Paolo Gallo è arrivato in Australia nel 2017, il giorno dopo l’approvazione in parlamento della grande riforma dei visti migratori che ha visto la precarizzazione dei flussi migratori 457. “Mentre tanti lasciavano l’Australia, io sono arrivato downunder. Non ci capivo niente ma ascoltando le storie di molti altri italiani mi sono reso conto che si è trattata di una tragedia.”
Per 13 anni, con una certa monotonia, Paolo ha svolto la professione di contabile in Italia, ad Arluno, un paesino a 30 km da Milano. “Ho cominciato a lavorare a Milano in uno studio di commercialisti e dopo 5 anni ho trovato lavoro proprio ad Arluno. Lavoravo a 500 metri da casa, andavo in bicicletta al lavoro ed ero contentissimo di essermi tolto il viaggio fino a Milano tutti i giorni.” La quotidianità di Paolo è rimasta più o meno invariata dal diploma di ragioniere fino al 2016, quando ha intrapreso una scelta radicale che lo ha portato a licenziarsi in cerca della felicità. “Non avevo alternative, mi ero stufato di quella vita; ma mi sono detto in qualche modo qualcosa succederà. Volevo fare spazio.”
Appassionato di calcio e di allenamento, dopo l’ennesimo incidente in campo all’età di 27 anni ha deciso di investire sulla competenza e accrescere l’amore per la professione di allenatore. “Durante il giorno lavoravo come contabile e poi alle 6 di sera scappavo al campo allenamenti tutti i giorni dal lunedì al venerdì, mentre sabato e domenica c’erano le partite. Evidentemente è arrivato un momento in cui ero completamente esausto e non ce la facevo più”.
Dopo essersi licenziato, Paolo ha continuato a svilupparsi professionalmente. “In tre mesi, in cui appunto non avevo un lavoro, ho fatto un corso per prendere un patentino da allenatori in Italia. È stato comunque un corso abbastanza intensivo perché mi occupava tutti i giorni della settimana, più sabato mattina.”
Nel momento di maggiore confusione, per Paolo è nato il programma radiofonico online ‘Why Not’. “Ho pensato di cercare nelle storie degli altri una sorta di speranza, di vita alternativa di cambiamento. Proposi la mia idea ad un amico che aveva una una web-radio vicino a Milano e, anche se non avevo nessuna esperienza come radiospeaker, comincio e nel settembre del 2014 inizia la mia avventura per intervistare italiani in giro per il mondo.”
Arrivato a 100 interviste, Paolo ha deciso che era necessario cambiare vita. “Nell’ottobre del 2016 mi licenzio da contabile perché finalmente ero arrivato ad un punto che dicevo: “ce l’hanno fatta in cento, sarò mica io quello che fallisce, almeno ci proviamo poi si vedrà.”
Inviando il suo curriculum alle grandi squadre italiane, Paolo rimane spesso e volentieri senza risposta. “Mi ero licenziato ed ero senza lavoro. Facevo si l’allenatore ma con un semplice stipendio di €180, giusto per il rimborso spese”. Inaspettatamente, Paolo riceve un giorno un’offerta dalla Milan Academy. “Mi dicono, guarda…tu sei proprio il profilo perfetto per fare un’esperienza all’estero, se non fosse che io volevo rimanere in Italia.
Comunque, se si trattava solo di qualche mese, la proposta di andare in Australia poteva anche andare. Un ragazzo di Pavia aveva anticipato il rientro in Italia e avevano bisogno di un allenatore in due settimane. Da lì a due settimane c’era il biglietto per partire.”
Come tanti, la promessa di partire solo per tre mesi non è valsa a molto e dopo 5 anni, Paolo è ancora in Australia. “E dire che sono partito proprio con una valigia da tre mesi, cioè non ho neanche messo dentro niente, avevo addirittura ancora casa in affitto. La cosa bella è che l’ultima puntata di quel ‘Why Not’ in radio in Italia si è conclusa con me all’estero. Anch’io ero finito da italiano fuori dall’Italia, avevo completato “il ciclo di vita”.
Arrivato in Australia, per Paolo si sono poste le difficoltà legate all’emigrazione ma anche la fortezza di aver conosciuto qualcuno con cui fare un percorso di vita. “Sono arrivato qui con un visto turistico per provare a vedere se potevo lavorare e fare un’esperienza. “Mi sono accorto che il mio inglese era veramente a livello base e essendo qualcuno a cui piace parlare, ascoltare e dialogare mi sono promesso di migliorare l’inglese. Mentre ero a scuola di inglese, conosco una ragazza, anche lei arrivata da poco, colombiana, che come me è venuta qua per cambiare la sua vita.”
Paolo continua ad essere fiducioso e resiliente. “Alla fine, non succede niente se non viene rinnovato lo sponsor è dobbiamo andar via perché quantomeno sappiamo la data di scadenza. L’incertezza fa parte dell’esperienza nel senso che fin quando stai in Italia, fin quando cresci in Italia, ti sembra che tutto sia normale, nessuno ti dice entro sei mesi te ne devi andare. Dopo aver intervistato ormai più di 150 italiani in Australia, l’insegnamento più grande che ho tratto è stato di imparare a vivere il presente. Pianifica però senza andare troppo in là.”
Il programma ‘Why Not’, continua ora in Australia. “Sto cercando di creare una community. Mi sono accorto che tante volte, ai primi tempi dopo essere arrivati, più o meno tutti vivono una situazione iniziale dove c’è tanta euforia, tutto nuovo e pieno di opportunità. Poi arriva il momento che però ti senti che questa energia stia scemando per mancanza di contatti e di relazioni, mancanza di persone che credono in te. ‘Why Not’ cerca appunto di ispirare la comunità facendo conoscere le storie di successo.”
Infine, per quanto riguarda il futuro della comunità italiana in Australia, Paolo ci tiene a dire che sembrano essere felici coloro che hanno amicizie sia italiane che australiane. “Non vedo più la comunità Old Style che si trova al bar tutti insieme a parlare delle sue esperienze a giocare assieme, ma vedo invece piccole comunità in giro per fare networking, all’interno di un contesto multiculturale. Qualcuno dice ‘No! io non voglio avere a che fare con gli italiani. Voglio stare con altre persone e magari passano anni senza avere amici italiani. Nel mio caso, vince chi riesce a stare dentro sia al sistema australiano ma allo stesso tempo che riesce a ritagliarsi un po’ di ‘casa’ con gli amici, le tradizioni e l’essere italiani.”
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