Ascoltando le notizie da Gaza il mio pensiero va anche al 5 febbraio 1994 quando in un attacco al mercato di Markale, a Sarajevo, rimasero uccise 68 persone e 142 rimasero ferite. Ma quell’eccidio di febbraio svegliò il mondo e cominciarono serie trattative di pace, invece i quotidiani massacri di Gaza sembrano scivolare via nella sostanziale indifferenza. Qualcuno ricorda ancora la guerra balcanica? Sarajevo fu assediata dal 1992 al 1996 per 1.435 giorni con 11.541 morti e 61.136 feriti di cui oltre 16.000 bambini morti o feriti.
Numeri atroci, eppure ben inferiori a quelli di Gaza dove i morti superano i 50.000 ed i feriti sono un numero incalcolabile. Assedio giustificato da Israele dopo l’eccidio di Hamas con circa 1300 morti israeliani, centinaia di rapiti di cui forse una cinquantina ancora superstiti, ma non sono solo i numeri che fanno orrore quanto la consapevolezza di come la situazione appaia senza uscita.
Si parla di invasione armata di Gaza e in mezzo ci sono centinaia di migliaia di persone sicuramente innocenti, così come quelle che cercavano qualcosa da mangiare al mercato di Sarajevo. Adesso però il mondo non può più limitarsi alla conta dei morti, ma deve reagire facendo capire a Israele che questa politica non paga, non risolve il problema, non fa rilasciare gli ostaggi, genera solo odio e violenza per anni e per generazioni.
Questo è il punto che molti israeliani cominciano a capire: uno stato di guerra continua non regge, non può proseguire in questi termini.
Servono però decisioni concrete dei governi occidentali, in primis gli USA, senza l’aiuto dei quali Israele non potrebbe continuare a lungo la guerra. Non c’entra nulla l’antisemitismo, le leggi di guerra, il diritto di rappresaglia: qui è in gioco l’essenza della vita umana che nessuno può avere il diritto di calpestare qualsiasi siano le motivazioni.
Se i tedeschi erano criminali perché in guerra per rappresaglia massacravano 10 a uno non può sfuggire che il rapporto a Gaza è ora di 30, 40 a uno per ogni caduto israeliano del 7 ottobre, ma non è appunto solo una questione di numeri, ma perché Israele non può pensare di poter difendere la propria sicurezza in futuro solo con questi metodi quando ha intorno decine di milioni di arabi e musulmani che la vogliono distruggere e che crescono ogni giorno il proprio odio verso lo stato ebraico proprio per l’atrocità di queste rappresaglie.
Anche gli amici di Israele – come me – sono nella totale difficoltà a difendere il punto di vista di Gerusalemme, così come lo sono ormai forse la maggioranza degli stessi israeliani che si sentono stretti in una spirale di violenza assurda e che potrebbe portare verso l’annientamento dello stato ebraico.
Gli USA e l’Europa devono insomma avere il coraggio di prendere decisioni univoche e chiare, fermando le forniture di armi o almeno minacciando di farlo, altrimenti la situazione continuerà a peggiorare e – oltre ai palestinesi – i primi a soffrirne saranno proprio gli israeliani.
