Storia dalla mia Mamma

Filomena David, la mia mamma, all’età di due anni è rimasta orfana di madre e di padre; nata nel 1889, da Rosaria Marturano, proveniente dal paesino Presinace di Tropea e da Gregorio David dal Comune di San Gregorio d’Ippona, in provincia di Vibo Valentia, in quei tempi chiamato Monte Leone, dove avevano la residenza. 

Dopo il matrimonio, i miei nonni ebbero come primogenita Maria Rosa, chiamata come la nonna paterna, dopo due anni arrivò la seconda, Filomena, chiamata come la nonna materna; a due anni di distanza, i nonni aspettavano un maschio che mia nonna stava portando alla luce, ma il parto si presentò difficile e, seppure con un grande travaglio, alla fine non ce l’ha fatta e sono morti entrambi, mamma e figlio. Quelli erano tempi in cui si lottava fino alla morte. 

Mio nonno, dal grande dispiacere per avere perso moglie e figlio, si è depresso e dopo due mesi è morto anche lui, lasciando le due bambine orfanelle di entrambi i genitori. Maria Rosa aveva quattro anni e Filomena solo due anni. Di ciò la mia mamma Filomena non si ricorda affatto. 

Nel paesino fu un lutto generale, dalla tristezza i nonni paterni e materni non sapevano cosa fare e hanno pensato di prendere un a sorellina per ogni coppia di loro, così le bimbe furono divise: Maria Rosa andò a vivere con i nonni paterni a San Gregorio, mentre la piccola Filomena fu portata a Presinace di Tropea dai nonni materni e lì ha incominciato a crescere con i nonni che la guardavano come un tesoro e che, per lei, erano mamma e papà. I nonni non la lasciavano sola nemmeno un minuto e, per tenerla contenta, le raccontavano sempre delle fiabe di principesse e delle favole di animali e giocavano con lei. Inoltre, dovunque andassero, la piccola Filomena era sempre nelle loro braccia affettuose.

A lei mostravano le fotografie di mamma e papà ma la piccola non poteva ricordarli; allora la nonna le diceva che i suoi genitori sono in Paradiso ed ella incominciava a svegliarsi come se li vedesse davvero mentre cantavano in mezzo ai fiori profumati e colorati, insiemi agli uccelli, nel Paradiso. 

Crescendo, la nonna le insegnava le preghiere del Signore che la piccola non ha più dimenticato sin dall’età di quattro anni; inoltre, la portavano all’asilo presso le suore del convento di Rombiolo, un paesetto vicino a Presinace. Là le bimbe imparavano a fare disegni e, piano piano, a ricamare col cerchietto; però, dove la mia mamma Filomena imparava di più, era a casa con la nonna, che era la vera maestra; è con lei che la bimba imparava a cucire, a filare la lana, a fare calzini, maglie e coppoline; la nonna le ha insegnato a tessere con il telaio per fare la tela, molto importante in quei tempi e tutto quello che le poteva servire crescendo, oltre a tutte le regole da trasmettere ai suoi futuri figli. 

Mia madre mi raccontava tutto ciò che sapeva della nonna, tutte le sue buone creanze, come si deve stare con gli altri, quando e come si deve reagire. È così che ho capito quanto siano importanti le regole del galateo di cui si parlava a scuola. Forse si pensava che la buona creanza dovesse essere solo per i figli dei ricchi perciò se non appartenevi a quella categoria e non andavi a scuola, era compito delle nonne insegnare le regole del vivere in società. 

I miei nonni avevano una grande azienda agricola e c’era pure una fattoria di animali e tante persone che lavoravano per loro, ma non appartenevano a quella società dei ricconi. 

La nonna parlava spesso alla piccola Filomena della sua sorellina, le diceva che si chiamava Maria Rosa, che stava con l’altra nonna, così lei spesso domandava al nonno se poteva vederla. Il nonno le rispondeva sempre di sì però non trovava mai una giornata libera per potere accompagnarla al paese San Gregorio e intanto… Il tempo passava e Filomena aveva già dodici anni e non vedeva sua sorella da quando ne aveva solo due e nemmeno si ricordava com’era fatta. 

Una mattina, il nonno si era alzato più presto del solito e, dopo avere fatto i lavori più urgenti, rivoltosi a moglie e nipote disse: “Preparatevi che oggi andiamo a trovare tua sorella”

Alla mia mamma Filomena, prima sembrò di sognare, ma subito dopo capì che era una realtà. Così il nonno ordinò ai garzoni di preparare la carrozza, mentre anche la nonna si affrettava a prepararsi e, quando furono tutti pronti, salirono in carrozza. Fatto il segno di croce, partirono con i cavalli a galoppo. 

Durante il viaggio, Filomena guardava la strada, le distese di terreno coltivate con gli alberi di ulivo, il sole tra le fronde verdi, qualche uccello solitario e le sembrava che stava percorrendo la strada per andare in Paradiso dove erano mamma e papà, i genitori suoi e di Maria Rosa, sua sorella maggiore. 

Dopo circa sei ore di galoppo, la carrozza arrivò a San Gregorio d’Ippona.

Il nonno bussò alla porta di casa della sua consuocera ma… nessuno arrivò ad aprire, bussò ancora e ancora ma, evidentemente, in casa non c’era nessuno.

Dai vicini di casa seppero che erano andati in campagna dove lo zio Antonio, con gli operai, lavorava tutti i giorni; la nonna paterna era rimasta vedova e, con Maria Rosa, erano andate in campagna per fare una passeggiata. Fu così che mio nonno pensò che saremmo andati a trovarli in campagna. 

All’improvviso e inaspettatamente, arrivammo con la carrozza nell’area davanti al casolare che comprendeva una casa rustica a due piani con il balcone che i proprietari chiamavano “il casino” e dove i cani da guardia non hanno aperto bocca come avessero annusato che gli ospiti erano di famiglia. 

Per puro caso, Maria Rosa si affacciò al balcone e notò la carrozza con persone che non conosceva perciò chiamò sua nonna dicendole che fuori c’era gente appena arrivata con una carrozza. 

La nonna, arrivata al balcone anche lei, prima osservò e poi gridò a voce alta: 

“I tuoi nonni, sono i tuoi nonni e tua sorella Filomena!” 

A quel grido, i cani cominciarono ad abbaiare, le galline presero a svolazzare intorno alla carrozza, lo zio Antonio, con gli operai che mietevano il grano, dal campo si misero a correre per vedere cosa stava succedendo.

Ma lo zio Antonio li riconobbe subito.

Ci furono abbracci e baci a non finire, Maria Rosa e Filomena si tenevano abbracciate strette strette senza volere distaccarsi l’una dall’altra; subito lo zio Antonio riempì una giara di vino e tutti brindavano alla salute dei nuovi arrivati mentre molti vicini di casa e tutti i parenti cominciarono ad arrivare perché la voce si era sparsa immediatamente e tutto il vicinato ed i parenti andarono a far visita concludendo la giornata con una gran festa. Per tre giorni interi la casa fu sempre piena di parenti ed amici mentre le due bambine, Maria Rosa e Filomena, sembravano impazzite dalla gioia.

Le due sorelline avrebbero voluto fermare il tempo. Ma il tempo era limitato e i nonni Marturano dovevano ritornare alla loro dimora, a Presinace di Tropea; allora tutti i presenti cominciarono a licenziarsi tra abbracci e baci, lacrime e sospiri, mentre Filomena e Maria Rosa si tenevano così abbracciate che nessuno riusciva a staccarle, a dividerle.

Per tutta la giornata i nonni avevano tentato, ma loro rimanevano sempre più strette l’una all’altra.

Ad un certo punto il nonno, rivoltosi a Filomena, disse: 

“È tardi e noi dobbiamo partire, lo vuoi capire?” Ma Filomena gli rispose con un secco “no, io sto qui con mia sorella”. 

Alla disobbedienza, i nonni sono rimasti freddi come il ghiaccio, una risposta del genere non se l’aspettavano, così hanno cercato con tutte le maniere, ma non riuscivano a separare le sorelline; a dire la verità Filomena, dal canto suo sembrava un po’ indecisa, ma la sorella maggiore di due anni non la liberava e così si è fatta coraggio e, piangendo, disse: “Io voglio rimanere con mia sorella” e allora, tra una grande commozione di lacrime, i familiari hanno deciso di farle stare insieme e i nonni Marturano sono ritornati a Presinace lasciando, a San Gregorio, Filomena insieme con la nonna paterna, lo zio Antonio e la sorella Maria Rosa. 

Per Filomena incominciò una nuova vita, tutto quello che vedeva era tutto nuovo: Maria Rosa, l’amata sorella le fece vedere tutte le stanze, poi la portò fuori fino alla fontana da cui veniva fuori acqua di continuo, era una sorgente d’acqua pura; spesso andavano a trovare lo zio Antonio che, sfortunatamente, era nato sordomuto, ma era contento di vedere le due sorelline figlie del suo fratello defunto. Ed era egli che le faceva salire sul cavallo e le portava in giro per la fattoria. Per Filomena era tutto nuovo, tutto bello, tutto un mondo da scoprire… Alla sera le sorelline andavano a dormire nello stesso letto, la mattina aiutavano la loro nonna paterna a preparare da mangiare, ad apparecchiare e poi sparecchiare la tavola, a spazzare il pavimento, a riempite d’acqua il boccale.

Nel pomeriggio, la nonna le portava fuori, a passeggio, girando per la piazza, la chiesa e un po’ in giro per il paese, incontrando tante persone che erano tutte contente di vederla, mentre Filomena pensava ai nonni di Presinace, che erano partiti lasciandola lì, dove lei preferiva stare perché c’era la sua amata sorella Maria Rosa.

La nonna, oltre lo zio Antonio, aveva un’altra figlia che si chiamava Mattea e che era sposata, ma non aveva figli per cui le due bimbe, figlie del fratello defunto Gregorio, per lei erano come figlie e le amava tanto. Le sorelline erano brave e ubbidienti, imparavano da tutti, giacché discendevano da antiche famiglie nobili e benestanti. Maria Rosa e Filomena crescevano così molto educate ed istruite. 

All’età di diciotto anni erano già corteggiate da molti giovani, ma lo zio Antonio era assai geloso quando la nonna parlava dicendo che un giorno, non tanto lontano, si sarebbero dovute sposate. Antonio non voleva sentire parlare di questo, diceva che erano figlie di suo fratello morto ed egli, che era all’antica, non voleva che andassero via da casa perché si sentiva responsabile. Antonio era un uomo forte che nessuno lo abbatteva, i giovanotti ne avevano timore. Ma Maria Rosa e Filomena erano belle come due bambole e si sono innamorate di due fratelli: Vincenzo e Gregorio Natale. Vincenzo fu il preferito da Maria Rosa, mentre Gregorio scelse Filomena.

Però… i due fidanzati non potevano andare a trovarle a casa per paura dello zio Antonio che, al momento, non sapeva niente ma, dopo due anni di corteggiamento, i quattro giovani avevano deciso di sposarsi e non sapevano come fare. Si arrivò, così, fino alla data delle nozze, giorno in cui sarebbero stati aiutati dalla complicità di un amico. Così la mattina dei due matrimoni, l’amico complice invitò lo zio Antonio ad andare con lui lontano, a una festa paesana e così le due coppie, Vincenzo con Maria Rosa e Gregorio con Filomena, si sposarono e se ne andarono in un altro paese per la loro luna di miele. 

Quando lo zio ritornò dalla sagra paesana, portando in dono i “mustazzoli” per le sue nipoti, domandò dove fossero e la nonna gli disse che erano andate da un’altra zia, sicché Antonio replicò che le andava a prelevare. Arrivato a casa della zia, questa gli disse che le ragazze erano tornate a casa della nonna, ma egli sapeva che non c’erano e allora il suo panico salì alle stelle. Pensò che potevano essere state rapite per strada, cominciò a bussare ad ogni casa e a chi non apriva subito scassava la porta, girò per tutto il paese cercando Maria Rosa e Filomena.

Era come impazzito, cominciò a dubitare di quell’amico che l’aveva portato alla festa, lo cercò ma non lo trovò perché quello se n’era andato via dal paese. 

Pensò allora che l’accaduto era colpa sua perché egli non era in casa e, arrabbiato e spaventato com’era si mise in un angolo e, con una pietra, cominciò a pestarsi, pestarsi, pestarsi tutta la faccia, la testa, la fronte, gli occhi come un essere fuori di senno, poi si buttò sul letto e si addormentò. 

Quando si svegliò, Antonio chiamò sua madre e le disse di avere sognato il suo fratello defunto che gli aveva detto: “Antonio, calmati! Le mie figlie si volevano sposare e si sono sposate. Pure tu devi essere contento, loro ti vogliano tanto bene e non ti lasceranno solo, tu devi rispettare loro e anche i loro mariti. Nostra madre aveva paura, ecco perché non ti ha detto niente. Adesso vai dalla mamma e le chiedi perdono e… vedrai che le mie figlie, Maria Rosa e Filomena, ritorneranno da te con i loro mariti”. 

E così fu. La mamma, dalla gioia, lo baciò, fasciò tutte le sue ferite e alle due coppie di sposini mandò a dire che potevano ritornare perché il loro defunto papà aveva messo la pace. Da allora la mia mamma Filomena ha creduto ai miracoli del cielo. 

Nicola Natale era un nostro carissimo lettore e collaboratore. 

L’ho conosciuto quando cantava nel Coro San Giuseppe a Moorebank e frequentava le feste della CNA. Avevo già pubblicato articoli di Nicola e gli avevo promesso che questo, la storia della sua mamma, l’avrei pubblicato in occasione della prossima Festa della Mamma. Nicola, purtroppo, non ha spettato tanto e ci ha preceduti verso l’inevitabile destino. Pubblico ora, come promesso. E grazie ancora Nicola per avermi dato l’opportunità di averti conosciuto.

Be the first to comment

Leave a Reply

Your email address will not be published.


*