Un collaboratore di Benito Mussolini. Il figlio del governatore britannico d’India

continuazione dalla settimana precedente.

L’altro compito di Amery era di spremere tutte le possibili risorse da quel povero Paese, sia minerarie che alimentari. 

Una cosa che, sia pur di malavoglia, egli fece, ma ben conoscendo le conseguenze in termini di perdite di vite umane e di odio che le sue azioni avrebbero generato.

Queste decisioni politiche provocarono la morte per fame di un numero di indiani che varia dai 3 ai 5 milioni. Un genocidio in stile Khmer Rouge, per il quale sia lui che Winston Churchill andrebbero postumamente processati, sia pure solo a livello storico.

I dettagli di questa vicenda li si possono leggere in un eccellente libro recentemente pubblicato negli Stati Uniti: Madhusree Mukerjee “Churchill’s secret war. The British Empire and the ravaging of India during world war II’ Basic Books, New York 2010. John Amery fin da bambino fu un grosso problema per i genitori. La sua balia si lamentò che già a due anni era intrattabile.

A cinque anni venne definito anormale dal suo insegnante. A dieci anni disegnava figure oscene sui muri di casa, per imbarazzare le domestiche.

Fu uno studente ribelle, psicotico e paranoico. Il suo insegnante lo definì un imbecille. Era cocciuto e chiuso in se stesso, si lavava poco, rubava ai compagni, usava costantemente un linguaggio osceno e accusò i propri insegnanti di averlo violentato, per poi buttarla sul ridere davanti ai giudici.

Portava al night club il suo orsetto e ordinava champagne anche per lui. Nel 1929 decise di tentare l’esame per l’ammissione a Oxford e, sorprendentemente, ottenne dei voti altissimi ma poi ci ripensò e non ci volle andare.

Attirava le donne con i suoi tratti da attore e i suoi soldi, ma queste poi fuggivano non appena si rendevano conto che non aveva scrupoli di alcun genere.

Apparentemente non aveva alcun codice morale e come disse un suo conoscente: “Non possiede neppure il senso morale di un gangster.” Cercò di far fortuna in campo cinematografico, ma rimediò un fallimento dopo l’altro. All’età di 21 anni, in Grecia, sposò una prostituta, Una Wing, dalla quale poi si separò per sposarne una seconda, che poi morì a Parigi, ubriaca e soffocata dal suo vomito e infine una terza, quella Michelle Thomas della quale accennavamo qui sopra e che sarà al suo fianco in Italia sino alla fine.

Era bisessuale e da ragazzo si prostituiva con degli uomini e poi fece di tutto per contrariare il suo celebre padre, basti dire che a vent’anni aveva già 73 denunce pendenti sul proprio capo.

Nel 1936 lasciò definitivamente la Gran Bretagna per sfuggire a un fallimento e si trasferì in Francia, dove divenne amico del leader fascista francese Jacques Doriot. Girarono insieme per la Germania e per l’Italia, che John aveva già visitato da ragazzo.

Allo scoppio della II guerra mondiale scrisse una lettera su un giornale francese per protestare contro i bombardamenti britannici e questa lettera fu notata dai nazisti, che sapevano bene chi fossero i suoi genitori. Lo accolsero in Germania nel 1942 e John suggerì di formare una brigata di combattenti britannici da inquadrare nelle SS e, allo stesso tempo, iniziò a far propaganda nazista a radio Berlino.

I suoi tentativi di arruolare i propri concittadini, detenuti nei campi di concentramento, non portarono a nulla, ma continuò con le sue trasmissioni radiofoniche.

Fu solo verso la fine del 1944 che decise di scendere in Italia, dove cominciò nuovamente a parlare alla radio e dove tenne dei discorsi ai fascisti italiani. I Nazisti avevano capito che costava loro casse di champagne e caviale e in termini pratici non era utilizzabile. Non destò molta impression neppure in Italia fra I fascisti, anche perché lo pensavano una spia nazista.

Dopo l’arresto in Italia fu riportato a Londra dal sergente Burt e il processo si svolse il 28 novembre 1945. Il giudice Humphreys, dopo aver letto i sei gravissimi capi di accusa, primo fra tutti quello di alto tradimento, gli chiese se si reputava colpevole o innocente. Fra la sorpresa generale Amery scelse il suicidio, dicendosi colpevole. Humphreys, volendo essere sicuro che aveva capito bene, gli chiese se si rendeva conto delle conseguenze della sua ammissione, che lo avrebbero portavano dritto all’impiccagione.

John Amery con grande freddezza rispose che lo sapeva. Il giudice si pose un fazzoletto nero sul capo e lo condannò a morte, concludendo con queste parole: “Ora sei qui di fronte a noi e ammetti d’essere un traditore del tuo re e della tua patria. Così facendo hai rinunziato al tuo diritto di vivere.”

Il processo durò otto minuti e per trovare un altro caso d’un cittadino britannico accusato di tradimento dal proprio governo e che ammette la propria colpevolezza, bisogna risalire al 1654, con un tale chiamato Somerset Fox.

I suoi genitori riuscirono a far uscire dalla prigione italiana anche la sua compagna e a farla arrivare in aereo nella capitale britannica, accogliendola come una figlia. Poi tutta la famiglia Amery incontrò John in carcere. Suo padre, che non lo vedeva da cinque anni, lo trovò completamente cambiato.

Non era più un play boy, ma un uomo maturato dalla sofferenza e dalla guerra. Restarono tutti impressionati dalla sua maturità, dal suo buon umore e dalla sua pacatezza tutta ‘british’. Suo padre tornò poi a trovarlo varie volte e i due si riconciliarono. Parlarono di Chandra Bose e di Mussolini e John gli passò un messaggio che gli aveva affidato il Duce. Mussolini gli aveva detto che se Samuel Amery fosse stato ministro degli esteri forse si sarebbe trovata la via per una pace negoziata.

Nel dire addio al figlio, abbracciandolo, Samuel Amery gli disse che ammirava il coraggio che stava dimostrando nell’andare incontro alla morte. Lui risposta che John gli diede lo scosse profondamente, gli disse semplicemente: “Ma papà, io sono tuo figlio!”

Jan Smuts, primo ministro del Sud Africa, inviò un messaggio al primo ministro britannico Clement Attlee il 14 dicembre 1945, chiedendo clemenza e scrivendo: “Abbiamo avuto casi simili in Sud Africa, nei quali non è mai stata inflitta la pena capitale, dato che tali azioni sono più di carattere ideologico che criminale. Sono commosso, stimo Leo Amery e sua moglie. Entrambi meritano il rispetto della Nazione.” Alte parole che non sortirono l’effetto sperato. Fu impiccato la mattina del 19 dicembre 1945 nella prigione di Wandsworth dal boia Albert Pierrepoint.

Suo fratello Julian, in alta uniforme e con le decorazioni appuntate sul petto, attese fuori dal carcere. I suoi genitori, a casa, leggevano la Bibbia. Quando John Amery vide entrare il boia, gli disse con humour tipicamente anglosassone: “Ah, signor Pierrepoint, ho sempre desiderato conoscerla, ma certamente non in tali circostanze!”

Si strinsero la mano e Pierrepoint poi dichiarò che John Amery era stato: “L’uomo più coraggioso che mi sia mai capitato d’impiccare. Ci siamo parlati a lungo ed ebbi la sensazione che ci conoscessimo da una vita.”

Questo racconto, che il boia fece a un giornalista, fu colpito da censura e il governo britannico ne proibì la pubblicazione.

Si dice che la madre di John non riuscì più a sorridere da quel giorno e che le fu proibito di portare fiori sulla sua tomba, posta dentro al carcere.

Il vecchio Samuel Amery compose un commovente epitaffio per suo figlio. Eccolo:

At end of wayward days 

he found a cause

“T’was not his Country’s” 

Only time can tell

If the defiance

of our ancient laws

Was treason o foreknowledge. 

He sleeps well.

Al termine di giorni tortuosi 

trovò una causa.

“Non era quella la sua Patria” 

Solo il tempo potrà dire,

se il disprezzo

delle nostre leggi antiche, fu 

tradimento o chiaroveggenza. 

Dorme bene.

Solo nel 1966 permisero a suo fratello di riavere le sue spoglie mortali dal cimitero del carcere e poi di cremarle. Le ceneri di John Amery, seguendo la sua volontà, furono sparse in Francia.

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