Daniel Canaris racconta Francesco all’ombra del suo Cantico

di Fabio Ricci

Tra le case vittoriane di Paddington e le colline che scendono verso Edgecliff, la chiesa di San Francesco d’Assisi si impone con la sobria eleganza del gotico revival, un rifugio di silenzio e riflessione nel cuore pulsante di Sydney.

E, in effetti, non poteva esserci scelta migliore per ospitare una conferenza organizzata dalla Dante Alighieri Society di Sydney, dedicata agli ottocento anni del Cantico delle Creature, un inno che continua a parlare a credenti e non credenti con la voce semplice e radicale di San Francesco.

Uomo di pace e di fraternità, il santo d’Assisi trasformò la povertà in libertà e la compassione in linguaggio universale, facendo della lode alla natura un atto d’amore verso il creato e verso l’umanità intera.

Davanti a un pubblico attento, il professor Daniel Canaris ha offerto un approfondimento profondo del testo, rivelandone il valore letterario, spirituale ed ecologico. “San Francesco non scrisse il Cantico in toscano, ma in un dialetto umbro, la lingua del popolo,” ha ricordato. “È il primo poema italiano di autore noto – un atto rivoluzionario che spezza il monopolio del latino e apre la preghiera alla voce di tutti.”

L’intervento, denso e documentato, ha mostrato tutta la profondità dell’accademico, ma anche la distanza che talvolta si crea tra l’erudizione e la semplicità francescana di cui si stava parlando.

L’assenza di un supporto visivo ha comunque arricchito l’esperienza, eravamo in chiesa, non in un’aula universitaria — e forse proprio questo ha reso il momento più autentico, riportando la parola al suo spazio originario: la voce, l’ascolto, il silenzio.

Canaris ha ripercorso la vita del santo, figlio di un ricco mercante, che nel gesto di spogliarsi davanti al vescovo rinunciò simbolicamente al potere e al privilegio per abbracciare la povertà e la fratellanza universale. Quel gesto — ha spiegato — è la chiave per comprendere la nascita del Cantico: una poesia che non impone, ma invita, nella sua soltanto apparente semplicità.

“Francesco non dice ‘lodate il Signore’, ma ‘laudato si’.

Usa il congiuntivo esortativo, non l’imperativo. Non comanda, ma include. È un canto che ci trascina dentro la lode, come fratelli, non come sudditi.”

In queste sfumature grammaticali, ha osservato Canaris, si riflette un’intera visione del mondo: un universo senza gerarchie, dove sole, luna, acqua e fuoco sono compagni dell’uomo in un’unica fraternità cosmica. “Nel Medioevo – ha spiegato – un linguaggio simile era rivoluzionario. All’epoca la società non era affatto ugualitaria: la gerarchia era considerata un ordine naturale, voluto da Dio. Ma Francesco infrange quella scala di potere: ogni creatura diventa sorella o fratello.”

Il professore ha poi collegato la visione di Francesco alla contemporaneità, ricordando che nel 1979 il santo di Assisi fu proclamato patrono dell’ecologia, e che quest’anno ricorre il decimo anniversario dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco.

“Il suo messaggio resta urgente: non c’è separazione tra umanità e natura. Servire l’uomo significa servire il creato — e viceversa.”

Infine, con un sorriso ironico, Canaris ha chiuso il suo intervento con una frase che ha strappato applausi: “Togliere Dio dal Cantico sarebbe come togliere il formaggio da una pizza.”

Un modo brillante e ironico per ricordare che, in quel canto di umiltà e splendore, lingua, fede e natura si fondono ancora oggi in un’unica nota di luce. Canaris la usa per spiegare che la teologia è inseparabile dalla poesia del Cantico delle Creature: senza Dio, dice, il testo perderebbe la sua sostanza proprio come una pizza senza formaggio perderebbe la sua natura.

In fondo, il Cantico delle Creature non è solo una preghiera: è una visione del mondo. Canaris lo ha ricordato con erudizione e passione, ma soprattutto con gratitudine.

In un tempo dominato dal rumore e dalla distrazione, le parole di Francesco — “Laudato si’” — tornano a invitarci al silenzio, alla meraviglia, alla responsabilità verso la vita che ci circonda.

E mentre il coro della chiesa di San Francesco d’Assisi a Paddington riempiva la navata di canto, la chiesa sembrava respirare all’unisono: nel buio delle arcate, le voci si intrecciavano in un’eco di fraternità antica.

Per un istante, tutto è taciuto. E in quell’armonia sospesa, in quell’atmosfera di sacralità, il Cantico di Francesco ha continuato a vivere.