I foglioni di nonna Ermelinda

Chiuso nella casalinga prigione, causa Coronavirus e affini, ho trovato un vecchio articoletto in cui parlo di nonna Ermelinda e del suo rubinetto gocciolante. Il racconto ha varie sfaccettature… l’arguzia della nonna, la percezione sbagliata del nipote… e il dubbio se si trattasse di furbizia o imbroglio… 

Nonna Ermelinda, rimasta vedova a causa della prima guerra mondiale, come migliaia di altre giovani donne, abitava in un appartamentino del centro, al primo piano. L’abitazione consisteva di un’unica stanza: aprivi la porta e ti trovavi in camera da letto e nella parete opposta c’erano il cucinino e l’armadio. Il gabinetto era sul pianerottolo e non ho mai capito dove fosse il bagno… 

Nonna Ermelinda aveva anche delle piante di foglioni che teneva in grandi vasi, un po’ sulle scale, un po’ sulla terrazza. Credo che le piante avessero un nome, ma nonna le chiamava semplicemente foglioni, per via delle grandi e abbondanti foglie. Una pianta sempreverde e non troppo rara nelle case della Romagna. 

Poteva stare dentro o fuori, nessun problema, ma aveva sempre sete. Per non pagare l’acqua per annaffiare i suoi foglioni nonna Ermelinda aveva escogitato un sistema che apparentemente funzionava: apriva il rubinetto dell’acqua in modo da farlo gocciolare lentamente. Poi controllava il contatore: se girava, lo chiudeva ancora un pochino, fino a quando la lancetta si fermava. 

Raggiunta la “velocità” giusta, metteva un grande secchio sotto il rubinetto e, alla mattina successiva, il secchio era pieno e il contatore non aveva segnato nessun consumo d’acqua. Durante una mia visita, quasi sempre per chiedere un aiutino finanziario, considerato che la paga alla tipografia arrivava al massimo il giorno 20 del mese, notai il rubinetto gocciolante e, credendo che fosse stata una disattenzione di nonna, mi premurai di stringerlo forte in maniera da farlo smettere di gocciolare. 

– Fermo! Che fai? – strillò nonna Ermelinda. – Chiudo il rubinetto, gocciola e non voglio farti pagare la bolletta per l’acqua che non consumi… – Ma io non la pago quell’acqua – rispose candidamente la nonna. – Non dirmi che ti sei allacciata al contatore del vicino? – Niente affatto – rispose con un sorriso nonna – il mio rubinetto è sempre attaccato al mio contatore, ma se gocciola, “non segna” e se non segna, non pago. 

Lì per lì mi sembrò che la spiegazione non facesse una grinza, ma poi mi venne il dubbio se, usando acqua del Comune senza pagare fosse legale oppure no. – Allora – chiese nonna leggendo sul mio viso una certa incredulità – di quanto hai bisogno? Oltre che risparmiare sul costo dell’acqua, nonna Ermelinda aveva anche la dote di leggere il pensiero… non che ci volesse molto, anche perché ogni volta che l’andavo a trovare la storia era sempre la stessa: bussavo a denari! E nonna apriva il borsellino, pieno di foglietti, note della spesa e immaginette religiose; estraeva mille lire e un’effige della Madonna del Piratello. 

– Tieni e ricordati una cosa – diceva baciando l’immagine, forse non conta a niente, ma male non ti fa. Potevo io rifiutare tale generosa offerta? E poi, senza le mille lire non avrei avuto nemmeno i soldi per mettere la miscela nel motorino e, senza l’immaginetta, non avrei nemmeno avuto le mille lire. E il rubinetto gocciolante? Nonna tornava ad aprire il rubinetto dell’acqua… piano piano, in modo da farlo gocciolare lentamente. 

Un’occhiata al contatore e la solita frase: – Se li annaffio direttamente dal rubinetto i “me fujò i patesh” i miei foglioni patiscono… E chi ero io per far patite dei foglioni innocenti? Essi davano tanta gioia al vicinato e abbellivano la scalinata che portava al primo piano. – E il Comune – aggiungeva nonna – ruba tanti di quei soldi… che vuoi che sia un po’ d’acqua che il Signore ci manda gratuitamente da sempre? Morale della storia: i foglioni di nonna Ermelinda erano i più belli che io abbia mai visto ed ella non ha mai speso una lira per annaffiarli.

L‘aspidistra possiede foglie verdi, lanceolate e coriacee, che possono toccare anche i 70 cm. Se ben curata, arriva a produrre anche 5 foglie nuove ogni anno. Venne introdotta in Europa solo verso la fine del Settecento, grazie al botanico inglese John Bellenden Ker che l’aveva conosciuta in un suo lungo viaggio tra Giappone, Cina e Himalaya. Si tratta di una specie che riesce a tollerare anche il freddo, anche se per periodi limitati.

Al contrario potrebbe risentire di temperature troppo alte. Questo potrebbe quindi diventare un problema se viene coltivata in casa. Per questo, sarebbe opportuno scegliere ambienti protetti ma freschi, come un sottoscala, un androne o una veranda.

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