genere! Tutti parlano, fanno un sacco di discorsi, tante parole ma fatti? Nessuno! Nulla cambia! E pensare che sarebbe bastato fare qualche bonifica dei terreni, nel tempo.
E’ da quando sono nato che abito a Lismore e tutti gli anni c’e’ l’alluvione . A parte i tragici effetti sugli abitanti, vediamone gli effetti sui terreni: Secondo l’analisi del Prof. Gilmo Vianello, Vicepresidente dell’ Accademia Nazionale di Agricoltura, in pianura le esondazioni di molti corsi d’acqua hanno depositato sul suolo agrario coltri di sedimenti di spessori variabili, prevalentemente limosi e ricchi in carbonati, tali da causare difficoltà di drenaggio, impedimento all’infiltrazione, incrostamento e carenza di sostanza organica.
Non dobbiamo dimenticare che il suolo è una risorsa primaria vulnerabile e viene ingiustamente considerato una superficie “anonima”, in attesa di sola utilizzazione urbanistica, senza comprendere che un suolo interessato da eventi alluvionali è soggetto a perdita di stabilità strutturale, il che comporta un degrado della sua struttura, ma anche della sua fertilità naturale che si riflette su un progressivo calo delle produzioni agricole. Tutto ciò è anche il risultato di una errata politica, ma non voglio discutere su questo argomento perche’ mi fa star male, percio’ passiamo ad altro .”-
I quattro entrano in una saletta con un tavolo rotondo e sei sedie, mentre Maria arriva portando un vassoio con cinque tazze di caffe’ fumante ed un piatto colmo di biscotti alle mandorle, poi si siede, mentre tutti si sorbiscono il buon caffe’, Antonio dice:
-“Andrea, ora puoi andare avanti con gli orrori del passato.”- “ Certo,”- dice Andrea…-“ Durante il nostro ultimo incontro eravamo riusciti a capire che, tutto cio’ che il De Rays aveva detto o scritto era totalmente falso. Anche se, sia le autorita’ che il papato, si erano tenuti ad una certa distanza, per non venire incriminati in seguito, ma non avevano fatto nulla per bloccare questa distruttiva impresa. Erano semplicemente stati a guardare. Comunque, la massiccia campagna pubblicitaria ebbe il suo effetto e permise al Marchese di raccogliere capitali enormi. Inoltre, migliaia di futuri coloni erano impazienti, pieni di entusiasmo per la nuova, magnifica terra, pertanto desideravano partire. Infatti, per far si che il progetto andasse a buon fine, era necessario iniziare ad organizzare le partenze verso “il paradiso fantasma. Tenendo conto che quelle terre erano cosi’ lontane, sarebbe dovuto passare parecchio tempo, prima che l’eco dei lamenti dei primi sventurati avesse potuto raggiungere l’Europa, percio’, era il momento di dare il tocco finale al piano d’esecuzione della premeditata, atroce condanna per gli oltre settecento emigranti, che sarebbero dovuti partire verso un crudele destino, colpevoli solo di aver creduto ciecamente ad una bella favola che li aveva indotti a sperare in una vita migliore, e dare al Marchese il frutto dei sudori di tutta la loro vita.
Ormai, non era piu’ possibile rinviare la partenza e quindi, verso la fine di giugno 1879, il Marchese acquisto’ il veliero “Chandernagor”, di 800 tonnellate. Il veliero, armato nel porto di Le Havre, venne messo in condizioni di navigare. Nonostante le autorita’ portuali avessero dichiarato che il veliero fosse atto alla navigazione, il Governo Francese non permise l’imbarco dei passeggeri. La nave venne quindi trasferita al porto di Flessingue, nei Paesi Bassi. Finalmente, il 14 settembre 1879 ebbe luogo l’imbarco di novanta emigranti : uomini, donne e bambini di varie nazionalita’, anche italiani. Destinazione dei coloni: la Nuova Francia.
La nave tolse le ancore al comando del capitano Seykens. Titeu de la Croix s’imbarco’ quale rappresentante del De Rays, col titolo di Governatore della Colonia. Sulla nave s’imbarcarono inoltre dei mercenari del Marchese, che fungevano da soldati e polizia della Colonia. Si trattava di giovani avventurieri, volontari, pieni d’entusiasmo, che pensavano di andare alla conquista di nuove terre, avendo il compito preciso di aprire le vie, anche con la forza, se necessario. La nave salpo’ battendo bandiera americana, ma allo scalo di Madeira, il Console americano, intimo’ al capitano di sostituire il vessillo, poiche’ il suo governo non voleva apparire di essere associato in nessun modo alla spedizione.
Il capitano, quindi, isso’ bandiera liberiana. La traversata venne effettuata via Sud Africa e la vita a bordo, che duro’ circa quattro mesi, fu costellata d’incidenti e zuffe. Verso la fine del viaggio, il malcontento degli emigranti e della ciurma di bordo, aveva ormai raggiunto il limite massimo. Non solo il cibo era immangiabile, ma i rifiuti d’obbedienza venivano risolti con punizioni corporali brutali e severissime. Il capitano era sempre sbronzo ed insolente e, durante l’interminabile viaggio, interrotto solamente da un breve scalo, aveva ormai esaurito la pazienza di tutti.
L’ammutinamento pareva inevitabile, quando la terra si delineo’ all’orizzonte e gli animi infuocati si placarono. Era il 5 gennaio 1880 e le isole Laughlan erano ormai vicinissime. Le piroghe dei selvaggi circondarono la nave offrendo noci di cocco, conchiglie, ecc., in cambio di tabacco. Titau de la Croix fece subito amicizia col capo tribu’ e, dopo uno scambio di doni, entrambi concordarono per lasciare una decina di volontari a dare inizio all’estrazione dell’olio dalle noci di cocco. Dopo un mese, i volontari avrebbero avuto il cambio.
Il giorno appresso, il veliero levo’ le ancore, diretto a Port Breton. All’alba del 16 gennaio, l’atmosfera tesa, aveva creato subbuglio sulla nave, poiche’ la Nuova Irlanda si delineava davanti ai loro occhi, come una massa alta e montagnosa, mentre nel basso, formava una doppia baia. Era la baia di Port Preslin, che il Marchese aveva riscoperto dal suo castello in Francia e ribattezzato quale Port Breton, capitale della Nuova Francia.
E’ praticamente impossibile immaginare cio’ che provarono gli emigranti, partiti allegramente, speranzosi di trovare un posto paradisiaco e si trovarono invece nel posto piu’ desolato del mondo. Port Breton, magnificata dalle descrizioni del Manifesto, era invece una zona completamente brulla e non esistevano costruzioni di sorta. Non esistevano strade, tantomeno sentieri, solo una spiaggia strettissima, che finiva all’inizio di un’alta muraglia di vegetazione, pressoche’ impenetrabile, che risaliva sul fianco di alture che culminavano sulla vetta torreggiante di Monte Vernon.
Dopo quel lungo, terribile viaggio, gli sventurati, che si erano aspettati di vedere verdi praterie, ridenti casette per accoglierli, furono trattati come schiavi e costretti a lasciare la nave, spinti dal Capitano e dal De la Croix . All’inizio furono presi dalla disperazione, perche’ capirono che avevano dato tutto il loro denaro al Marchese, solo per arricchirlo, mentre egli, bugiardo e ladro, li stava abbandonando nella foresta vergine di quell’isola del Pacifico, dove non esisteva civilizzazione, ma solo tribu’ selvagge e feroci di cannibali, tagliatori di teste. Oltretutto, le piogge tropicali, che cadevano senza sosta, per circa otto mesi dell’anno, costituivano un clima fertile per la malaria.”- “Il Marchese,”- dice Bruno, -“ si sarebbe meritato il trattamento riservato a Maria Antonietta, durante la Rivoluzione francese, oltre all’espropriazione di tutti i suoi beni, ma purtroppo, i criminali se la cavano sempre, proprio perche’ hanno i soldi e non ha neanche importanza come ne siano venuti in possesso”- I tre annuiscono a denti stretti, mentre Antonio interrompe, interpellando Luciano, che e’ studente in medicina.
-“Ecco, la malaria e’ una malattia che da noi, praticamente non esiste, mi sai dire quale ne e’ la causa?”-“ Dunque, la malaria e’ una patologia trasmessa, da un tipo di zanzara femmina, chiamata “anopheles”, attraverso la puntura, ed e’ provocata da protozoi parassiti che appartengono alla specie dei “plasmodi”. Ancora oggi circa 400.ooo persone nel mondo, muoiono di malaria. Naturalmente, poiche’ questo insetto ha bisogno di calore ed umidita’, si trova quasi esclusivamente nei paesi tropicali.”- “ Molto interessante,- “dice Antonio, -“ ma ora continuiamo con la nostra tragica storia.”-
-“ Ok!”, risponde Andrea, mentre riprende il racconto. –“ Il 30 Gennaio 1880 il “Chandermagor” ando’ alla deriva, causa un violento uragano, ma il Capitano e la ciurma riuscirono a metterlo al sicuro nella baia di Liki-Liki, sulla costa sud-orientale dell’isola. Poiche’ la nave rappresentava l’unica fonte di viveri, gli emigranti che erano stati costretti a scendere a Port Breton, dovettero attraversare la Jungla.
Poiche’ non ebbero altra alternativa, si armarono di coltelli ed accette e, molto lentamente, si aprirono un varco in quella spessa massa di piante e fogliame. La marcia fu estenuante, fra sofferenze indicibili, spesso assediati da belve e serpenti, continuamente aggrediti da insetti di ogni genere, col rischio continuo di cadere nelle mani dei “tagliatori di teste”. Dopo tre giorni e tre notti d’inferno, arrivarono a Liki-liki, dove il terreno era una spugna di fango e sabbia, con alto contenuto salino, in cui, ogni tentativo di coltivazione era destinato al fallimento. Inoltre, la maggior parte dei sopravvissuti era ormai in preda a febbre e convulsioni violente, causate dalle condizioni altamente insalubri. In piu’, non c’erano ne’ medici ne’ medicine e quei pochi che tentavano di salire a bordo, venivano aggrediti dal capitano ubriaco e sempre con la pistola in pugno. Anche il De la Croix, si dimostro’ uomo senza cuore e senza onore. Infatti, il 20 Febbraio 1880, dopo aver fatto sbarcare gli ultimi recalcitranti coloni, diede ordine al Capitano di levare le ancore e dirigersi verso Sydney, abbandonando al loro destino, nelle paludi di Liki-Liki, Mac Laughlan con circa sessanta superstiti. Partirono in 90, percio’ 30 avevano gia’ lasciato questo mondo.
Da quel momento, la vita di quegli sventurati divento’ un incubo. I loro corpi coperti di piaghe divennero preda di formiche e zanzare insidiosissime e, senza risorse alimentari e medicinali, ad uno ad uno essi morirono, in quello squallora allucinante. Quei pochi che s’allontanarono dal campo, non fecero piu’ ritorno e divennero cibo dei feroci cannibali. Sei superstiti, dei 60 rimasti, stremati di forze, in fin di vita, si abbandonarono su un canotto lasciato dal “Chandernagor”-
Maria si alza di scatto, col viso livido, dicendo: -“ Neanche l’inferno potrebbe essere abbastanza per dei personaggi cosi’ crudeli e spietati.” I quattro, dimostrarono di condividere l’opinione di Maria, con mormorii d’inquietudine, mentre Andrea dice: -“ Per ora, credo che ne abbiate avuto abbastanza.!”- Zzzzzzzzzzzzzzzz Mentre i ragazzi si accomiatano, io, dopo aver ascoltato gli orrori di questa storia, sono completamente convinta che e’ molto meglio essere solo una mosca. Zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz A presto Zzzzzzzzzzzzzzzzz
