Se a dieci persone di parti diverse del mondo, se a dieci persone di religioni monoteista o politeista diverse, se a dieci persone di estrazioni sociali diverse si volgesse la domanda: “Tra la vita e la morte, tu, cosa scegli?” non vi è dubbio che tutti, d’istinto, ci aspettiamo la risposta più ovvia per l’essere umano, cioè “la Vita”.
Ciò che non è ovvio, nel presente momento storico, è che sono stati legalizzati casi in cui l’essere vivente può scegliere l’eutanasia o l’aborto per non parlare dei suicidi non legalizzati.
Certamente sono scelte difficili e sofferte, quasi sempre scelte in assoluta solitudine per il timore di essere contrastati nella scelta che pone fine alla vita di una creatura vivente.
Sull’aborto, che materialmente e apparentemente investe solo l’universo femminile, conosciamo tante storie, tutte diverse per condizione personale, sociale, territoriale che, insieme, rappresentano usi, costumi, tradizioni diverse di ogni gruppo umano.
Senza andare oltre i confini dello Stivale, desidero ricordare qualche storia.
1 – La storia di Irma
Irma, è una mondina che, negli anni della seconda guerra mondiale, lavora nelle risaie del Veneto per togliere le piante infestanti, insieme con tante altre donne.
A fine di una giornata lavorativa come tutte le altre, ancora con le gambe bagnate e i lunghi manicotti per proteggersi dalle zanzare, mentre già altre ragazze si sono allontanate per rientrare a casa propria, Irma è aggredita da un giovane militare che la violenta in forma esasperata e poi scompare, per sempre, dalla sua vita.
Non lo rivedrà mai più.
In quel tempo, Irma aveva solo 19 anni quando, dai suoi ritardi del ciclo mensile e sensi di nausea frequenti, deduce di essere rimasta incinta.
Che fare?
Dirlo a casa? I suoi quattro fratelli non avrebbero creduto alla storia dello sconosciuto. Trovare qualche vecchietta disposta ad accompagnarla in casa di una levatrice che la liberi “dal disonore?”
Il suo istinto dice “No, assolutamente no”. Se nel suo grembo c’è un neonato che sarà suo figlio, Irma non vuole uccidere alcun bimbo.
Riesce a mantenere nascosta la sua gravidanza a tutta la famiglia per quasi otto mesi fino a quando la sua mamma, sospettosa, la mette alle strette ed Irma confida la sua triste vicissitudine.
Riunita, la famiglia sentenzia: Irma sarà internata subito all’istituto delle Suore Oblate fino alla nascita del bambino e poi… il resto si vedrà.
2 – Una storia del Sud
Intanto al sud è diversa la storia di una bella coppia: Carmelina e Zino vivono nella frazione di un comune della provincia di Palermo.
Appartenente a proprietari terrieri benestanti è la moglie Carmelina; semplice ciabattino è Zino che, in dote, ha portato solo la casa, l’onesta, la voglia di lavorare, l’amore e il rispetto per la sua famiglia e per il prossimo.
Vivono sereni con la bimba Giacomina che, dopo undici mesi dal loro matrimonio, ha allietato la loro vita coniugale.
Il tempo passa, Giacomina cresce; ha finito di frequentare la seconda classe elementare e adesso sta giocando con sua cugina Agata arrivata dalla città e maggiore di lei solo di un anno.
Quel pomeriggio, le bimbe sono sul retro della casa, quella parte che guarda i campi assolati e colorati di giallo dai meloni maturi, quando…
Le grida, le urla, non si capisce niente, si riconosce solo la voce disperata di Carmelina che continua a dire, a urlare:
“No, non può essere… No, non può essere… Assolutamente, lei che ne sa di noi, non possiamo assicurare un futuro ad un’altra figlia!
Con chi sta urlando la mamma di Giacomina?
3 – Un aborto per scelta
Un po’ diversa l’esperienza di Rachele che, nel 1964, mentre Rita Pavone canta “Datemi un martello” la ragazza della porta accanto se la spassa tra una discoteca e l’altra, tra un ragazzo e l’altro, tra un picnic e chissà cos’altro finche si meraviglia di avere “tre mesi di ritardo”.
Non è stupida, né ingenua. A scuola, ultimo anno delle classi superiori, ne parla con le compagne dicendo che, se confessa alla madre il “suo ritardo del ciclo mensile”, chissà se non le verrà un colpo perché sua madre è una donna fragile, ma deve trovare una soluzione perché ella, al momento, ha altre idee per la testa perciò non vuole legami con alcuno.
Vuole fare l’indossatrice, vuole fare carriera nel mondo dello spettacolo e, dopo la maturità, vuole andare a Roma e trovare qualcuno che creda in lei e la introduca nel mondo dei vip.
Occorre sbarazzarsi subito dell’imprevisto.
Occorre un aborto e… subito!
Solo che dal 1964 alla legalizzazione dell’aborto, avvenuta in Italia nel 1978, qualche annetto ancora mancava.
4 – La storia del figlio unico
Paola e Ignazio sono due giovani professionisti che si sposano nel 2010 e, a fine anno, vivono la gioia della nascita del primogenito. Il loro progetto di vita è, prima di tutto, una grande famiglia.
Così ci riprovano dopo qualche annetto finche il test di gravidanza risulta positivo e… a casa si brinda.
Ma la gioia dura poco perché, dopo due mesi, la donna ha un aborto spontaneo e le lacrime non mancano.
“Siamo giovani, c’è tempo” si consolano a vicenda moglie e marito.
Dopo qualche annetto, dal Laboratorio di Analisi, il test di gravidanza è nuovamente positivo e Paola ne è felice. Spera tanto che sia una femminuccia e comincia a preparare il corredino per neonati tinto di rosa. È arrivata al terzo mese di gravidanza e, su consiglio del suo ginecologo, ogni mese farà una visita con ecografia in ospedale, giusto per confermare il buon andamento della gravidanza. Così, a terzo mese compiuto, Paola è pronta in ospedale e il ginecologo esordisce: “Cominciamo dal battito cardiaco? Accendiamo il monitor, così vediamo e sentiamo…”
Ma… non è il mouse che non funziona, l’immagine non si muove, il suono del battito cardiaco non esiste.
Non c’è bisogno di parole e le lacrime scendono sul volto di Paola.
Ancora un altro aborto spontaneo a più di tre mesi…
Com’è finita ciascuna delle storie citate?
1. Irma partorisce presso l’Istituto delle suore una bimba.
Quella mattina, in convento sono arrivati anche la sua mamma e i suoi fratelli ma Irma è stanca e ha bisogno di riposare. Al suo risveglio, è già pomeriggio, i suoi familiari sono lì presenti e, quando la neo mamma chiede di vedere la sua bimba, le dicono che la piccola è morta subito dopo il parto. Ad Irma non è data possibilità di vedere neanche il corpicino senza vita.
Dovrà aspettare trent’anni prima che, nel vassoio d’argento, le si presenti la verità: una giovane signora, Lisa, nata nel Veneto e adottata da una coppia di coniugi salernitani, la sta cercando da tempo, sta cercando la sua mamma naturale.
La notizia le sarebbe arrivata dal parroco della Chiesa Madre del paese in cui la bimba era nata e che avrebbe fatto da tramite per mettere in contatto le due donne. Il primo abbraccio tra madre e figlia sarebbe stato datato agosto 1975.
2. Oggi è un nuovo giorno e Carmelina, che ieri aveva urlato con Zino, suo marito, sta aspettando che, su sua richiesta, la levatrice si presenti di buon mattino per aiutarla ad abortire.
E la mammana arriva, con le sue due borse di paglia intrecciata stracolme di non si sa cosa, e vuole convincerla a non abortire.
Le ricorda che sarebbe bello che sua figlia possa avere una sorellina o un fratello, ma Carmelina ribatte che anche suo marito avrebbe piacere ad avere un figlio maschio ma… è lei che comanda e che deve decidere.
Perciò … “Prima si comincia e meglio è”.
La levatrice comincia colmando d’acqua calda tante bacinelle e tira fuori dalle sue borse quei quadrati bianchi destinati a macchiarsi di sangue.
3. “Cara Rachele, se avevi meno di diciotto anni certo non mi prendevo questa responsabilità. Ti sto accompagnando in un altro paese, da una levatrice per l’aborto, ma se un giorno vorrai dirlo a tua madre, io voglio essere con te; tua madre ed io siamo cresciute nello stesso quartiere popolare come sorelle e ci siamo confidate sempre. L’aborto è sempre una brutta cosa…”
Rachele abortisce per sua scelta, Rachele va a Roma in cerca di passerelle, Rachele vagabonda per mesi. Oggi Rachele è una volontaria dell’Azione Cattolica, dedicata “all’ascolto” del prossimo che è nel bisogno.
4. Paola e Ignazio sono rimasti con un figlio solo che adorano. Si sono consolati con: “Era destino che il nostro ragazzino, rimanesse figlio unico”.
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