di Anna de Peron
Ecco la Scozia. Alte montagne brulle, profonde insenature di mare blu cristallino, misteriosi castelli velati dalla foschia, aspre scogliere che si tuffano nelle onde e il lamento cadenzato delle cornamuse. Non dimentichiamo gli uomini in gonnelle di tartan e il buon whisky di malto che riscalda lo spirito nelle fredde giornate piovose.
In questo paesaggio grigio e imponente, spicca un edificio abastanza particolare. Proprio nelle sperdute isole Orkney al nord della Scozia, vicino ad Aberdeen, ci si trova davanti una chiesetta tutta intonacata di bianco con i cornicioni rosa cupo – sembra una cassata siciliana, un tocco solare che si addice piu’ al mediterraneo che alla bruma scozzese. Ci avviciniamo alla chiesetta e vediamo che dietro la facciata di cemento ci sono due baracche Nissen congiunte. Entriamo e vediamo che l’ interno di ferro corrugato e’rivestito di calce con molti begli affreschi di ispirazione rinascimentale italiana.
I candelabri dell’ altare sono stati fatti con le lamiere dalle scatolette di corned beef, e la fonte battesimale e’ stata fatta con l’ interno del tubo di scappamento di una macchina, ricoperto di cemento.
Ma da chi e’ stata costruita questa chiesetta? E come mai proprio qui nelle lontane Orney?
La risposta sta nella storia.
Nel 1942, 550 soldati italiani sono stati catturati in Nord Africa e portati alle isole Orkney come prigionieri di guerra. Furono portati li per lavorare sulla costruzione delle barriere di Churchill, create dal ministero di guerra per bloccare il passaggio delle navi nemiche a Scapa Flow, la base navale chiave della Gran Bretagna.
Li, nelle sperdute isole scozzesi nascondeva in segreto la sua flotta durante la prima e la seconda guerra mondiale. I prigionieri italiani erano la soluzione ideale per colmare la mancanza critica di manodopera durante la guerra.
Trasportati ai campi di Lamb Holm e Burray questi uomini facevano il lavoro forzato in un paesaggio ostile e difficile, lontano dalla loro patria.
Nel 1943, dopo un anno di internamento, il comandante Buckland e padre Gioacchino Giacobezzi erano d’ accordo che c’era bisogno di un luogo di preghiera, raccoglimento e di conforto spirituale e morale per i prigionieri. Ottenerono il permesso di costruire una cappella, ma solo con quello che potevano trovare sull’ isola.
Con l’ estro e l’ ingenuita’ i nostri italiani si misero all’opera e costruirono la loro chiesetta – appunto con il materiale che potevano trovare sull’ isola- gli scarti della costruzione delle barriere e altro materiale reciclato.
La decorazione interna e’ stata completata da Domenico Chiocchetti dopo la fine della guerra. E tra le nebbie scozzesi questa cappella rimane come testimone alla resilienza e alla creativita’ dello spirito umano nei periodi difficili e tristi.
La cappella e’ stata restaurata negli anni 60 e 90. Oggi la cappella e’ ancora consacrata. Attualmente fa parte della parrocchia di Our Lady and Saint Joseph delle isole Orkney ed e’ amministrata dalla diocesi di Aberdeen.
Si celebra la Messa ogni prima domenica del mese tra aprile e settembre. E’ diventata una popolare attrazione turística ricevendo circa 100,000 visitatori ogni anno .E’ riconosciuta come uno dei simboli piu’ famosi e importante della riconciliazione e della pace internazionale nella Gran Bretagna.
