Sono un orologio da tavolo portatile e il mio nome è Hausmann.
La prima fabbrica nacque nel lontano 1794 a Roma, nella vecchia casa dell’orologeria Ricci, ma nel 1839 Joseph Anton Koch creò la famiglia Hausmann, nuova casa e fabbrica di orologi con sede, sempre a Roma, in Via del Corso ed è li dove ho avuto i miei natali.
Un bel giorno un distinto signore, non tanto alto, con rigorosi baffetti arrotolati alla punta, entra e chiede di vedere degli orologi utili da tavolo ma anche comodi per i viaggi.
Era il 1891, questo signore che si chiamava Ottavio De… (non compresi bene il cognome) con quel nome era sicuramente l’ottavo figlio di una grossa famiglia, dato che all’epoca i genitori non avevano molta fantasia per i nomi, li numeravano e via.
Ottavio mi acquistò e mi portò con lui nella mia nuova casa, che sembrava più un albergo e ristorante che una normale casa. Li tutti parlavano di menù, di pasti, di clienti, di camere da letto, di camerieri e via discorrendo.
Da quel giorno tanta acqua è passata sotto i ponti, ma io sono sempre li e da padre in figlio sono rimasto sempre con loro.
Ora dopo tanti anni non sento più parlare di pasti, clienti, camerieri e non vivo più a Roma. La lingua è cambiata, ma per me fa lo stesso, è sempre lui che mi carica, naturalmente non si chiama più Ottavio ma Giuseppe, ma ha molta cura di me, dice a tutti che vengo da molto lontano nel tempo e che per lui sono una fonte di ricordi.
Mi vuole così bene che prima di lasciare Roma mi riportò nella mia vecchia fabbrica per farmi fare un controllo delle rotelle ed un in ingrassaggio con particolari oli adatti solo a noi orologi.
Cosa posso volere di più dalla vita, sono li felice e contento sempre circondato da simpatiche persone che vengono a trovare il mio padrone, dalle nipotine di costui che vorrebbero giocare con me, ma si guardano bene dal farlo per non essere redarguite, lui gli dice sempre, guardare e non toccare perché quello è un caro ricordo di un suo nonno.
A volte, quando mi termina la carica, guardo indietro nel tempo e ricordo, e ricordo, non mi rimane che ricordare in attesa che anche lui si ricordi di ricaricarmi, perché quello è il mio lavoro… contare il tempo che passa.
Arrivederci alla prossima ricarica.
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