Pascalis: Dotare i CGIE di capacità organizzativa, non solo consultiva

Francesco Pascalis, intervistato subito dopo la conferma della rielezione di Franco Papandrea a membro del CGIE per l’Australia, ha espresso un giudizio positivo per quello che doveva esprimere l’assemblea, affermando che le votazioni siano andate secondo le previsioni.

“Tutto sommato – ha dichiarato Pascalis – nel bene o nel male è stato riconfermato Papandrea perché ha dimostrato sempre di essere una persona affidabile sotto tanti punti di vista; quindi, indipendentemente da quello che noi pensiamo del CGIE, è stata eletta la persona giusta. 

La mia personalissima opinione sul CGIE, invece, è che la struttura necessita di una riforma radicale. Neppure quel tipo di riforma che è stata già proposta e che siede in Parlamento in attesa ed ecc. ecc. Il CGIE, così com’è in questo momento, dovrebbe essere proprio abolito e dovrebbe essere sostituito da uno strumento che sia più efficace e che serva da collegamento reale tra le realtà e il mondo rappresentato attraverso gli organismi della rappresentanza locale nei confronti del Governo.

Particolarmente col Governo italiano, questa è la cosa che dico da anni, ci deve essere un rapporto collaborativo. Il CGIE come era stato concepito, è andato molto bene per le esigenze che c’erano fino agli anni 80. Oggi la realtà è completamente diversa, quindi abbiamo bisogno di mezzi diversi per operare. Ci sono persone validissime, ma non è il valore delle persone che manca, è che alcune di loro non sono messe nelle condizioni di poter operare al massimo negli interessi della comunità. Questa struttura di rappresentanza deve essere divisa dai Comites, che sono una bellissima idea e, secondo me, devono essere mantenuti e rinforzati; devono essere forniti di maggiori competenze e, soprattutto, dotati di capacità non solo consultiva ma anche e organizzativa.

Dobbiamo capire che, in effetti, questo della rappresentanza democratica è un settore molto difficile da gestire. 

Di questo dobbiamo essere tutti consapevoli. Chiunque si cimenta in tale campo, trova un indice di partecipazione basso, perché tutte le comunità sono inserite in un ambiente locale, quindi non sempre sono facilmente raggiungibili.

In effetti, dette comunità non riescono a capire il loro ruolo, specialmente se questi enti restano solo a livello consultivo.

Ovvio che le persone li vede come enti lontani e poi, una volta che sono dentro, si accorgono che è tutta una parvenza e poca sostanza. 

Per tale motivo si perde la spinta a fare le cose, perché alla fine le decisioni vengono prese comunque in altra sede e non sono funzionali per la comunità. E questa è una grande delusione” ha concluso Pascalis.

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