Al termine della lunga seduta del Comitato Elettorale Circoscrizionale (CEC) ho incontrato il Signor Giovanni Testa, rappresentante della lista “NOI ITALIANI” al quale ho chiesto chiarimenti sull’incontro. Dalla conversazione sono venuto a conoscenza, parola più, parola meno, delle decisioni prese o non prese durante la seduta fiume.
Dopo il “sorteggio” del CEC, la riunione che originariamente doveva essere fatta via Zoom, si è tenuta di presenza nei locali del consolato di Sydney.
Prima di iniziare la seduta il signor Console ha tenuto a precisare che la riunione era stata convocata in formato video conferenza, ma su richiesta dei presentatori della lista “NOI ITALIANI” per prudenza onde evitare contestazioni, si è dovuta riprogrammare in fretta nei locali chiusi del consolato e si è scusato per non aver avuto modo di dare maggiore preavviso.
Dopo la spiegazione, l’esortazione di “mantenere gli interventi in tempi ragionevoli” che non è stata ascoltata, anche perché l’intervento del Signor Antonio Cataldo ha superato abbondantemente un’ora e mezza di domande e risposte, praticamente lo stesso concetto, la stessa domanda e la stessa risposta ripetute ad oltranza.
Prima di dare la parola ai vari rappresentanti delle associazioni, il signor Console ha fatto sapere che l’ufficio elettorale aveva già svolto le relative verifiche e, come da verbale, entrambe le liste sono state sottoscritte dal numero di sottoscrittori richiesto. “Abbiamo avuto qualche problemino” avrebbe detto il signor Console – asserendo che nella lista “INSIEME” ci sono una serie di firme dubbiose, la firma è stata inserita nel box errato, eccetera eccetera. Così nella lista “NOI ITALIANI” ci sono due problematiche segnalate.
Queste elezioni s’hanno da fare? ho chiesto a Giovanni Testa. “Ho preso la parola affermando che il rilievo fatto dal signor Console è abbastanza corretto, ma che c’era da aggiungere che altre cose potevano essere sfuggite all’esame dei documenti. Il CEC è stato convocato l’ultimo giorno utile prescritto dalla legge, quindi eventuali aggiornamenti o approfondimenti sulle questioni sono saltate.”
“Ho fatto notare – continua Testa – che in un certo numero di documenti mancano le date di nascita e prontamente Luca Mingrone, assistente amministrativo, ha fatto presente che nella scansione è possibile si siano creati dei vuoti e che qualcosa non risulti chiaro”.
Dopo questo chiarimento il si- gnor Console avrebbe affermato che tutto sarebbe stato messo a verbale, anche questa obiezione, sottolineando però che il compito del CEC era quello di verificare che le firme erano in numero prescritto dalla legge e non di fare una verifica dell’autenticità delle firme.
“Ho insistito – spiega Testa – che in qualche modo per la veridicità dei documenti il test debba essere fatto. Ho anche esternato che ad esempio tre firme consecutive nella lista “INSIEME” portavano la stessa calligrafia per nomi diversi, ma il signor Console ha ribadito che il controllo era stato fatto dall’ufficio elettorale in modo oculato e preciso che ha confermato il conteggio dei sottoscrittori”.
A questo punto, sempre dal racconto di Giovanni Testa, sarebbe intervenuto nella discussione il Signor Antonio Cataldo che si sarebbe dichiarato d’accordo con il principio della verifica delle firme.
“Cataldo – continua Testa – ha affermato che si è posto un principio nel momento in cui ha ricevuto la documentazione e che ha constatato che esistono dei doppioni e che in altri casi, effettivamente, le firme non corrispondono. Secondo Cataldo, un’autentica senza un’autentica non può ritenersi valida e questo principio mi sembra condivisibile e di fatti quasi tutti i membri del CEC hanno detto di essere d’accordo.”
“Cataldo ha poi affermato – dice Testa – di essersi messo nei panni dell’avvocato del diavolo andando a controllare le firme e che soprattutto nella lista “IN- SIEME” stando al suo controllo c’erano almeno 50 firme dubbie.”
Malgrado firme doppie, illeggibili e non corrispondenti, il signor Console avrebbe ripetuto che il compito del CEC non era di entrare nell’argomento, ma il signor Cataldo ha insistito di non essere d’accordo e infine avrebbe chiesto il perché del CEC, dal momento che le decisioni erano già state prese dall’Ufficio Elettorale.
“Cataldo – spiega Testa – ha fatto presente che per quanto gli riguardava, una firma non valida non può creare il presupposto per diventare un sottoscrittore e di conseguenza, meno firme sono valide, meno è il numero dei sottoscrittori della lista. Il principio sarebbe che la firma apposta in un documento deve essere equiparata ed accertata con la firma apposta sull’atto di sottoscrizione”.
Il signor Cataldo ha chiesto di votare, ma a questa inaspettata richiesta il signor Console è rimasto sbalordito del fatto che il CEC si mettesse a riesaminare la documentazione delle liste per provare l’autenticità.
“No, non può” ha ribadito il signor Console. “Ricordo bene queste parole – dice Testa – come ricordo l’asserzione del signor Console quando ha affermato che questo CEC si riunisce secondo l’articolo 16, il quale chiede al CEC di svolgere alcune verifiche dettate dal testo della legge ma non di sostituirsi all’ufficio elettorale.”
Insomma, un botta e risposta che non ha portato alla trasparenza che ci saremmo auspicati e poi considerato che le firme che il Signor Cataldo contestava erano circa 60, nell’ora e mezza di dibattito ci sarebbe stato il tempo per procedere ad una verifica sommaria.
Nonostante ciò, il signor Console avrebbe sostenuto che non era possibile che una lista elettorale venisse esclusa dalla partecipazione alle elezioni sulla base di una decisione del CEC.
A quel punto è intervenuto il signor Michele Fezza, presentatore della lista “INSIEME” che prendendo le parti di Luca Mingrone sostiene che la firma non viene sempre uguale e che se si vuole andare avanti con queste lamentele la seduta non finirà mai.
“Il Signor Restifa – dice Testa – ha pure presentato un documento che non ha fatto vedere a nessuno dei membri, dichiarando che secondo lui la nostra lista “NOI ITALIANI” non avrebbe raggiunto il numero minimo delle firme richieste. A questo punto sono dovuto intervenire e ad alta voce ho chiesto la perizia calligrafica di tutte le firme apposte negli atti. Il signor Console ha risposto che il CEC non ha gli strumenti per verificare l’autenticità.”
Anche il signor Cataldo incalza: “Lei deve perdonare la mia ignoranza signor console, però se lei mi manda un documento, ci sarà un motivo, altrimenti cosa me l’ha mandato a fare? Lei mi deve perdonare, però lei mi manda una firma in un documento a cui io non devo dare nessuna attenzione: ma perché l’abbiamo ricevuto”
“No. non è che non deve dare nessuna obiezione”.
“Mi ha appena detto che non la posso dare, non posso praticamente, non è valida la mia opinione perciò giusto o sbagliato…”
“La sua opinione è validissima, ma la sua opinione non può com- portare che il CEC intervenga, non è una cosa opinabile”.
Botta e risposta per altri 15 minuti…
“Infine – conclude Testa – ho chiesto che venissero esclusi due candidati della lista “INSIEME” che hanno utilizzato degli pseudonimi nella presentazione della lista. A mio avviso la legge è chiara: si devono indicare il nome e il cognome, senza aggiungere altro. Di questo, il signor Console ha detto che avrebbe chiesto al Ministero e sembra che sia consuetudine che si faccia anche se non c’è scritto nulla nelle norme.”
Ho chiesto quindi come mai non ci sia stato un comunicato su questa materia. “Evidentemente – risponde Testa – noi ci siamo tenuti strettamente alla legge e sebbene anche tre dei nostri candidati avrebbero voluto aggiungere dei soprannomi non lo abbiamo fatto perché non era indicato nelle linee guida ufficiali. Ci sembra ingiusto che alcuni candidati siano favoriti da questa opzione dello pseudonimo, che poteva benissimo essere messa al corrente di tutti nelle linee guida pubblicate dal Ministero o anche nel sito web del consolato. Comunque vada, a questo punto vinca il migliore.”
Una domanda spontanea e una risposta logica. Firme dubbie o non dubbie? Valide o non valide? Regolari o non regolari? Pseudonimi si o no? La decisione è stata presa, le elezioni non si possono cancellare, che ne sarebbe della credibilità consolare e della credibilità
comunitaria? Mentre la seduta continua, più o meno con lo stesso entusiasmo, restano le parole “Lei deve perdonare la mia ignoranza signor console, però se lei mi manda un documento, ci sarà un motivo, altrimenti cosa me l’ha mandato a fare?
Ambedue le liste, a sentire accuse e controaccuse, potrebbero avere delle irregolarità. Volendo interpretare la legge, ambedue le squadre potrebbero essere eliminate. L’arbitro non ha voluto fare ricorso al VAR, per intenderci in modo calcistico, anche perché il pluricitato articolo 16 lo vieta.
La decisione è stata presa e non saranno certamente alcuni “sorteggiati” tra le associazioni a far cambiare idea.
Dalla riunione CEC si evince che il signor Console ha molta pazienza… almeno in questo caso l’ha dimostrata e che il rinvio delle elezioni non è una possibilità contemplata.
Condivido pienamente il pensiero iniziale del signor Console che non era il caso di far scomodare i “selezionati” per recarsi di persona in Consolato; una riunione del genere poteva benissimo tenersi via Zoom e sarebbe stata più che sufficiente, considerato che le decisioni erano già state prese dall’Ufficio Elettorale e non si è potuto, o voluto, cambiare le cose anche davanti alle evidenze.
“No, non si può”.
Al contrario della frase manzoniana “queste elezioni s’hanno da fare”. Forse non è finita qui. Altro ricorso? Una cosa è certa: voteremo. Lo dice l’articolo 16.
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