Fermarono John Amery e la sua compagna alla periferia di Como, era la notte del 25 aprile 1945. John vestiva l’uniforme nera della Muti ed era accompagnato da un’affascinante brunetta francese con i pantaloni, lei si chiamava Michelle Thomas. Avevano seguito in ritardo la colonna guidata da Benito Mussolini e quel ritardo fu loro fatale. I partigiani comunisti delle brigate Garibaldi volevano fucilarli sul posto, ma si lasciarono convincere da un inglese a trasferirli nel carcere di San Vittore a Milano.
Fu lì che John incontrò Alan Whicker, un giovane giornalista e cineoperatore inquadrato nell’esercito britannico. Whicker era destinato a una brillante carriera nel mondo dello spettacolo, e nei giorni successivi girò le celebri immagini che mostrano i corpi di Mussolini e degli altri fucilati a Dongo che pendono dal distributore di benzina di piazzale Loreto. Amery accolse con sollievo quel giornalista e, forse per giustificarsi, gli disse che lui non aveva mai combattuto i propri concittadini britannici, ma il bolscevismo. Whicker ammise molti anni dopo che era vero.
Nei giorni successive i britannici trasferirono i due in un campo di prigionia vicino a Terni. E fu a Terni che il sergente di Scotland Yard Leonard Burt interrogò John Amery. Secondo il rapporto di Burt, Amery non cercò mai di nascondere nulla sulle sue passate attività, ma le ammise con grande candore. Per questo pensava che lo si potesse impiccare subito senza neppure perdere tempo con un processo.
Amery raccontò a Burt che aveva combattuto in Spagna contro i bolscevichi, inquadrato fra i volontari fascisti ma questa era solo una sua fantasia che riappare di tanto in tanto in articoli che lo riguardano.
A Burt John Amery disse queste parole, che poi ripeté al suo processo: “In Italia parlai in italiano agli italiani seguendo la rete repubblicana e senza nessuna censura. Feci dei discorsi a Genova, Torino, Biella, Cremona e Milano. Almeno in Italia, con Mussolini che intendeva stabilire un nuovo governo a Milano, sembrò che stessimo compiendo progressi. Mussolini lo incontrai a Milano il 23 aprile 1945. Era chiaro che la situazione militare era degenerata e a quel punto la sola opzione che ci restava era di salire sulle montagne dove un grande deposito di cibo, munizioni, apparecchi radio ecc. era stato preparato.
Dovevamo spostarci nella zona di Como, seguendo la tortuosa via che costeggia la Svizzera fino allo Stelvio e che scende davanti a Bergamo e Lecco e nuovamente Como. Si diceva che era una linea puramente difensiva, per mostrare al mondo che esisteva un numero sufficiente di idealisti pronti a sacrificarsi per ottenere la formazione di un grande fronte anti-comunista, uomini che non si sarebbero mai arresi senza condizioni e tanto meno ai comunisti locali. Mussolini mi offrì un posto di comando nelle Brigate Nere.
Gli dissi che non potevo accettare, perché accettando mi sarei trovato nella necessità di sparare sui miei concittadini e questo io non lo volevo fare, ma gli dissi che lo avrei seguito, vestendomi in modo che la mia posizione sarebbe stata chiara. Egli pensava che il fronte sul Po avrebbe tenuto ancora per tre o quattro settimane e non mostrava fretta di abbandonare Milano, sebbene la mia opinione e quella di Colombo della Muti era che la difesa di Milano non fosse possibile. Mussolini, comunque, decise di andare a Como per dare un’occhiata e vedere che stava accadendo. Proprio per questo lasciò Milano nella notte del 25 aprile e giunto io all’autostrada di Como fui circondato da partigiani e fatto prigioniero.”
Ci pare che la storia di John Amery sia poco conosciuta in Italia e poco si sappia di cosa fece e dove visse ma sappiamo che incontrò varie volte Benito Mussolini e che i due si parlarono per ore.
In Gran Bretagna la sua memoria è stata rispolverata dopo il libro di Rebecca West ‘The meaning of Treason’ del 1949 in cui parla anche di lui e, in tempi a noi più vicini, grazie a una commedia scritta da Ronald Harwood e intitolata ‘An English Tragedy’ e che fu rappresentata con un certo successo nel 2008. John Amery da giovane fu uno scapestrato che ispirò a Evelyn Waugh il carattere di Sebastian Flyte, in ‘Brideshead Revisited’.
In Gran Bretagna il padre di John Amery era molto potente. Si chiamava Leopold S. Amery (1873-1955) e fu uno statista di grande peso, mentre il fratello più giovane di John, Julian Amery (1919-1996) seguì le orme del padre, divenendo ministro per l’aviazione dal 1962 al 1964. La vita di Samuel Amery parve, fino a un certo punto, specchiarsi in quella di Winston S. Churchill. Parlava quindici lingue, compreso l’italiano e dissero di lui che per soffiare il posto a Churchill nel 1940 difettava di due sole cose: una spanna di statura e la capacità di tagliare mezz’ora dai propri discorsi. Samuel Amery e Winston Churchill s’erano conosciuti ad Harrow in circostanze singolari. Il passatempo del bulletto Churchill in quegli anni giovanili era di spingere nel fiume gli studenti più piccoli di lui ma un giorno, inavvertitamente, spinse Amery che era sì piccolo di statura, ma era anche un ginnasta perfetto, soprannominato dai compagni ‘Ercole tascabilè. A grandi bracciate Samuel uscì dall’acqua, acciuffò il futuro primo ministro inglese che aveva invano tentato la fuga scagliandolo a sua volta dentro al canale.
Come Churchill, anche Samuel Amery, iniziò la sua carriera come giornalista; fu successivamente primo Lord del Mare e segretario di Stato per le colonie. Incontrò Adolf Hitler, ma non ne fu affatto impressionato, intuendo la sua natura luciferina. Oltretutto Amery aveva un segreto da proteggere, che non aveva mai rivelato a nessuno e che uscì solo dopo la sua morte: sua madre era ebrea. Non ne accennerà neppure nelle sue memorie, anche perché l’antisemitismo nella società britannica di quegli anni era fortissimo e gli avrebbe impedito di far carriera. Tutto sommato anche questo è un punto d’incontro con Churchill, che per parte di madre aveva un’antenata pellerossa ereditata dalla madre americana, alla quale accennavano furtivamente in famiglia, chiamandola ‘toro seduto’.
Forse per togliersi Samuel Amery dai piedi Churchill lo convinse a diventare segretario della corona per l’India, un Paese che doveva essere la chiave per la vittoria britannica nella seconda guerra mondiale. L’ingrato compito assegnato ad Amery era di tenerla sotto al tallone di ferro britannico, impedendo una sua rivolta a favore dell’Asse, che effettivamente Mussolini cercò di favorire in tutti i modi, aiutando il leader nazionalista indiano Subhas Chandra Bose.
Gli italiani diedero il proprio supporto logistico a Bose, per permettergli d’arrivare sano e salvo sino a Berlino usando falsi documenti che lo qualificavano come un nostro diplomatico. Ma con Hitler, che condivideva gli stessi pregiudizi razziali di Churchill sugli indiani, non cavò un ragno dal buco. Churchill temeva Bose al punto di aver autorizzato il SOE (Special Operations Executive) di assassinarlo, cosa che riuscirono a fare, mettendo una bomba sul suo aereo, che precipitò sopra a Taiwan.
continuazione e finale nella prossima edizione
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