Quando una foto vale più di 1000 parole

Non me ne abbiano le altre congregazioni, ma ho sempre trovato i padri Scalabriniani un passo avanti quando si tratta di migranti. L’impegno degli Scalabrini a tutela degli emigranti è divenuto famoso nel mondo grazie alla visione del loro fondatore, Giovanni Battista Scalabrini che si sentiva un emigrante tra gli emigranti. 

In Australia, ho conosciuti tutti i padri Scalabriniani, chi più chi meno, e siamo amici pur non essendo, io, un assiduo praticante. Li rispetto tutti per la loro fede nell’umanità, nei migranti, nelle persone fragili in una terra a loro straniera e spesso ostile; gente che alza la mano per chiedere aiuto e loro ci sono. In Australia, con i padri Scalabriniani, hanno collaborato diverse suore anche se non Scalabriniane. 

A più riprese, padre Remigio e padre Nevio hanno provato ad “importare” le suore per accudire gli anziani nei Villaggi, ma senza fortuna. Padre Nevio mi ha dato una spiegazione blanda a riguardo… “Non ci sono più suore e sono stato costretto a ricorrere prima alle Canossiane e poi alle Figlie di sant’Anna”. 

Allora, la mia curiosità finì lì, anche perché non era facile contraddire Nevio. Quindi, immaginate la sorpresa quando, in un comunicato di Migrantes online, ho appreso che le Suore Missionarie Scalabriniane, quelle che non esistevano, erano partite per la missione a Lesbo. 

“Per il secondo anno consecutivo – informa il comunicato – è partita la missione itinerante delle Suore Missionarie Scalabriniane nell’isola di Lesbo, per aiutare e sostenere le migliaia di rifugiati in arrivo dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano speranza e salvezza in Europa. L’iniziativa è possibile grazie alla collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio e ad un’intesa che sta portando all’attivazione di una serie di iniziative in Italia e nel resto del mondo. La missione di Lesbo è una di queste e vede protagonista la Provincia europea delle Suore Scalabriniane”. 

Una breve ricerca su Google e subito appaiono immagini strazianti, barconi alla deriva e forze dell’ordine che fanno di tutto per respingere la marea di folla disperata. Tra le foto, una in particolare non scattata all’isola di Lesbo ma al confine tra la Macedonia e Grecia, ha catturato la mia attenzione. Sono due bambini che piangono mentre i migranti in attesa sul lato greco del confine sfondano un cordone di forze speciali di polizia macedoni per entrare in Macedonia, vicino alla città meridionale di Gevgelija, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. 

Il fotografo Georgi Likovski ha catturato questa immagine di bambini impauriti spinti dal padre nel tentativo di dare loro la libertà. E la madre, in alto al centro della foto, in una maschera di disperazione. 

“Per la prima volta nella mia vita ho visto i miei colleghi, fotografi e giornalisti, piangere a causa della situazione – ha detto Likovski – è stata la prima volta che ho pianto mentre lavoravo”. Ho provato a non piangere… non ci sono riuscito. 

Sono immagini come questa che illustrano la situazione dei migranti che fuggono da una terra inospitale, spesso in guerra, per raggiungere la terra promessa. Possiamo solo cercare di immaginare il loro dolore per poi girare pagina e andare oltre… per non vedere, per non voler capire. Ma le suore Scalabriniane non hanno voltato pagina e con “L’accoglienza e la disponibilità della comunità di Sant’Egidio” si sono messe in azione per portare il loro servizio ai migranti e rifugiati. 

“Anche grazie a loro possiamo metterci in cammino verso gli altri e le altre – dice suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane, Congregazione che sin dalla sua fondazione ha come missione il servizio alla persona migrante – Grazie a loro ci troviamo a fare, ormai per il secondo anno consecutivo, un’assistenza su questa zona di confine dove più forte si alza la richiesta di aiuto. 

Per tutta l’estate saremo con loro e tenderemo la mano alle famiglie, alle mamme, ai papà, ai più piccoli”. Si tratta di un’iniziativa che le Suore Missionarie Scalabriniane hanno promosso nell’ottica di una ‘Chiesa in uscita’, proprio come ha chiesto Papa Francesco. 

Le nove suore resteranno a Lesbo per qualche mese e si alterneranno nell’assistenza dei migranti in questa zona di frontiera nell’isola greca di fronte alla Turchia. Al centro della loro attenzione sono i campi dove vivono migliaia di rifugiati, in condizioni degradanti e che mettono a rischio la loro stessa vita. 

Per suor Milva Caro, superiora provinciale dell’Europa, “l’emergenza chiama di nuovo tutte noi a mobilitarci per aiutare i rifugiati che non hanno mai smesso di affollare le rotte del Mediterraneo. 

Non fa più notizia, forse, ma ancora sui barconi migliaia di persone, donne, bambini non accompagnati cercano un varco verso la speranza – aggiunge – L’attività missionaria è fondamentale non solo per rispondere ai bisogni primari ma anche per dare conforto, cosa essenziale per chi ha lasciato tutto dietro di sé e spesso ha visto cadere lungo il cammino le persone più care”.

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